M O N F E R R A T O A R T E

ASSOCIAZIONE CASALESE ARTE E STORIA PARCO NATURALE E AREA ATTREZZATA
DEL SACRO MONTE DI CREA
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SERRALUNGA DI CREA

SERRALUNGA DI CREA

 

Dial. Sèralunga. Serralonga, 1163 [BSSS 42, I, doc. 13, p. 17]. Il determinante “di Crea” fu aggiunto nel 1863 [R.D. n. 1160, 1/2/1863].

Abitanti: 603. Distanza da Casale Km 17,5 ‑ Altezza: m 240 s. m. Provincia di Alessandria.

Parrocchia Madonna di Crea. L’abitato in origine doveva trovarsi a valle presso l’attuale cascina di S. Eustorgio; si arroccò nel sec. XIV presso il castello (è del 1344 la prima notizia di una villa murata di Serralunga) [Settia 1983a, p. 190]. L’antica Ecclesia de Serralonga, situata nella valle e citata nel 1273 col titolo dei Ss. Stefano ed Eustorgio [BSSS 42, I, doc. 55, p. 63], fu elevata a parrocchiale col titolo di S. Eustorgio nel 1307. Dal 1317 era unita al priorato di Crea in dipendenza dei Canonici di Vezzolano [Maccono 1928, p. 27; BSSS 198, p. 205]. Nel 1474 passò dalla diocesi di Vercelli a quella di Casale [De Bono 1986, p. 34]. Nel 1771 avvenne l’ultima nomina del curato di S. Eustorgio da parte dell’abate di Crea; la parrocchia durò ancora fino al 1818 [Tizzani 1990, pp. 171, 202]. La chiesa nella villa forte fu dedicata a S. Sebastiano (visita apostolica Ragazzoni, 1577); essa si contrapponeva come parrocchiale effettiva alla vecchia parrocchiale di S. Eustorgio, ma soltanto nel 1741 il centro abitato di Serralunga ebbe una parrocchia autonoma, dedicata ai Ss. Sebastiano ed Eustorgio [Settia 1983a, pp. 190-91]. Dopo la soppressione dell’abbazia di Crea nacque la parrocchia di S. Sebastiano, comprendente solo l’abitato di Serralunga; il primo parroco fu nominato nel 1818 [Tizzani 1990, p. 201]. Nel 1958 la parrocchia dei Ss. Eustorgio e Sebastiano di Serralunga di Crea fu unita «aeque principaliter» con la parrocchia della Beata Vergine del Rosario e S. Giovanni Battista di Forneglio. Nel 1985 si costituì la nuova parrocchia della Madonna di Crea di Serralunga di Crea, comprendente tutto il territorio del comune [Tizzani 1990, p. 167].

Chiesa parrocchiale, S. Sebastiano: nella parte alta del paese, in posizione panoramica. Primitiva parrocchiale (dal 1307) era S. Eustorgio, il cui nome è conservato da un cascinale prossimo al cimitero. Una chiesa di S. Sebastiano (citata nel 1577) era nella villa forte di Serralunga in zona diversa rispetto all’attuale; nel 1705 era senza tetto; nel 1741 venne demolita, gli arredi furono trasportati nella chiesa di S. Giacomo [Tizzani 1990, p. 175]. L’attuale chiesa fu costruita dal 1744 al 1751 dalla popolazione con mattoni e pietre anche di riutilizzo; si pagava solo il lavoro dei capomastri. Progetto di don Spirito Giuseppe Castagna, abate di Crea; capomastro Domenico Bertogliati [Barbero 1979a, p. 58; AD 1991, p. 204]. Il giorno 1/11/1753, appena terminati porta, pavimento, balaustrata, coro e sacrestia, fu benedetta dallo stesso abate. Nel 1791, dato che la torre municipale minacciava di crollare, si costruì il campanile della chiesa [Tizzani 1990, p. 197]. Restauri negli anni settanta del sec. XX.

Paramento in laterizio e arenaria. La facciata, rivolta a sud, è divisa in tre campi da lesene, di cui le due centrali si prolungano nel timpano. Su un concio della lesena laterale sinistra è graffita la data «1748». La superficie è mossa da tre nicchie vuote; sotto le nicchie laterali sono dipinti due quadranti solari (Mario Tebenghi, 1988) [Aletto 2004, pp. 39, 74]; un quadrante era presente già nel 1753 [Tizzani 1990, p. 31]. Il robusto campanile si eleva sul fianco sinistro del presbiterio. Interno a navata unica che si prolunga nel presbiterio e nell'abside semipoligonale. Gli affreschi della volta dell’aula sono di Romanelli (sec. XX). Presbiterio e abside sono decorati con dipinti ad affresco di Antonio Alessandri (1751), effigianti, tra ariose quadrature, il Martirio e la gloria di S. Sebastiano [Tizzani 1990, p. 193]; allo stesso autore si devono probabilmente anche gli affreschi monocromi dei Misteri del Rosario nella cappella della Madonna del Rosario, già attribuiti al Guala [Spantigati 1979, p. 24] e forse la pala al fondo dell’abside con S. Sebastiano [Grignolio 1993, p. 96]. Il presbiterio è ampio, privo di balaustrata; l’altare maggiore settecentesco è in stucco trattato a finto marmo; sul tabernacolo è collocato un ciborio a colonne. Ai lati del presbiterio si aprono due cappelle divergenti, con altari uguali e simmetrici in muratura stuccata e marmorizzata (sec. XVIII): la cappella di destra è dedicata al Sacro Cuore di Gesù, mentre a sinistra si trova la cappella del Rosario, con arcaica statua lignea della Madonna del Rosario (sec. XVII) posta nella nicchia centrale e contornata dagli ampi affreschi monocromi dei Misteri. Sui lati dell'aula, in sfondati a conchiglia, sono sistemati a destra due confessionali lignei, mentre a sinistra si trova il battistero, chiuso da un cancello di ferro battuto. Al di sopra dell'arcata che limita il battistero è appesa una tela priva di cornice raffigurante la Madonna col Bambino e i Ss. Antonio da Padova e Carlo, di dubbia attribuzione a Giorgio Alberini [Brignolio], restaurata nel 2007 (Nicola Restauri); sulla parete di fronte c'è un'altra tela senza cornice raffigurante S. Martino che guarisce un indemoniato (sec. XVIII).

Da Serralunga proviene il trittico di Martino Spanzotti Madonna col Bambino tra i Ss. Ubaldo e Sebastiano, ora alla Galleria Sabauda, unica opera firmata dall’artista, databile agli inizi degli anni ottanta del sec. XV; la Madonna fu rinvenuta da Alessandro Baudi di Vesme a Serralunga e venduta alla Sabauda nel 1899, i pannelli laterali furono ritrovati nel 1923 presso collezionisti di Milano e Torino [Gabrielli 1971, p. 238].

S. Giacomo: situata lungo la via principale del paese. Sarebbe stata fondata nel 1164 da un certo Guglielmo Pristino [AD 1991, p. 205]. Risulta citata nel 1286 [Tizzani 1990, p. 235; BSSS 42, I, doc. 71, p. 81]. Nel 1700 era scomparsa; fu riedificata dal 1710 al 1720. Divenne sede della compagnia del SS. Sacramento dal 1736. Piccola campana del 1738. Nel 1811 ospitò temporaneamente la statua della Madonna di Crea. Nel 2012 fu restaurata la copertura (studio Petitti).

La porta d'ingresso è sopraelevata di quattro scalini. Vi sono tre finestre rettangolari in facciata, due laterali e una sopra la porta. Campanile a sezione triangolare. Altare del 1718. Cantoria in controfacciata sopra la porta. Entro una cornice di stucco era conservata una tela raffigurante l’Immacolata coi Ss. Giacomo maggiore e Avito del 1717 (?), autore «Ferdinando di Pizzo di Moncalvo» (Ferdinando Pozzo?), ora in casa parrocchiale [Tizzani 1990, pp. 235-37].

S. Rocco: piccola chiesa situata all’estremo orientale del paese. Una cappella di S. Rocco esisteva nel 1584. Fu nuovamente eretta dopo la peste del 1630 per un voto da Domenico Villata di Trino [ASDC, Vis. apost. Montiglio, 456-459, f. 94r; AD 1991, p. 205]. Nel 1748 venne segnalata l’icona raffigurante la Madonna del Rosario, coi Ss. Domenico e Rocco, tuttora presente [Tizzani 1990, p. 241]. Un importante intervento di restauro dell'edificio è stato completato nel 2014. L’altare in marmo bianco è del sec. XX.

Madonna di Crea: Santuario Diocesano. Castrum Credonensium, sec. IX [Vita antiqua di S. Eusebio, Archivio Capitolare di Vercelli; Ughelli 1719, col. 754]; Creta, 1163 [BSSS 42, I, doc. 13, p. 16]. Il castrum Credonensium va distinto dal centro scomparso di Cardalona (Cardalona, 961 [Durandi 1774, p. 326; BSSS 42, I, doc. 1, p. 2]), dove forse pure esisteva un “castello”. Si è supposto che il castello di Cardalona sorgesse sulla vetta del colle di Crea [Saletta 1717, f. 156r; Godio 1877, p. 3; Ricaldone 1972, I, p. 66], ma sembra più probabile che l'abitato scomparso, in cui si trovava una chiesa dedicata a S. Giorgio, coincida con le Case San Iorio, mentre sulla vetta del colle di Crea andrebbe piuttosto situato il castrum Credonensium [Settia 1983a, pp. 175-78]. Negli estimi vercellesi redatti a scopo di decime papali dalla fine del sec. XIII S. Maria di Crea è elencata nella pieve di Meda, mentre S. Giorgio di Cardalona dipende dalla pieve di S. Cassiano [ARMO, p. 38].

Secondo la tradizione la chiesa fu fondata da S. Eusebio qui rifugiato per sfuggire agli Ariani (sec. IV) [AD 1991, pp. 204-05]. Nell'archivio romano dei Lateranensi si troverebbero documenti su S. Maria di Crea a partire dal 1052 [Kehr 1914, p. 40]. La prima notizia ben documentata risale però solo al 1152, quando il vescovo di Vercelli Uguccione concesse la chiesa di Crea al monastero di Vezzolano [BSSS 42, I, doc. 8, p. 11]. Guglielmo V di Monferrato prese sotto la sua protezione S. Maria di Crea nel 1156 [Durandi 1774, p. 326; Settia 1997, p. 45 n. 35]. Il marchese Guglielmo VIII attribuiva ai suoi antecessori la fondazione di S. Maria di Crea (documento del 1470; affermazione molto dubbia) [Maccono 1928, p. 44; BSSS 198, p. 40]. Da una data di poco anteriore al 1152 fu priorato dipendente dai Canonici Regolari di Vezzolano, sostituiti dai Serviti nel 1478 (ultimo priore agostiniano e primo priore servita fu Tobia de’ Pellati, cappellano di Guglielmo VIII), e nel 1483 dai Canonici Lateranensi, che nel 1608 ottennero l’erezione in abbazia. Nel 1798 canonica e abbazia di Crea vennero soppresse, monastero e chiesa furono assegnati al vescovo di Casale, i canonici vennero ridotti allo stato di preti secolari; rettore interinale del santuario fu don Bernardo Poggio. Nel 1799 tornarono i Serviti. Alla soppressione degli ordini religiosi del 1801, il santuario venne retto da preti secolari fino al 1820, data che segnò l'ngresso dei Francescani Minori Osservanti [Maccono 1928, pp. 11-222]. Con la nuova soppressione degli ordini religiosi del 1866, il santuario divenne proprietà del demanio, ma vi restò un rettore francescano in abito da prete secolare fino al 1877, quando il vescovo mons. Ferrè, da cinque anni venutone in possesso, ridonò il santuario ai francescani [Maccono 1981, pp. 76-77]. Questi dovettero infine lasciare il santuario nel 1992 per carenza di personale dovuta al calo vocazionale. La gestione è ora assicurata da sacerdoti secolari della diocesi [AD 2002, p. 252].

Cronologia:
1231: notizie dell’esistenza del chiostro [BSSS 42, I, doc. 37, p. 41].
1393 (o 1395): restauri [Maccono 1928, pp. 235, 244].
1589: il priore P. Costantino Massino organizzò una solenne processione attorno al sacro monte; collocamento di 15 croci [Crea 1913, p. 20] .
1590: erezione della prima cappella del sacro monte (Natività di Maria) da parte del duca Vincenzo I Gonzaga [Crea 1913, p. 20].
1608-12: ampliamento della chiesa, con atrio e nuova facciata, ornata con statue dei santi protettori; nuovo corridoio su due piani lungo il fianco nord [Crea 1913, p. 21].
1735: lavori di modifica della facciata [Crea 1913, p. 21].
1736: realizzati balaustra e pavimento marmorei del presbiterio col lascito testamentario di don Michelangelo Marucchi, parroco di Quarti.
1765: altare della cappella della Madonna [Maccono 1928, pp. 237-38].
1795: altar maggiore [Clemente 1876, p. 59; Corrado 1889, p. 256].
1801: distruzione di carte d’archivio ed ex voto, asportazione delle corone della statua della Madonna e del Bambino [Maccono 1981, p. 63].
1804: depositate nella cattedrale da parte del vescovo Ferrero le reliquie del piede di S. Margherita e della S. Croce (della seconda si è persa ogni traccia) e la pianeta di Pio V [Corrado 1889, pp. 366-69; Maccono 1981, p. 25].
1809: vendita all’incanto di chiesa, convento e sacro monte; compratore Giovanni Cavallo [Crea 1913, p. 21].
1808-11: trasferiti nella cattedrale tutti i confessionali, meno uno [Maccono 1928, pp. 195-97]. Due confessionali erano stati in precedenza portati nell'ex convento di Monte Sion [Ferrando 2005, p. 242].
Nel 1811 la statua della Madonna di Crea, già destinata alla chiesa di Forneglio, venne sottratta dagli abitanti di Serralunga e portata nella chiesa di S. Giacomo; dopo un mese fu riportata nel santuario di Crea [Tizzani 1990, pp. 156-62]. Nel dicembre 1811 il nuovo proprietario Melchiorre Bava donò la chiesa di Crea al vescovo di Casale; la parte del convento ancora in piedi fu acquistata dal vescovo nel 1820 [Crea 1913, p. 21].
1846: realizzato un piccolo coro ligneo, dove in passato c'era l'organo [Damonte 1891, p. 14].
1858-62: fu comprato anche il sacro monte [Crea 1913, p. 21]. Nel 1859 fu scoperto l’affresco sulla parete di fondo della cappella di S. Margherita, dietro l’altare ligneo, che fu smontato provocando diversi distacchi d’intonaco [Clemente 1876, pp. 63-64].
1867: il prevosto di Vignale Giuseppe Goria provvide di marmi la cappella della Madonna [Clemente 1876, pp. 44, 69].
1887: grandi restauri interni con ridipinture [Corrado 1889, p. 209].
5/8/1890: solenne incoronazione della Madonna; corone d’oro per Madonna e Bambino dell’orefice torinese Balbino [Damonte 1891, p. 33].
1898-1901: realizzati pavimento, organo e altare di S. Antonio [Maccono 1981, p. 83].
1912: furto delle corone e di altri ornamenti della statua della Madonna [Crea 1913, pp. 2, 21].
3/8/1913: nuova incoronazione della Madonna [Crea 1913].
1913-16: rifacimento della facciata (progetto ing. Giuseppe Gallo); la Madonna nel quadro centrale, di Pietro Gallia, risultò scadente e fu sostituita dopo pochi anni da un affresco di Mario Micheletti [Maccono 1981, pp. 82-83].
1926: rifacimento del tabernacolo dell’altar maggiore [Crea 1926, p. 9].
1928: ristrutturazione della cappella di S. Antonio e consacrazione del nuovo altare [Castelli 2000, p. 216].
1929: sopraelevazione del campanile all'altezza di 37 metri (ing. Aldo Rondelli), concerto di otto campane in mi bemolle (Achille Mazzola) [Crea 1930, p. 8].
1931: dono del manto per la statua della Madonna da parte di Maria Josè del Belgio [Maccono 1981, p. 94].
1940-43: restauri dell’interno, con eliminazione dei pesanti intonaci che incrostavano le colonne e le volte (prof. Francesco Chiapasco) [Maccono 1981, pp. 84-85, 89].
1949: costruzione del sepolcreto dei padri di Crea sui resti del romitorio di S. Alessio (progetto ing. Vittorio Tornielli, altorilievo del timpano raffigurante il Transito di S. Francesco di Guido Capra) [Maccono 1981, p. 89].
1950: rinnovo dei banchi; elevazione del Santuario al titolo di Basilica Minore [Maccono 1981, p. 89].
1953: restauro della facciata con nuove colonne e mosaico raffigurante l’Assunta (Piero Dalle Ceste) [Maccono 1981, pp. 85-86, 89].
1959: pavimentazione della chiesa e costruzione della nuova manica est del chiostro (ing. Bartolomeo Gallo) [Maccono 1981, p. 89].
1960: bussola (fratelli Meda, disegno dell’ing. Vittorio Tornielli) [Maccono 1981, p. 89].
1961-62: nelle cappelle della Madonna, di S. Margherita e S. Giuseppe, rinnovo di altare, rivestimento e pavimentazione in marmo (progetto ing. Vittorio Tornielli, ditta Castagnone, Carlo Longhi, e, nel 1970, Allegra) [Maccono 1981, p. 89].
1963: prolungamento della cappella di S. Antonio [Maccono 1981, p. 89].
1963-64: nuovo edificio sul fianco sinistro della chiesa (arch. Angelo Verri, ing. Bo, ditta Carlo Longhi) [Maccono 1981, pp. 83, 87].
1964: pavimentazione dell’atrio in granito (ing. Bartolomeo Gallo); furto di pisside e ostensorio dal tabernacolo dell’altar maggiore (oggetti ritrovati pochi giorni dopo nella chiesa parrocchiale di San Mauro Torinese) [Maccono 1981, pp. 96, 98].
1968: restauro degli affreschi della cappella di S. Margherita (Pinin Brambilla Barcilon) [Maccono 1981, pp. 86, 90].
1980: chiesa, convento e cappelle inseriti nel Parco naturale del Sacro Monte di Crea [Castelli 2000, p. 216].
1981: restauro della statua della Madonna (Gian Luigi Nicola) [Castelli 2000, p. 216].
1987: rifacimento della cupoletta a bulbo del campanile [Castelli 2000, p. 216].

Chiesa orientata. Ampia facciata scandita da coppie di lesene e colonne su due ordini, culminante al centro con un terzo ordine di lesene in un riquadro centrale concluso da un grande frontone triangolare, collegato mediante volute a due elementi laterali più piccoli; al centro campeggia un mosaico di Pietro Dalle Ceste (1953) raffigurante l’Assunzione di Maria; ai lati sono poste entro nicchie le statue di S. Luca e S. Eusebio, nel timpano un Angelo Annunciante. Due iscrizioni in facciata ricordano i restauri del 1914-15 e i principali offerenti [Maccono 1981, p. 83]. Aperture rettangolari o arcuate mettono in comunicazione con l’atrio, da cui si accede alla chiesa attraverso tre porte. Il campanile si innalza sulla parte posteriore della chiesa, in corrispondenza della cappella della Madonna.

Indizi di antichità della chiesa sono due fregi di sottogronda posti nel sottotetto lungo i muri perimetrali delle ultime due campate della navata centrale e all’interno del campanile, uno più basso e più breve, con motivo a merletto su tre corsi di mattoni (sec. XIII), l’altro più alto, sorretto da mensoline di arenaria e cotto, con tre file di mattoni delimitanti due fasce decorate a motivo romboidale (sec. XIII-XIV) [Locarni 1900, p. 17; Actis Grosso 1992, p. 85; Castelli 2000, pp. 77-78]. Ancora precedenti sono tre frammenti scultorei ricuperati nel 1975 durante scavi effettuati nel sottosuolo della chiesa per la collocazione dell’impianto termico e murati nei due pilastri della navata centrale prossimi al presbiterio. Il primo rilievo, inserito nel terzo pilastro di destra, reca entro una ricca decorazione floreale una piccola barca con rematori e una giovinetta dai grandi occhi, segnati dal trapano; vi sono tracce di una coloritura rossastra. Il secondo rilievo, al di sopra del precedente nello stesso pilastro, raffigura un personaggio vestito di tunica con cintura e belle calzature, che col braccio sinistro tiene per il collare un animale (un orso?). L'ultimo frammento, murato nel terzo pilastro di sinistra, presenta tre quadrupedi alati (di cui solo uno conserva la testa ed è incoronato), tra stelle a quattro punte o nodi di Salomone. Le tre sculture, in base alla presenza di festoni ornamentali simili a fregi dell'atrio del Duomo di Casale, andrebbero datate entro la metà del sec. XII [Cervini 2004, p. 185]. È stata proposta anche una diversa datazione: per il primo rilievo il sec. VIII; per il secondo il sec. XII; per il terzo il sec. X [Romano 1994, pp. 200-203]. Altri reperti scultorei antichi sono custoditi nel museo del santuario.

Interno a tre navate divise da archi a sesto acuto, sorretti da pilastri cruciformi in arenaria e mattoni; volte a crociera con costoloni rotondi. Sulla navata sinistra si aprono le cappelle dell’Adorazione del SS. Sacramento e di S. Luigi, mentre esternamente alla navata destra è situato il corridoio degli ex voto, che dà accesso alla sacrestia e al convento. Al di sopra di questi spazi laterali corrono due gallerie, aperte verso la chiesa con alte finestre centinate; nella galleria nord è stato sistemato il museo (inaugurato nel 1929 [Crea 1930, p. 15]). Il presbiterio è delimitato da una balaustrata marmorea del 1736. L’altare maggiore (eretto nel 1795), è sovrastato da un grande Crocifisso della bottega dei fratelli De Donati, di provenienza ignota (fu regalato al Santuario da don Falaguerra negli anni '90 del Novecento) [Agosti 2009]. In corrispondenza del capocroce della chiesa, l'abside è divisa in modo assai inusuale in due cappelle: di S. Margherita a destra e della Madonna a sinistra, delimitate da eleganti cancellate di ferro battuto. La navata laterale destra termina con la cappella di S. Giuseppe, quella di sinistra con la cappella di S. Maria Maddalena, meno profonda delle precedenti [Castelli 2000, pp. 76-77]. Nella parete arcuata soprastante le due cappelle centrali è sistemata una grande tela all'incirca semicircolare (m 4.4 x 7.4), raffigurante l’Assunzione di Maria col ritratto dei due offerenti, il marchese Guglielmo VIII e il fratello cardinale Teodoro Paleologo (che riproducono fedelmente le fisionomie di un affresco sottostante); la tela è attribuita a Guglielmo Cairo da padre Pellegrino Antonio Orlandi, il cui informatore casalese era Ferdinando Cairo, fratello minore di Guglielmo [Orlandi 1704, p. 150; Sciolla 1989, p. 243], ma stilisticamente parrebbe attribuibile a un artista della generazione precedente [Romanengo 2010, p. 134]. Nel 1993 la tela fu rimossa per un restauro (Nicola); sulla parete sottostante si ritrovò un grande affresco mal conservato, mancante della parte centrale (che doveva contenere l’immagine dell’Assunta), con ai lati due gruppi di apostoli (tra cui S. Tommaso che tiene la cintola della Madonna) e inginocchiati di profilo all’estremo destro Guglielmo VIII (marchese dal 1464 al 1483; qui nel suo più antico ritratto noto) e all’estremo sinistro il fratello cardinale Teodoro Paleologo (nominato cardinale nel 1466, morto nel 1484); in alto sulla sinistra un angelo con cinta e veste svolazzanti, mentre la superficie corrispondente a destra è rovinata per l’apertura di una finestra. L’affresco, realizzato attorno al 1470, è riferibile a un pittore che, pur conservando qualche elemento tardogotico, recepisce precocemente le novità di Vincenzo Foppa e presenta caratteri stilistici di ispirazione pavese, quasi una preistoria di Lorenzo Fasolo [Guerrini 1998, pp. 148-49; Romano 2001b, p. 383]; recentemente è stato proposto il nome del pittore marchionale Gaspare Marchesi [1]. Nel 1994 la grande tela restaurata è stata ricollocata sopra l’affresco (a sua volta ripulito e consolidato).

Cappella di S. Margherita: contiene il ciclo di affreschi del Maestro di Crea. Sulla parete di fondo c’è il trittico raffigurante la Madonna col Bambino e angeli musicanti tra i Ss. Pietro, Margherita, Evasio (o Eusebio) e Paolo; ai lati, sotto una preziosa volta a botte e con un bellissimo paesaggio come sfondo, sono ritratti a maggiore grandezza i committenti, a sinistra Guglielmo VIII con tre dignitari di corte (fra’ Percival Biandrate di San Giorgio, Guglielmo Biandrate di San Giorgio e Giovanni Grosso, a destra Giovanna Bernarda di Brosse (terza moglie dal 1474 di Guglielmo VIII) con le figlie di Guglielmo, Giovanna (di prime nozze, nata tra 1466 e 1468, andata in sposa nel 1479 a Ludovico II di Saluzzo) e Bianca (di seconde nozze, nata tra 1470 e 1473) (personaggi identificati da Francesco Negri, il quale osservava anche che i ritratti dei Paleologi sono posteriori, dato che l’intonaco di questi si sovrappone al trittico [Negri 1902, pp. 25-27]). Nella lunetta, parzialmente distrutta dall’apertura di una finestra semicircolare, è dipinta una parte delle storie di S. Margherita: all’estrema destra Margherita si affaccia alla finestra del carcere, presso cui è seduto un giovane dormiente (che ricorda nella posa il Cicerone bambino che legge, del Foppa, ca. 1462-64). Sulla parete sinistra iniziano le storie di S. Margherita: nella lunetta Incontro del prefetto Olibrio con Margherita intenta a pascolare le pecore con alcune compagne; al di sotto a sinistra Margherita in carcere dopo il rifiuto di sposare Olibrio, e ancora Margherita in carcere sconfigge il demonio (scene interrotte in basso dall’apertura di una porta), a destra Supplizio del fuoco. Sulla parete destra, nella lunetta, Flagellazione, al di sotto a sinistra Supplizio dellacqua bollente e a destra Decapitazione (scena lacunosa per l’apertura di un’altra porta). Su ciascuna delle quattro vele della volta a crociera è raffigurato un Padre della Chiesa (all’ingresso S. Ambrogio, sul fondo S. Agostino, a sinistra S. Gregorio Magno, a destra S. Girolamo), seduti su troni collocati in un paesaggio roccioso e arido dove sono effigiati anche alcuni eremiti in varie attività (il tema è da mettere in rapporto con la Regola di S. Agostino, anche detta Regola Patrum) [Mulazzani 1983, pp. 87-93; Cuttica 1983b, pp. 554-55]. Un unico artista è responsabile dell’intero ciclo. Il Maestro di Crea appare stilisticamente formato nelle botteghe pavesi di pittori e di maestri vetrai, dove raccolse anche influssi ferraresi; si tende attualmente ad identificarlo con Francesco Spanzotti, fratello di Martino [Natale 1998, p. 123; Romano 2001b, pp. 377-78]. Estremi cronologici per la datazione del ciclo sono il 1474 (matrimonio di Guglielmo con Bernarda) e il 1479 (matrimonio della prima figlia); la presenza di S. Agostino nella vela soprastante l’altare, e delle varie figure di eremiti, indica che l’affresco dovrebbe essere stato realizzato prima del 1478, anno di arrivo dei serviti; la cuffia ancora alla francese di Bernarda di Brosse potrebbe far anticipare il termine ante quem al 1475 [Romano 2001b, pp. 383-84]. Alla parete di fondo della cappella è posto un piccolo altare. Nelle pareti perimetrali della cappella risultano tre monofore in cotto tamponate [Castelli 2000, p. 78].

Cappella della Madonna: è di minore larghezza della precedente, e ha pareti molto spesse, atte a sostenere il campanile; volta a botte, rivestita a cassettoni lignei (anteriori al 1683), con rosoni dorati posteriori e statuette dorate (durante un recente intervento conservativo di Guido Nicola sotto la spessa pittura verde sono comparse pitture originali) [Barbero 1998, p. 78]. Elaborato altare marmoreo del 1765 [Maccono 1928, p. 237] con nicchia centrale in cui è collocata la statua della Madonna, che la tradizione vuole eseguita da S. Luca e qui portata da S. Eusebio, opera di piccole dimensioni (cm 61), ottenuta da un solo blocco di legno intagliato, scolpito e dipinto, mancante della mano destra della Madonna, della mano sinistra e di tutto il braccio destro del Bambino. La Madonna è seduta su un tronetto sagomato; sul capo ha un’alta e massiccia corona tronco-conica decorata ad impressione con motivi alternati ovoidali e tondi e con una fitta serie di puntini; un velo scende rigidamente dal capo formando sulla spalla destra tre pieghe; la linea scura sul lungo collo della Vergine non è una collana, bensì il bordo di un camice sottostante; il manto è color blu notte con motivi romboidali più scuri contornati da puntini bianchi e ha una fodera di ermellino; la tunica, plissettata sul petto con sottili scannellature verticali, forma sotto le ginocchia grandi pieghe disposte a M che giungono fino a terra nascondendo i piedi; la cromia di base è di color rosso mattone con motivi romboidali scuri sul petto e una fascia orizzontale scura sotto le ginocchia; sul petto c’è un medaglione, o un gioiello direttamente applicato alla tunica [Cuttica 1983b, pp. 563-66], oppure il sigillo di origine romana anche detto bulla che simboleggia la verginità [Ricaldone 1992b, p. 57]. Il Bambino seduto di tre quarti sulla coscia sinistra della Madonna, veste una tunica verde scuro, ornata da motivi composti da quattro puntini bianchi [Cuttica 1983b, p. 564]. La scultura è avvicinabile al contesto vezzolanese espresso dall’affresco della lunetta centrale del chiostro alla metà del sec. XIII (quindi di una generazione precedente rispetto alla Madonna di Oropa) [Romano 1992, p. 30]. Alla stessa datazione giunse indipendentemente Aldo di Ricaldone, individuandone però un’origine non piemontese ma catalana (dal Roussillon) [Ricaldone 1992b, p. 14]. La statua poggia su una base d’argento fabbricata da un orefice di Casale nel 1890. Interventi di restauro sono stati effettuati nel sec. XVIII, nel 1929 e nel 1981 (Gian Luigi Nicola) [Cuttica 1983b, pp. 541, 558; Castelli 2000, p. 92].

Cappella di S. Giuseppe (anticamente dedicata a S. Giovanni Evangelista): in capo alla navata laterale destra; ha un altare barocco con pala ex voto raffigurante S. Giuseppe col Bambino, di Tommaso Lorenzoni (1886) [Tarra 1890, p. 65], sormontata dalla Sacra Famiglia con S. Giovannino, attribuito ad un collaboratore di Giovanni Francesco Caroto [Romano 1970, p. 5], e una bellissima sinopia (emersa con lo strappo degli affreschi sulla parete destra della cappella di S. Margherita effettuato da Pinin Brambilla Barcilon nel 1968), con disegno accuratamente rifinito; rispetto all’affresco i volti sono meglio individuati dal punto di vista fisionomico e non scadono in aguzze caricature, lo spazio prospettico è inteso in modo intelligente, specie nella Flagellazione [Romano 2001b, p. 380]. Cappella di S. Maria Maddalena: in capo alla navata laterale sinistra; è meno profonda delle altre; attualmente è destinata alle lampade votive; conserva un busto di Cristo, opera di Leonardo Bistolfi, donato da Luciano Sacco nel 1997 [Castelli 2000, pp. 76, 85]. Cappella dell’Adorazione del SS. Sacramento (in passato dedicata a S. Francesco): si apre lateralmente alla navata sinistra; sopra il tabernacolo campeggia un polittico che illustra la Eucaristia contemplata con gli occhi di Maria, opera ideata da don Innocenzo Timossi e realizzata nel 1999 da Nino Marabotto: in cinque scene presenta la Crocifissione, le Nozze di Cana, la Natività di Gesù, la Prima comunità, Maria nella Chiesa [Castelli 2000, p. 102]. Cappella di S. Luigi (già cappella privata dell’abate), anch’essa situata lateralmente alla navata sinistra; fu restaurata nel 1899 [Lupano 1907, p. 51] e ridecorata completamente nel 1937 [Crea 1939, p. 12].

Sulla parete laterale destra presso la cappella di S. Giuseppe è posta una tavola di Macrino raffigurante la Madonna in adorazione del Bambino coi Ss. Giovanni Battista, Giacomo, Agostino e Girolamo, firmata e datata 1503; in passato era la pala dell’altar maggiore e in tale sede fu vista nel 1793 e nel 1939 [Della Valle 1990, p. 48; Crea 1939, p. 9]. L’opera fu commissionata da Gian Giacomo Biandrate di San Giorgio (al cui nome alludono i santi Giovanni Battista e Giacomo); Macrino, che all’epoca era il pittore ufficiale del marchesato, riutilizzò per le figure dei santi i cartoni delle pale di Lucedio (1499) e di Alba (1501). Il carattere stilistico è contraddistinto da una tavolozza smaltata e cristallina, con brillanti accordi cromatici; l’iconografia della Madonna deriva forse dalla tavola antoniazzesca di S. Paolo fuori le Mura a Roma; l’apertura paesistica, con rovine classiche e montagne cervellotiche, è ancora un ricordo del Pinturicchio, ma altri elementi sembrano indicare una nuova attenzione verso l’area milanese. Uniti agli angoli inferiori della pala erano i due ritrattini di Guglielmo IX e di Anna d’Alençon (il cui contratto di fidanzamento fu steso nel 1502), attualmente custoditi nel museo del Santuario, forse il momento di più alta qualità della produzione macriniana; il ritratto di Anna d’Alençon dimostra un aggiornamento sulla ritrattistica milanese di Leonardo da Vinci, e in particolare sulla Belle Ferronière. Non è possibile stabilire quando i ritrattini siano stati separati dalla pala (comunque prima del 1793) [Viglieno 1965, p. 35; Villata 2000, pp. 78-82, 162-67]; nel 1902 erano posti su colonnette della decorazione esterna in legno delle cappelle di S. Margherita e della Madonna; nel 1924 erano invece custoditi nella biblioteca del convento [Negri 1902, p. 30; Gabotto 1924, p. 29].

Alla parete della navata sinistra, in faccia alla tavola di Macrino, è collocato un trittico su tela raffigurante S. Francesco tra S. Elisabetta d’Ungheria e S. Chiara, di Fava (1894) [Crea 1926, p. 13].

Sul secondo pilastro a destra è affrescata una Madonna col Bambino con la scritta «Domina Grava De Sance (Sanico?) fecit fieri picturam» [Negri 1902, p. 33]. Nel presbiterio sono posti amboni di bronzo di Luigi Bagna (1972) con simbologie dell’Antico e del Nuovo Testamento. Dello stesso autore è la Via Crucis in terracotta (1966) [Maccono 1981, pp. 86, 90; Castelli 2000, p. 216]. L’organo di Giuseppe Gandini (1900) è stato restaurato nel 1981 dai fratelli Marzi [Lupano 1907, p. 51; Maccono 1928, p. 238; AD 1991, p. 278]; un precedente piccolo organo fu ceduto nel sec. XIX alla chiesa di S. Maria sulle mura di Casale e sostituito da un harmonium [Clemente 1876, p. 74].

Nella sacrestia è custodita una tela di inizio Seicento raffigurante S. Agostino, restaurata nel 2003 (Nicola), già attribuita al Vermiglio; altri dipinti coevi con teste di Apostoli sono nella piccola camera antistante il refettorio. Le due finestre della sacrestia fino alla fine del sec. XIX avevano lunette dipinte raffiguranti l’Angelo Annunziante e la Vergine Annuziata, attribuite a Martino Spanzotti dal Negri, e non più in loco già nel 1902 [Negri 1902, p. 32]; nel 1951 le due vetrate furono acquistate dal Museo Civico d’Arte Antica di Torino; sono oggi considerate opera dell’atelier di Giovanni Martino Spanzotti (circa 1480); Giovanni Romano individua nelle vetrate di Crea quelle caratteristiche nordiche che testimoniano la partecipazione di Martino Spanzotti e del suo atelier alla cultura figurativa d’oltralpe, a seguito della presenza in Piemonte di personalità come Antoine de Lohny [Romano 1988, p. 40; Soffiantino 2001].

Monastero e chiostro sono situati ad oriente della chiesa in prosecuzione del suo asse longitudinale. Le strutture attuali risentono degli interventi di rifacimento del sec. XIX, successivi alle demolizioni iniziate dal 1809. Del chiostro solo il lato meridionale conserva caratteri rinascimentali; un capitello angolare mostra lo stemma dei de’ Pellati (Tobia de’ Pellati fu priore tra il 1469-71 e il 1483) [Ricaldone 1983, p. 408; Castelli 2000, p. 77]. Nel 1821 fu ricostruito il lato di levante (demolito nel 1811); nel 1824 il braccio a ponente; nel 1835 fu eretto un muro nella parte verso ponente; nel 1846 fu chiusa parte degli archi del primo piano [Corrado 1889, pp. 285-86; Maccono 1928, p. 221].

Degna corona del Santuario sono le 25 cappelle, sparse per il Sacro Monte, tra cui artisticamente notevoli quelle contenenti statue dei Tabacchetti e del Bistolfi, e affreschi del Moncalvo, dell’Alberini, di Paolo Maggi e di Luigi Morgari. Nel 1911 il Santuario col campanile, il convento, il chiostro e le cappelle del Sacro Monte vennero elencati tra gli edifici monumentali nazionali [Alessandria 1911, pp. 42-43]. Nel 1983 il Sacro Monte è stato affidato in convenzione alla Regione Piemonte, che vi ha istituito un Parco naturale e Area attrezzata. Dal 2003 il Sacro Monte di Crea, con altri otto Sacri Monti piemontesi e lombardi, è stato iscritto nella lista del Patrimonio dell’UNESCO.

S. Giovanni Battista: a Forneglio (dial. Furnè. Fornelium, 1231 [BSSS 42, I, doc. 37, p. 42]). L’attuale chiesa risale al sec. XVI [AD 1969, p. 50]; è citata in un testamento del 1584 [Bertolotti 1884, p. 84]. Fu parrocchia dal 1694 al 1986 [Maccono 1928, p. 121; Decreto vescovile 30/6/1986]. Un curato residente veniva nominato dall’abate di Crea fino alla soppressione dell’abbazia, dopodiché divenne parrocchia autonoma e sede di vicaria (nel 1820 si ebbe la prima nomina di un parroco). Nel 1717 si effettuarono lavori di ristrutturazione; nel 1755 fu costruita la sacrestia; nel 1763 fu realizzato il battistero che venne dotato di un quadro raffigurante S. Giovanni Battista, del pittore Gorzio di Moncalvo [Tizzani 1990, pp. 207-209].

Pianta ad aula allungata con piccolo coro.

S. Apollonia: a Castellazzo (dial. Castlàs. Castellaccio, 1469 [Tizzani 1990, p. 133]). Nel 1490 è indicata come parrocchiale la chiesa di S. Giorgio di Castellazzo (ma forse si tratta di una confusione con la non lontana chiesa di S. Giorgio di Castellino) [ASCCM, Arch. Dalla Valle, 296-3, f. 48v]. Nel 1577 la chiesa di S. Apollonia, ancora priva di campanile, è citata come parrocchiale e tale resterà fino al 1986; il beneficio parrocchiale era intitolato a S. Giorgio [ASDC, Vis. apost. Ragazzoni, 456-458, f. 90v; AD 1991, p. 205]. Fino al 1796 l'abbazia di Crea era responsabile del mantenimento della chiesa. Nel 1831 il falegname Francesco Conteo (o Contero) realizzò una credenza; al 1839-40 risalgono lavori alla chiesa e al campanile; del 1846 sono porta e balaustrata; del 1847 decorazioni pittoriche di Natale Monti [Tizzani 1990, pp. 39, 216-17]. Non è consacrata [AD 1974, p. 72].

Facciata neoclassica rivolta a ovest: quattro alte lesene reggono la trabeazione e il timpano triangolare. Un robusto campanile si eleva presso il lato sinistro del presbiterio. Sulla parete meridionale s'intravede un quadrante solare con stilo polare (muratore Stura, 1829), mal conservato. Interno ad aula rettangolare con due cappelle laterali. Una balaustrata marmorea (1846) separa l'aula dal presbiterio, che a sua volta è concluso da un'abside semicircolare; il cancelletto in ferro battuto della balaustrata presenta le lettere S e G indicative di S. Giorgio, titolare della vecchia parrocchia; lo stesso santo è rappresentato in un dipinto murale sulla parete di fondo dell'abside. L'altare maggiore fu realizzato in marmi policromi nei primi decenni del Novecento. Il coro ligneo porta la data del 1842. Nelle cappelle laterali vi sono altari marmorei a urna simmetrici (sec. XIX), con due gradini e colonne con capitelli corinzi reggenti trabeazione e frontone triangolare; entro la nicchia centrale sono collocate statue lignee settecentesche: a sinistra la Madonna del Rosario in veste dorata, col Bambino; a destra S. Apollonia. A lato dell'altare di S. Apollonia è murata una lapide del 1847 che ricorda il dott. Ignazio Porta-Bava (donatore dell'altare stesso e dei dipinti), il cui blasone è inciso con la data 1843 sullo schienale di un banco della chiesa. Le stazioni della Via Crucis sono stampe monocrome del sec. XIX.

Madonna della Neve (Madonna del Mulino): in regione Madonnina (dial. Madunin-a), terreno anticamente detto Spinetum. Fu costruita dalla popolazione di S. Jorio negli anni 1686-98, unitamente al nuovo mulino (ora trasformato in abitazione) per ricoverare la bella statua della Madonna del Mulino, che si trovava in una nicchia nel muro del mulino attiguo; lavori diretti da Paolo Bonelli, inaugurazione il 24/8/1698. Dall’inventario del 1895 risulta che un soldato monferrino catturato dagli Abissini di Menelik al ritorno aveva offerto in voto al ritorno il ceppo di ferro con cui era stato tenuto prigioniero [Tizzani 1990, pp. 43, e 221-28]. Restauro nel 1985. La porta è antica e proviene da altra sede; è stata sistemata nel 2003.

La facciata è preceduta da un porticato. La statua sotto il titolo di B. V. de Molendino, di terracotta, risale al sec. XVII [Tizzani 1990, p. 225]. L’altare è sormontato da stucchi con l’Eterno benedicente tra due angeli. Sono presenti vari ex voto.

Madonnina: in regione Madonnina. Costruzione iniziata nel luglio 1973, sul terreno donato dal conte Silvestro Brondelli di Brondello [Tizzani 1990, p. 231], progetto dell’arch. don Angelo Verri. Fu benedetta da mons. Carlo Cavalla il 3/8/1975 [AD 1991, p. 205; Moscone 2004, p. 70]. Via Crucis di rame sbalzato di Achille Corrado [Balbo 2000].

S. Rosalia: in località Guazzaura (dial. Uasàura) presso Castellazzo. Oratorio privato della famiglia Brondelli di Brondello. La devozione a S. Rosalia pare sia stata portata dal Battaglione Reale di Palermo, qui venuto a svernare nel 1745 [AD 1991, p. 205].

Chiesetta del cimitero: entro il perimetro del cimitero, presso la cascina S. Eustorgio, che ricorda il titolo della prima parrocchiale. Sulla parete di fondo fino ad alcuni anni fa era visibile un dipinto naif raffigurante la Madonna del Rosario, firmato C. Giavarra, cancellato da una recente ritinteggiatura.

S. Bernardo: si trovava all’estremo ovest del paese. Chiesetta votiva del 1670, nel 1748 aveva un’icona raffigurante la Madonna col Bambino e i Ss. Bernardo, Rocco, Gottardo e Pietro martire [Tizzani 1990, p. 241].

S. Grato: chiesetta campestre già citata nel 1584, ricostruita per un voto nel 1723. Si trovava tra Serralunga e Forneglio presso Conchetta (sulla strada per il cimitero). In ricordo dell'edificio scomparso, il 29/7/1824 fu eretto un pilone votivo [ASDC, Vis. apost. Montiglio, 456-459, f. 94r; Tizzani 1990, p. 242].

S. Giorgio: chiesetta votiva del 1650, distrutta; pilone votivo quadrato già presente nel 1900 sulla via per Gavanni [Tizzani 1990, p. 242]. Corrisponde alla chiesa di S. Giorgio di Cardalona, centro attestato fin dal 961, localizzabile alle attuali case San Iorio (San Iorio, 1355 [Sangiorgio 1780, p. 177]); fu censita negli estimi della diocesi di Vercelli, pieve di S. Cassiano, nel 1299 senza titolo e nel 1348 col titolo [ARMO, pp. 38, 112]; nel 1705 era in rovina [Settia 1983a, pp. 177-78]; la chiesa non è rappresentata in una mappa del 1766; le sue rovine risultavano ancora negli anni '70 del sec. XIX [Godio 1877, p. 24 n. 21].


1 L'ipotesi si deve a Massimiliano Caldera (conferenza: «Scelte figurative e personalità artistiche di una corte padana: Casale e il Monferrato ai tempi di Guglielmo VIII Paleologo», Casale M.to, 10/12/2021).