M O N F E R R A T O A R T E

ASSOCIAZIONE CASALESE ARTE E STORIA PARCO NATURALE E AREA ATTREZZATA
DEL SACRO MONTE DI CREA
MUSEO CIVICO DI CASALE MONFERRATO
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CAMAGNA MONFERRATO

CAMAGNA MONFERRATO

 

Dial. Camàgna. Camagna, 1164 [MGH DD X/2, n. 467, p. 378]. Il determinante Monferrato fu aggiunto nel 1924 [Luparia 2006, p. 11].

Abitanti: 534. Distanza da Casale Km 15 ‑ Altezza: m 261 s. m. Provincia di Alessandria.

Parrocchia di S. Eusebio. Già nella diocesi di Vercelli, entrò nella nuova diocesi di Casale fin dal 1474 [De Bono 1986, p. 34].

Chiesa parrocchiale, S. Eusebio: nella parte alta del paese. Elencata nella pieve di Mediliano senza titolo nel 1299, col titolo nel 1348 [ARMO, pp. 36, 109]. Dopo il 1474 passò sotto la giurisdizione dei canonici di S. Evasio. Il 14/4/1581 si iniziò l’abbattimento della chiesa vecchia [AD 1991, p. 101]; la ricostruzione iniziò senza un progetto, utilizzando anche materiali di ricupero della demolita chiesa di S. Andrea; ne fu incaricato nel 1580 il mastro da muro Stefano Pelato, che però nel 1582 si dimise; un nuovo contratto fu stipulato in quell'anno col capomastro Andrea della Giovana [Luparia 2006, pp. 306-11]. Per svariate difficoltà i lavori durarono ben 40 anni. Il 17/4/1621 il vescovo Pascale consacrò la chiesa [AD 1991, p. 101]. Nel 1627 fu costruita la sacrestia vecchia alla sinistra del coro (mastro Giovanni Tua); al 1712 risale la sacrestia nuova, alla destra del coro [Luparia 1982, pp. 123-31]. Nel 1696 fu rifusa la campana maggiore (Michele Degiorgi); altra fusione nel 1761 (fratelli Ranieri). Del 1762 è un progetto non concretizzato di Ignazio Gandolfo per l’orologio, che venne invece costruito da Tommaso Scovero nel 1764 e restò in funzione per quasi due secoli [Luparia 1982, pp. 216-25]. Nel 1774 fu realizzato il nuovo organo da Ragozzi, cassa lignea e orchestra del falegname Bogino (Giuseppe Boggino) [Strambio 1891, pp. 47-48; Luparia 1982, p. 215]. Nel 1781 venne rifuso l’intero concerto di campane; l’anno seguente fu sopraelevata la cella campanaria (mastro Carlo Antonio Demarchi). Nel 1791 crollò il tetto [Luparia 1982, pp. 133, 217-18]. Nel 1794 si deliberò il prolungamento della chiesa di m 4.37 mediante l’abbattimento della facciata (arch. Giovanni Antonio Vigna) [AD 1991, p. 101]; nel sotterraneo della nuova porzione dell’edificio si ricavarono locali su quattro piani utilizzati fino al 1836 come cimitero (scurolo) [Camagna 2003, 2.4]. Nello stesso 1794 furono ricostruiti gli altari e venne requisita una campana dal governo [Luparia 1982, p. 219]. Nel 1819 l’arch. Giovanni Battista Formiglia progettò ampliamenti di presbiterio, coro e sacrestia; l’ampliamento fu però realizzato solo nel 1885-90, su progetto dell’ing. Crescentino Caselli: la lunghezza della chiesa venne raddoppiata a m 42, la superficie passò da 300 a 650 m² anche per l’aggiunta di un transetto, sulla cui crociera nella primavera del 1889 fu innalzata una cupola di m 10 di diametro, alta m 32 dal pavimento [AD 1991, p. 102; Del Carretto 1993, p. 72]; esecuzione materiale del capomastro Luigi Bossignone col figlio Carlino. Si utilizzarono poco meno di 800.000 mattoni della fornace Negri di Vallegrana di Lu e conci di arenaria delle cave di Ottiglio; colonne di granito bianco di Carrara e materiali lapidei di Francesco Realini; i capitelli superiori e la piramide della cuspide vennero ornati con ceramiche della ditta Buscaglione di Castellamonte; stucchi di Luigi Loro. La scelta di capitelli ornati con foglie e fiori di ceramica è tipica del Caselli. Sul culmine della cupola venne posta una statua della Madonna in lamina di rame dorato, alta oltre m 3, opera della ditta Fumagalli (1890), verniciata con smalto bianco nel 1949 [Luparia 1982, pp. 185-88] e nel 2000 nuovamente dorata. Lo stesso progettista Crescentino Caselli incaricò Paolo Gaidano per l'esecuzione dei dipinti murali (1887) [Casassa 1998, p. 301]. La consacrazione fu effettuata il 12/7/1890 da mons. Pulciano, vescovo di Casale. Nel 1958 venne consolidato il campanile (impresa Scagliotti). Tre nuove campane furono consacrate nel 1956; altre due nel 1968 (ditta Filippi); l’anno precedente era stato elettrificato il movimento [Luparia 1982, p. 220]. Il 26/4/1974 crollò la parte terminale del soffitto della chiesa antica; sotto le macerie morì il prevosto don Giovanni Gasparolo. In data 1/8/1979 mons. Cavalla, vescovo di Casale, celebrò i restauri e la ristrutturazione della chiesa (ingegneri Mario Ricono e Umberto Coppo). Il restauro dei dipinti fu affidato a Pietro Vignoli. In seguito ai danni provocati dal terremoto dell’agosto 2000 si resero necessari lavori di consolidamento del tiburio e della cupola (studio Petitti); la chiesa fu riaperta nel novembre dell'anno successivo [AD 1991, p. 102; AD 2002, p. 321]. Nel corso dei lavori venne inoltre resa agibile come chiesa la cappella funeraria dello scurolo, nella porzione sotterranea anteriore della chiesa, divenuta Cappella della Cripta, consacrata il 31/8/2003 e intitolata alla memoria di don Dino Rota [Camagna 2003, 2.4]. L'arredo liturgico della cripta (altare, leggio, croce, Madonna, tabernacolo, acquasantiera, vetrata, ecc.) è stato progettato e realizzato da Giovanni Bonardi (2003) [Bonardi 2009]. Nel 2008 una tromba d'aria fece cadere dalla cupola la statua della Madonna, che venne riposizionata sulla sommità nel 2011.

Muratura in mattoni e pietra da cantoni. Dell’edificio medievale resta la parte inferiore del campanile. Impianto a croce latina con abside semicircolare; la parte settecentesca della chiesa corrisponde alla navata. Sulla crociera si eleva la grandiosa cupola a doppio involucro, originata in pianta da un cerchio inscritto in un quadrato, poggiata su un tamburo di 16 colonne libere in laterizio, e inscritta in un tiburio circolare con 16 grandi vetrate; dal vertice della volta si sviluppa una lanterna costituita da un chiosco a colonne libere, terminante con una cuspide piramidale che porta sulla sommità la statua dell’Assunta [Del Carretto 1993, pp. 78-79]. Coronano la cupola 16 statue con anima in laterizio rivestita con malta di sabbia e cemento, modellate sul posto nel 1889 da Giulio Milanoli, cui si devono anche le statue poste all’interno nelle nicchie del transetto (S. Anna, S. Gioacchino, S. Pietro e S. Paolo). [Strambio 1891, pp. 50-51; Luparia 1982, p. 182]. La sobria facciata, rivolta a sud, risale al rifacimento del 1794. Il portone d’ingresso principale in noce con fregi metallici è databile all’ultimo quarto del sec. XVIII; è stato restaurato nel 1991 da Giuseppe Scagliotti. Il pavimento è stato rifatto nel 2001 in mattonelle di cotto preparate all’antica (ditta Mascarino di Asti) [Camagna 2003, 2.6, 2.7]. Affreschi e dipinti a tempera di Paolo Gaidano (1887: nelle volte della cupola e dell’abside la Gloria di S. Cecilia e il Ritorno della Sacra Famiglia dall'Egitto, nei pennacchi della cupola gli Evangelisti), aiutato per le decorazioni da Francesco Daneo. I dipinti delle vetrate del tamburo della cupola erano di Costantino Sereno (bozzetti dell’autunno 1888, realizzazione 1888-89); le vetrate sono state in parte sostituite dopo il crollo del 1974. L’altar maggiore del SS. Sacramento in marmi policromi fu costruito nel 1764-66 da Carlo Antonio Pellagatta (che fu preferito a Bottinelli), su disegno modificato dall'ing. Giovanni Baretti [Strambio 1891, p. 47; Luparia 1982, pp. 183, 200; Di Majo 2010, pp. 299-300]. Lo sportello del tabernacolo (Milanoli, 1890) aveva un rilievo con Cristo risorto su campo dorato; in seguito al furto dell'ostensorio e di due pissidi d’argento (18/5/1944), il tabernacolo fu sostituito con uno più grande, rinforzato, con porticina ricoperta in lamina d’argento zigrinato, tempestato di pietre dure policrome, un diamante e un topazio. A ridosso della tribuna absidale è collocato scenograficamente un organo moderno (1950) della ditta Krengli. La balaustrata marmorea fu realizzata nel 1775-76 da Francesco Bottinelli e prolungata nel corso degli ampliamenti ottocenteschi da Luigi Bossignone con materiale povero (cemento e laterizio) [Luparia 1982, pp. 201, 211, 215].

Sulla parete di controfacciata sono poste due tele di Orsola Caccia: la SS. Trinità con la Vergine, S. Giuseppe e angeli, una delle opere migliori di Orsola (metà 4° decennio del sec. XVII) [Chiodo 2003, pp. 96-97], di proprietà del comune, proveniente dalla chiesa della SS. Trinità [Niccolini 1877, p. 139], e la Madonna del Rosario [Natale 1985, p. 441] (≥1656), già all’altare di Maria Vergine, realizzata in seguito ad un lascito testamentario del 10/7/1656 di Antonia de Avite [Luparia 1982, p. 203]. All’ingresso della chiesa sul lato destro si apre la cappella di S. Giuseppe, decorata da Luigi Romanello (1929) [Luparia 1982, p. 209], con una tela ad olio di Giovanni Bonardi (1992). Accanto alla cappella è posto un confessionale in noce del 1823 (S. Grosso) [Camagna 2003, 2.8]. Sul lato opposto si apre la cappella della Madonna di Lourdes, realizzata da Luigi Romanello dopo la donazione della statua della Madonna (1928); attualmente vi sono un polittico e una statua in terracotta della Madonna di Giovanni Bonardi (1987) [AD 1991, p. 102]. Alle pareti laterali della navata centrale sono posti quadri raffiguranti l’Assunta (firmato «C. Grossi nativo di Camagna», 1842) e S. Bovo (sec. XVIII) e, entro nicchie, le statue lignee della Madonna del Rosario, di scultore piemontese, databile alla metà del sec. XVIII (analogie con l'Assunta del Museo San Giacomo di Lu e della parrocchiale di Robella) [Palmieri 2011, p. 65] e dell’Addolorata (sec. XVIII). Il pulpito in noce fu realizzato nel 1779 da Giovanni Andrea Allemano [Luparia 1982, p. 213]. Di Leonello Scagliotti è un Crocifisso eretto sul mondo realizzato coi chiodi ricuperati dalle travi crollate nel 1974 [Raiteri 2001].

Nel transetto orientale si trova l’altare di Maria Vergine; le parti marmoree sono di Francesco Realini (1889), la pala ad olio raffigurante l’Ausiliatrice di Paolo Gaidano (1892), un busto in legno di S. Eusebio è opera di Giuseppe Scagliotti; la vetrata sovrastante raffigura la Vergine nella gloria del cielo (Costantino Sereno, 1889). Nel transetto occidentale è collocato l’altare del Sacro Cuore (già di S. Sebastiano); parti marmoree di Francesco Realini (1889), pala ad olio di Paolo Gaidano; vetrata recente raffigurante la Divina Misericordia (Trento Longaretti). Alla parete destra del transetto è posta una tela di Radu Dragomirescu intitolata La Redenzione (1986); accanto c’è la Pietà contadina, olio su juta di Walter Grassi (1984-85), in memoria dell’eccidio della banda Lenti. Presso il transetto si aprono due brevi navate laterali; a sinistra c’è l’altare marmoreo di S. Antonio, ex voto per i reduci della prima guerra mondiale voluto dalle famiglie della frazione Bonina, realizzato nel 1921 da Realini; decorazione soprastante di Luigi Romanello (1929); la statua del santo, donata nel 1920, fu distrutta nel crollo del 1974 e sostituita con una nuova nel 1980 [Luparia 1982, pp. 202-08; Camagna 2003, 2.8].

È andata persa una pala di Balzarino Volpi (≤1506), di soggetto ignoto, commessa da Andrea de Basso di Camagna, verosimilmente per la parrocchiale [Vesme, IV, p. 1633]. Scomparsa anche la tela segnalata da Niccolini raffigurante il Martirio di S. Eusebio (del Moncalvo o di bottega) [Niccolini 1877, p. 139], di cui esiste un bozzetto custodito da un erede degli Strambio (ad Ameno, lago d’Orta), eseguito in conformità dell’originale dal pittore Antonio Maria Torricelli (30/5/1778) [Roggero 2001].

Madonna Assunta: cappella campestre all’incrocio Camagna-Conzano-Bonina-Stramba, detta anticamente Madonna della Crosetta per la sua posizione, o Madonna della Noce; di proprietà del comune. Mancano notizie sull’epoca di costruzione, che dovrebbe essere piuttosto antica [Strambio 1891, p. 54]. Prime attestazioni nella seconda metà del sec. XVI, quando era oratorio della compagnia di S. Maria, ben presto estinta. Ci sono notizie, dal XVI al XVIII secolo, dell’esposizione sull’altare di neonati abbandonati. Durante la costruzione della parrocchiale, con la chiesa della Trinità divenne chiesa succursale. Completa ricostruzione nel 1771-72. Nel sec. XVIII era custodita da un eremita, che osservava la regola dei Minori francescani. Nel 1835, durante l’epidemia colerica, divenne lazzaretto. Riparazioni nella seconda metà del sec. XIX e, più radicali, nel 1936 (due epigrafi ricordano i coniugi donatori Giosafatte Istria e Benedetta Beccaria). Altare rivolto verso i fedeli (1975), con basamento in pietrame e soprastante mensa granitica [Luparia 1982, pp. 261-63]. Sul fondo in una nicchia è sistemata una statua della Madonna.

Chiesa della SS. Trinità: in via Matteotti, non lontano dal palazzo del Municipio. Dal 1973 è ridotta a magazzino-rimessa. Il titolo originale era Spirito Santo come l’omonima confraternita; all’estinzione della confraternita nel 1973 l’oratorio fu alienato. Citata in pochi documenti anteriori al sec. XVI; nell’ultimo quarto del sec. XVI, con la chiesa campestre della Madonna, funse per qualche tempo da chiesa sussidiaria della parrocchiale [Luparia 1982, pp. 258-60]. Aveva un portico antistante, abbattuto nel 1751 perché in rovina.

Elegante facciata restaurata nel 1763 e nel 1874, quando fu rifatto anche il pavimento; intonaco in parte scrostato, muro in mattoni e arenaria. Bel campanile in mattoni ricostruito nel 1731, dotato nel 1781 di una nuova campana, rifusa nel 1861 per formare un concerto con altre due nuove. L’interno fu completato nel 1783 con l'altare marmoreo [Luparia 1982, pp. 258-59], cui nel 1846 fu sovrapposto un trono pure di marmo, opera del marmorista Stefano Somaini (nel 1973, dopo la sconsacrazione della chiesa, l’altare fu trasferito nella cappella della Madonna di Fatima del Duomo di Casale). Elegante balaustrata. Pitture evocanti episodi biblici di Francesco Grosso (sec. XIX), ultimate dopo la sua prematura morte dai fratelli Ivaldi [Strambio 1891, p. 53; Roggero 2007, p. 80].

Vi era la tela della SS. Trinità [Niccolini 1877, p. 139] di Orsola Caccia, già portata nella sala Consigliare dell’Amministrazione Provinciale di Alessandria [Luparia 1982, p. 258], e dagli anni ’90 del Novecento nella parrocchiale [AD 1991, p. 102].

Cappella del Suffragio: nel cimitero. Costruita dopo il 1856, benedetta nel 1867. Un’epigrafe sopra l’ingresso ricorda il donatore don Evasio Cantatore.

S. Rocco: si trovava sul più alto colle del territorio, accanto alla strada per la Bonina. Origine non nota; nel sec. XVI era cadente, tanto che nel 1584 il vescovo Montiglio ne ordinò il restauro o l’abbattimento. Nel 1771 venne rifatto l’altare [Luparia 1982, pp. 255-56]. Fu ricostruita su disegno dell’ing. Caselli (1887) [Strambio 1891, p. 12; Rollino 1985, vol. 2°, p. 7], lavori terminati nei primi anni del sec. XX. Era un bell’edificio a croce greca, in laterizio a vista; anteriormente alla facciata rivolta a est aveva un pronao con quattro colonne doriche sormontate da un timpano. Lavori di manutenzione nel 1917 e 1927; crollo definitivo nell’ottobre 1980 [Luparia 1982, pp. 256-57].

Priorato e chiesa di S. Benedetto: sorgeva su una collinetta a nord-est di Lignano, presso la confluenza del rio Ponara col Rotaldo, dove si trova la cascina San Benedetto; all’interno della casa colonica vi è tuttora una cappella dedicata a S. Benedetto [Luparia 1982, p. 298]. Il territorio apparteneva in passato a Conzano, e fino al sec. XV il priorato fu definito «de Conzano».

Una cappella di S. Benedetto venne donata nel 1028 dagli aleramici Otha e Guido e confermata nel 1055 ai monaci di Savigliano, ai quali però già non apparteneva più nel 1126 [Moriondo 1790, doc. 1, col. 517; Banfo 1995, p. 427]; secondo una recente interpretazione la cappella di S. Benedetto donata nel 1028 dovrebbe corrispondere a una chiesa presente in passato nel territorio di Lu e non al S. Benedetto «de Conzano» [Ferrero 2020, 3.3]. Quest'ultima divenne cappella di un priorato cluniacense (fondato forse in seguito alla donazione del 1127 del marchese Oberto e dei suoi parenti al priore di Castelletto Monastero [Bruel 1894, doc. 3996, pp. 348-51; Cattana 1979, p. 95]), e come tale citata per la prima volta nel 1275 [BSSS 41, doc. 330, p. 134; Cattana 1969, pp. 131-35]. È censita nella pieve di Rosignano nel 1299; tra i priorati nel 1348 e nel 1359; ancora nella pieve di Rosignano nel 1440 [ARMO, p. 36, 117, 235; Cognasso 1929, p. 234]. Non fu mai abbazia, ma solo comunità molto povera di pochissimi membri; vi risiedeva il priore con uno o due monaci. Tra la seconda metà del sec. XIV e la prima metà del XV i monaci abbandonarono S. Benedetto. Nel 1445 una bolla di Nicolò V annetteva la chiesa alla Collegiata di S. Maria di Lu, che però non riuscì mai a venirne effettivamente in possesso. Nel 1480 il marchese cedeva un consistente patrimonio fondiario alla chiesa, ormai amministrata da un ecclesiastico secolare. Nel 1709 la piccola chiesa conservava due quadri: la Madonna col Bambino e S. Benedetto, e la Madonna col Bambino e i Ss. Stefano, Lorenzo, Francesco e Benedetto. Il beneficio veniva dato in commenda, fino al 1791, quando a conclusione di una disputa tra i canonici di Lu ed il Seminario di Casale, la chiesa col beneficio vennero ceduti al Seminario [Luparia 1982, pp. 274-90]. Con legge del 1866 il podere di S. Benedetto passò al demanio dello Stato, che lo cedette a privati [Strambio 1891, p. 56]. Durante opere di restauro nella cascina S. Benedetto attorno al 1970 vennero alla luce i resti della cappella e numerose inumazioni [Bo 1980, p. 108]. Nel sec. XVII Fulgenzio Alghisi segnalava l’epigrafe di epoca romana di Statilia Tigridis, posta «sopra l’altare della chiesa campestre di S. Benedetto» di Camagna; la lastra nel 1809 era nel Seminario di Casale, mentre nel 1871 era scomparsa [Alghisi, parte I, libro I, n. 70; Rivetta 1809, p. 33; Mommsen 1877, n. 7453]. Nel 1809 Giuseppe De Conti definì il priorato «S. Benedetto de Lauro di Camagna» (confondendo forse con la chiesa di S. Pietro de Lauro, insediamento scomparso dislocato tra Camagna e Vignale, il cui beneficio venne assegnato al Seminario di Casale nel 1569 [Luparia 1987, p. 10]); la chiesa di S. Benedetto era allora «una picciola cappella … di struttura gotica nell’esterno», nella quale l’unica cosa rimarchevole era la mensa d’altare costituita dall’epigrafe romana rovesciata, all’epoca già da qualche tempo custodita nella biblioteca del Seminario [De Conti 1809].

S. Andrea di Godio (dial. Gu. Codium, 1299 [ARMO, p. 36]); chiesa elencata negli estimi vercellesi, pieve di Mediliano, nel 1299 come Ecclesia sancti Andre de codio, con una stima superiore alla chiesa di Camagna [ARMO, p. 36]. Nel 1584 era in cattivo stato e ne fu richiesto il restauro o l’abbattimento; venne allora demolita e i materiali furono utilizzati per la costruzione della nuova parrocchiale. La località, oggi scomparsa, si trovava forse tra Camagna e la Bonina, dove ora vi è la cascina S. Andrea, presso S. Rocco [Bo 1980, pp. 103-104].

S. Giorgio: chiesa scomparsa tra il 1549 e il 1577; doveva sorgere a valle dell’antica strada per Cuccaro [Luparia 1982, p. 264]. L’agiotoponimo è conservato nelle mappe catastali. Durante uno scasso agricolo profondo, venne alla luce una necropoli, la cui presenza presso la chiesa indicherebbe che quest’ultima svolse in tempi remoti funzione parrocchiale, prima degli estimi della diocesi di Vercelli del 1299 (ove non risulta); alcuni indizi farebbero ipotizzare una fondazione di epoca longobarda [Luparia 1987, pp. 5, 9, 17 sgg.].