SCANDELUZZA
SCANDELUZZA
Dial. Scandlüssa. In valle
Scandeluciana, 988 [BSSS 28, doc. 111, p. 215].
Nel 1928 i comuni di Colcavagno
e di Rinco con Castelcebro, allora in provincia di Alessandria, vennero soppressi e accorpati al comune di Scandeluzza;
Colcavagno fu quindi scorporato e ricostituito in comune nel 1947
[Variazioni 1930, p. 7;
Variazioni 1950, p. 12]. Infine dal giorno 1/9/1998 i comuni di Colcavagno, Montiglio e Scandeluzza sono stati fusi nell'unico comune di Montiglio Monferrato, provincia di Asti [L.R. n. 65, 22/12/1997].
Abitanti: 245. Distanza da Casale Km 35 ‑ Altezza: m 274 s. m.
Parrocchia di S. Maria. Eretta nel 1589. Prima parrocchiale fu probabilmente S. Sebastiano;
nel 1474 passò dalla diocesi di Vercelli alla nuova diocesi di Casale (bolla
1/8/1474) [De Bono 1986, p. 40].
Rinco apparteneva alla diocesi di Asti; prima del 1577 faceva parte della
diocesi di Casale (ma forse vi rientrò già nel 1474, poco dopo Scandeluzza) [Settia
1991a, pp. 374-75]. Entrambe passarono temporaneamente dal 1805 al 1817
alla diocesi di Asti [Bosio 1894,
pp. 134-41]. Nel 1881 mons. Ferrè elevò la parrocchia a vicaria, aggregandovi le parrocchie di Rinco e Colcavagno;
il parroco pro tempore ebbe il titolo di pro‑vicario di Montiglio. Nel 1895 il
vicariato fu soppresso e il pro‑vicario ottenne il titolo di monsignor
cappellano col privilegio di vestire l’abito violaceo [AD 1991, p. 203].
Chiesa parrocchiale, S. Maria:
alla sommità del paese. La chiesa venne elencata nella pieve di
Castrum Turris senza titolo nel 1299, col titolo dal 1348, in unione con
la chiesa di S. Sebastiano [ARMO, pp. 39, 114, 237;
Cognasso 1929, p. 231]. Subentrò come parrocchiale alla
chiesa di S. Sebastiano probabilmente nel sec. XVI. Nel 1585 aveva copertura in capriate
ed era priva di sacrestia; un cimitero affiancato a levante non era più in uso. Primo parroco, dal
20/8/1589, fu Antonio Cocconito. La chiesa attuale consta di due parti di epoca diversa: abside e
presbiterio costituivano una chiesetta di erezione forse tardo-quattrocentesca (che a sua volta
aveva sostituito una precedente chiesa romanica); attorno al 1770 fu demolita la vecchia
facciata, ampliata la parte anteriore, fin quasi al limite del muraglione, mentre la parte
restante fu riutilizzata come abside, rialzata superiormente di un paio di metri per impostare
una volta. Nel 1818 vennero rifatti in stile neoclassico i tre altari. Nel 1840 l'edificio
venne ampliato sul lato sinistro realizzando una sacrestia e due cappelle. Altri importanti
lavori a metà sec. XIX: facciata completata nel 1853 (ingegner Secondo Vandero); affreschi
interni («Valente Pittore Cajo», scranni del
coro e arredo ligneo della sacrestia, restauro dell’altar maggiore in finto marmo (1854) e dei
due laterali (Tabacchi, 1860), bussola acquisita a Zanco (1860), nuova
pavimentazione in cotto (1862). Il 18/10/1862 mons. Nazari di Calabiana consacrò chiesa e
altare maggiore e padre Davide da Bergamo collaudò l’organo. Successivamente don Giovanni Bonelli,
scandeluzzese parroco di Rosignano, fece rifare a mosaico il pavimento del presbiterio e del
coro, completandolo con gradini in marmo di Carrara. Nel 1867 di fronte al battistero venne
eretto un nuovo altare predisposto per conservare le reliquie del patrono, S. Magno martire.
Nel 1908 fu rifatto in quadrelli di cemento colorato il pavimento della navata. Nel
1911 venne rinnovata la facciata. Nel 1919 fu inaugurata la statua di Maria Ausiliatrice.
Tra il 1922 e il 1924 vennero collocate le vetrate della chiesa. Nel 1949 fu posto in opera un tabernacolo
di sicurezza (ditta Giovanni Borri). Interventi di restauro furono effettuati nel 1949 e nel 1954.
Negli anni '60 venne restaurato il campanile, sulla cui sommità si costruì una cuspide piramidale.
Nel 1972, per problemi statici, si dovette demolire l'antica sacrestia; lo spazio liberato fu trasformato
in terrazzo [Cavallo 2000a,
pp. 11, 14-15; Alessio 2008, pp. 128-35].
La chiesa domina il paese dall'alto di un terrapieno contenuto da un muraglione.
Piccolo sagrato delimitato da un muretto, da cui si apre un’ampia vista. Modesta facciata
intonacata; sopra il portale, entro una nicchia, è posta una statuetta della
Madonna di Lourdes (1911). Alta abside rettangolare in mattoni a vista con qualche
concio di arenaria, tra cui si notano alcuni archetti monolitici romanici, di
ricupero, in parte decorati con sculture a rilievo. Sulla parete esterna di sinistra, nel sito
corrispondente alla sacrestia abbattuta, si vedono i resti di una pregevole edicola rinascimentale,
con un Cristo in Pietà (imago pietatis) scolpito nel frontone e un
versetto biblico (Isaia 53:5), che si trova riprodotto in altre immagini della passione
[Belting 1986, p. 222].
Interno ad una navata con cappelle laterali. Altar maggiore di scagliola, coro ligneo,
balaustra marmorea settecentesca. La chiesa conserva una tela di scuola del Moncalvo,
raffigurante S. Orsola con sei Sante; una tela collocata in controfacciata
effigiante la Madonna col Bambino tra i Ss. Sebastiano e Rocco (sec. XVIII);
una tela di pittore piemontese del primo quarto del sec. XVII rappresentante la
Madonna del Rosario, in cui la Vergine, circondata dai Misteri incorniciati da una pianta di rose, posa i piedi su uno
spicchio di luna, simbolo dell'Immacolata Concezione
e della vittoria di Lepanto; il quadro fa parte di una nutrita serie di versioni, probabilmente
copie di un originale torinese perduto, derivato da una stampa del 1588
[Natale
1985, pp. 419, 442; Rocco 2000,
p. 76]. Statua lignea settecentesca della Madonna del Rosario. Bel
confessionale degli inizi del sec. XIX [AD 1991, p. 203]. Il primitivo organo di Felice Maria Bruna, del 1828, fu
sostituito da uno nuovo costruito nel 1862 da Alessandro Collino, sul modello di
quello di Zanco; riparazioni di Giuseppe Lingua nel 1911
[Cavallo 2000a, pp. 11, 14].
S. Rocco:
nel centro del paese, non lontano dalla parrocchiale. Costruzione voluta dalla
confraternita omonima a metà sec. XVIII. Nel 1878 l'edificio venne ristrutturato:
si costruì il coro e fu rifatta la facciata. Nel 1881 venne eretto il campanile;
un concerto di tre campane fu fornito nel 1902 dal fonditore Roberto Mazzola
[Alessio
2008, pp. 218-20].
Il portale è affiancato da paraste e sovrastato da una finestra arcuata; timpano
triangolare. I prospetti laterali sono interrotti da lesene in cotto. Piccolo
campanile sul fianco destro. Entrata con tre scalini di pietra. Piccola aula
rettangolare con abside semipoligonale; presbiterio rialzato; altare in muratura
intonacata e dipinta; semplice coro ligneo semicircolare. Vi sono alcuni dipinti entro ricche
cornici di stucco dorato [Bravo
2002, pp. 219-20], e alla parete di fondo dell'abside una tela, ex voto della comunità, raffigurante la Madonna coi Ss. Rocco e Sebastiano e devoti (1633), molto arcaica [Ragusa 1999, p. 143].
S. Giuseppe:
nella piazzetta omonima. Nel 1725 l'edificio era ben conservato; accanto alla
porta d'ingresso si aprivano due finestre con inferriata; un'altra finestra a
mezzaluna era situata sopra la porta; l'altare aveva una «incona grande e buona
con cornice». Nel 1797, in occasione di alcuni restauri, fu rifatto l'altare
[Alessio
2008, pp. 220-21]. Chiusa al pubblico nel 1999 perché pericolante; è stata restaurata
con rifacimento del tetto, sistemazione delle pareti, del pavimento in cotto e
dell'altare, e riaperta al culto nel 2000.
Edificio di piccole dimensioni, ad aula rettangolare.
La porta d'ingresso è sopraelevata rispetto al piano stradale e si raggiunge
attraverso una scalinata. Non sono più presenti le finestre laterali in facciata,
ma solo un oculo sopra la porta. Timpano triangolare. Campaniletto a vela con
campanella. L'interno prende una tenue luce da due finestrelle con vetri colorati. L'altare appoggiato alla parete di fondo è in muratura stuccata e dipinta a finto marmo; la pala d'altare, a sua volta con cornice di stucco, è una tela datata 1826 raffigurante il Transito di S. Giuseppe.
S. Bernardino:
cappelletta all'estremo meridionale del paese. Costruita nel 1874, ampliando,
per il moltiplicarsi delle offerte, il progetto originale che prevedeva la
costruzione di un semplice pilone votivo. Nel 1874 veniva segnalato «un bellissimo
quadro ad olio rappresentante S. Bernardino da Siena» [Alessio
2008, p. 222].
S. Luigi Gonzaga:
poco dopo l'ingresso nel paese, sulla strada provinciale che porta al cimitero. Già appartenente ai conti Novellone Pergamo. Nel 1847, in seguito a lavori di
risanamento, fu richiesta la benedizione dell'edificio
[Alessio 2008, p. 223].
Piccola costruzione (m 8 x 5) ad aula rettangolare terminante con un coro più stretto; l'interno prende luce da finestrelle trilobate.
Ss. Fabiano e Sebastiano:
al cimitero, sulla strada per Murisengo. Corrisponde probabilmente alla chiesa
de Caxio - Cazia, che, pur trovandosi nell’area di pertinenza della pieve
di Montiglio, venne elencata negli estimi vercellesi sempre in unione con la chiesa
di S. Maria di Scandeluzza nella pieve di Castrum Turris: nel 1299 e
1440 col titolo di S. Stefano, nel 1348 col titolo di S. Sebastiano (non fu censita
nel 1354-57 e nel 1359) [ARMO, pp. 39-40, 114, 237;
Cognasso 1929, p. 231;
Bo 1980, pp. 220-21;
Rosada 1990, p. 288]. L'abitato di
Caxium si spopolò dopo il 1304, quando i signori di Montiglio e il marchese di
Monferrato costrinsero gli abitanti a trasferirsi entro la nuova
fortificazione costruita attorno alla chiesa di S. Maria di Scandeluzza
[Settia 1984, p. 294]. Dall'iscrizione
di una lapide murata all’interno nella parete settentrionale presso l'altare, a ricordo di restauri seicenteschi,
l’edificio risulterebbe essere stato
ricostruito nel 1427 e consacrato il 15/5/1429 (la lapide indica gli anni
427 e 429): l’intervento, improntato ad una cultura antiquaria con riproduzione
di elementi caratteristici originari, dovrebbe aver
interessato le murature laterali e la parte superiore dell’abside, comprese le
monofore, riutilizzando materiale di ricupero; fu rifatta anche la
porta sul fianco sud. Alcune parti nella muratura rimandano infatti al sec. XV:
le dimensioni dei mattoni, il fregio di rosette a stampo sulla porta sud, il cordolo
in cotto sotto gli archetti dell'abside. Allo stesso periodo risale l'affresco absidale.
Nel 1584 la chiesa, ormai divenuta campestre e cimiteriale, era già dedicata ai Ss. Fabiano
e Sebastiano. Al 1676 risalgono nuove riparazioni e la costruzione delle lesene
dell'aula. Un'altra lapide di fronte alla precedente sulla parete sud ricorda il
restauro del 1875 diretto da Edoardo Arborio Mella
[Macera 1984c, pp. 172-74;
Bonardi 1992, pp. 144-45].
L'altare fu realizzato nel 1829 da un certo Tabacco
[Alessio 2008, p. 202]. Nel 1911
la chiesa venne elencata tra gli edifici monumentali nazionali
[Alessandria 1911, p. 42]. Già nel
1960 erano evidenti grosse fessure nella muratura dell'abside. Nel 1979 l’abside fu puntellata;
successivamente si eseguì un cerchiaggio. Nel 1991, dopo un rinforzo delle
fondazioni, si sigillarono le lesioni e si effettuò un primo restauro
dell’affresco [Inzerra 1998, p. 353].
Edificio orientato, ad aula rettangolare irregolare (m 10 x 5 circa) con abside
semicircolare non perfettamente in asse. Della costruzione romanica (risalente al
sec. XII) restano la parte bassa dell’abside e del muro di fondo dell’aula, la base
dell’aula e alcuni elementi lapidei di reimpiego. Facciata a capanna (ricostruita dal Mella)
limitata da due paraste angolari, in mattoni a vista, con due coppie di conci a
fascia ai lati e due crocette in pietra sotto il timpano. Portale con arco
composto da tre ghiere in conci di pietra scolpiti; la ghiera intermedia poggia
su due coppie di colonnine. Sopra la porta si apre un oculo con cornice di
pietra. Le pareti laterali esternamente sono divise da lesene in campiture
diseguali. Nel lato sud c'è una porta tamponata con arco a sesto acuto. La
parete settentrionale è in mattoni e conci di pietra irregolari, e reca inseriti alcuni
archetti pensili di ricupero. Al termine delle pareti laterali due contrafforti
lievemente asimmetrici sostengono ai due lati la spinta dell'arco absidale e
costituiscono la parete di fondo dell'aula, realizzata in blocchi di pietra di
varie dimensioni, alternati a filari di mattoni; vi sono inclusi due capitelli
a fogliami e un frammento di archetto pensile. La parte alta, sopraelevata in un
secondo tempo, è in mattoni. Sui mattoni delle pareti esterne si leggono graffiti
datati dal XVII al XIX secolo. L'abside, costituita da conci di pietra e filari
di mattoni, è divisa in quattro campi da lesene in cotto; ha due monofore a doppia
strombatura. A coronamento corre un listello in cotto cui è sovrapposta una doppia
cornice di archetti pensili formati da elementi laterizi sagomati (riferibile al
sec. XV, o, più probabilmente, al rifacimento del Mella); infine vi è una
cornice di pietra lavorata a fogliami.
All’interno il tetto è a vista,
con travi decorate. Pavimento in mattonelle di cotto. Pareti intonacate, dipinte
con fasce a motivi geometrici (sec. XIX); lapidi (v. sopra). Arco trionfale a
sesto ribassato, con scritta sull’archivolto «Beati Qui in Domino Moriuntur»,
e firma nell’intradosso «Pifferi Cesare – 4 7bre
1876». Nel timpano soprastante è dipinto un medaglione con la Addolorata (sec.
XIX). Ampio altare in muratura stuccata e tinteggiata a finto marmo, su una pedana
in muratura [Macera 1984c, pp.
169-71]. Nel catino absidale si conserva un affresco d’influsso lombardo dei primi
decenni del sec. XV (1427?), raffigurante Cristo in mandorla, affiancato dai
Ss. Sebastiano e Fabiano, coi simboli degli Evangelisti, attribuibile ad
Antonio De Pilis, maestro attivo anche ad
Asti (S. Secondo), Viatosto (S. Maria) e Portacomaro (S. Pietro, datato 1406, dove compariva la
firma). Il nome de Pillis, qui letto nel 1817, non è più visibile [Ragusa
1998, pp. XX, XXXV, XLI].
S. Emiliano:
chiesa privata, situata circa Km 1 a nord-est dell’abitato, sulla sommità del
colle omonimo, presso un notevole complesso rurale. È possibile che la sua
origine sia successiva alla traslazione del corpo di S. Emiliano, avvenuta a
Vercelli attorno al 1000 [Ferraris
1984a, p. 498]. Le parti più antiche dell'attuale edificio risalirebbero però al
sec. XIII [Salerno 1984a, p. 175].
La piccola chiesa compare negli estimi vercellesi nel 1299 (pieve di Castrum
Turris) come «Capella sancti Emiliani ordinis hospitaliorum»
[ARMO, p. 39]. Nel 1302 era precettoria del priorato gerosolimitano di Lombardia
[Salerno 1984a, p. 177]. Nel 1348
e 1359 era ancora elencata tra i monasteri, i priorati e le prepositure regolari
della diocesi di Vercelli come casa
ospitaliera dell’Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme [ARMO, p. 117;
Cognasso 1929, p. 235]. Nel 1564
risultava essere semplice membro della commenda gerosolimitana di S. Martino di Buttigliera
d’Asti, e tale rimase fino alla soppressione dell’Ordine nel 1799. Nel 1630 veniva
indicata come «Madonna de’ campi». Un importante restauro con costruzione del portico anteriore fu
effettuato attorno al 1650; altre riparazioni poco prima del 1691
[Salerno
1984a, p. 177]. Nel 1874 si compì un’ulteriore parziale ricostruzione
della facciata e delle pareti laterali [Niccolini
1877, pp. 394-95].
Edificio orientato ad aula rettangolare (ca. m 9 x 6), con pronao e abside.
Paramento di mattoni; la facciata e la parete nord sono intonacati. Facciata a
capanna, verosimilmente rifatta nel 1874; pronao a due fornici con archi a tutto
sesto e colonna centrale di granito. Al centro, sotto il timpano, c'è una finestra
arcuata. Nella parete interna del pronao si
aprono una porta rettangolare e due finestrelle ovali. Alla
parete sud si collega un piccolo vano a pianta quadrata, aggiunto forse nel sec.
XIX (era già presente nel 1887, come risulta da una fotografia di Secondo Pia [Tamburini
1981, p. 90]). Nella prima delle due campiture meridionali è incluso un elemento
lapideo scolpito. Nella parete settentrionale è murato un altro concio di
pietra graffito a spina di pesce. L’abside semicircolare, in mattoni di tipo
medievale, venne verosimilmente rifatta nel sec. XIV; vi sono compresi due
semicolonne in conci lapidei e mattoni; tre monofore tamponate con arco a tutto sesto e
stipiti a più riseghe. Coronamento ad archetti pensili in parte lapidei
(di ricupero), in parte ricostruiti in cotto e in cemento, poggianti su dentelli
laterizi; nelle lunette di alcuni archetti si notano decorazioni scolpite
o rifatte in cemento
(conchiglie di Saint-Jacques, figure zoomorfe e fitomorfe, stella o fiore a
cinque petali). Al colmo sopra gli archetti pensili corrono tre filari di mattoni,
di cui il primo con disposizione a denti di sega
[Salerno 1984a, pp. 175-79].
S. Bartolomeo:
a Rinco, (dial. Rinc. Redingum, 981 [BSSS
28, doc. 103, p. 201]). L'edificio sacro si trova a breve distanza dal castello.
Della primitiva chiesa di S. Bartolomeo, di origine medievale (elencata nella pieve
di Montiglio dal 1299, col titolo nel 1348), e in rovina nel 1725, non resta che una
cappella nelle vicinanze del capoluogo [ARMO, pp. 40, 115; ASDC, Vis. past. Radicati, 470-485, fasc. 22, f. 694r; Bressano
1999, p. 54]. La chiesa attuale fu fatta costruire nel 1637 da Giandomenico Pallio, futuro conte di Rinco; venne
consacrata dal vescovo di Casale Scipione Agnelli il 9/5/1637 [Lomaglio
1937, p. 109]. Negli anni ‘50 del sec. XIX fu ricostruito il campanile
(capomastro Francesco Racheli) [Stobbione
2004, p. 30]; l’edificio venne rimodernato nel 1858 e riconsacrato da mons.
Luigi Nazari di Calabiana nello stesso anno. Sede di parrocchia da epoca imprecisata, unita «aeque principaliter» con Scandeluzza nel 1973; la parrocchia fu infine soppressa nel 1986 [AD 1974, p. 119; Decreto vescovile 30/6/1986].
Facciata articolata in due registri divisi orizzontalmente da una fascia marcapiano; la parte superiore comprende una finestra serliana ed è coronata da un frontone triangolare. Una scalinata precede il portale d'ingresso, a sua volta culminante con un timpano. La torre campanaria s'innalza presso il fianco sinistro della chiesa. Impianto interno ad aula con cappelle laterali; presbiterio-coro rettangolare, sopraelevato di due scalini e delimitato da una balaustrata marmorea. L'altare maggiore di marmo bianco con inserti di colore nero è opera di Giovanni Guarino (1858). Alla parete di fondo, al di sopra del coro ligneo, è collocata una tela seicentesca di scuola moncalvesca raffigurante la Madonna col Bambino venerati dai Ss. Domenico (col modellino della chiesa), Tommaso Apostolo, Lucia e Apollonia. Un'altra pala, tardo cinquecentesca, meritevole di restauro, presenta la Madonna col Bambino venerati dai Ss. Secondo d'Asti, Bartolomeo, Agata, Maria Maddalena e Antonio abate. Sul lato sinistro del presbiterio una lastra marmorea con lo stemma dei Pallio
indica la tomba di famiglia, utilizzata fino agli inizi del sec. XIX
[Lomaglio 1966, p. 127]. Gli altari laterali, ottocenteschi, sono decorati con stucchi; sono di pregio le tele del sec. XVII raffiguranti la Madonna del Rosario coi Ss. Domenico e Caterina da Siena e Cristo che porta la croce, venerato da S. Orsola e santa monaca. Notevoli anche i mobili
della sacrestia. Si celebra la festa il 24 agosto [AD 1991, p. 203].
Madonna della Guardia:
chiesetta campestre nella valle tra Rinco e Pavo. Fu costruita nel 1911
[Alessio 2008, p. 252]. In passato
presso la chiesetta c’era una fontana con acqua
potabile e un mulino. Nel settembre 1997 furono rubati una statua lignea della
Madonna (qui collocata nel 1911, e ora sostituita da una statua di gesso), alcuni candelabri ed ex voto
[Grignolio 1998b]. Si celebra la
festa il 29 agosto con molta partecipazione di gente proveniente dai paesi limitrofi [AD 1991, p. 203].
S. Maria:
nel cimitero di Rinco. Antica parrocchiale de Lora. Fu riedificata nel 1650 dal conte Giandomenico Pallio. Nel 1725 l'edificio era in buone condizioni; all'interno la volta centrale a cupola, così come i quattro pennacchi, erano decorati con dipinti tra cui si trovava l'immagine dell'Assunta; l'unico altare aveva un quadro antico raffigurante Maria Vergine con vari santi [Saletta 1711, vol. I, parte IV, c. 8r; ASDC, Vis. past. Radicati, 470-485, fasc. 22, f. 693v; Vis. past. Caravadossi, 473-488, f. 135r]
Il piccolo cimitero ha perimetro ovale e la chiesa, rivolta a nord-ovest, ne occupa il polo meridionale; ha paramento in mattoni. Facciata classicheggiante a due ordini con timpano e due coppie di lesene laterali, con pochi resti d'intonaco; portale lievemente aggettante con lesene e timpano spezzato; al secondo ordine si apre una piccola fine-stra serliana. Interno ad aula unica con coro di minore larghezza.
Madonna della Neve:
a Rinco, cappella presente nel palazzo adiacente al castello. Fu
costruita nel 1636. È consacrata. Conserva un altare ligneo intagliato del sec.
XVII [Lomaglio 1937, p. 112].
S. Grato:
a Rinco, in località Castelcebro, in passato detta anche Castel Leone (dial. Castiùn. Castrum Cibari,
1320 [Sangiorgio 1780, p. 114]).
Una piccola chiesa col titolo dei Ss. Grato e Antonio da Padova fu fatta erigere
presso il castello dopo il 1664 dal feudatario Spirito Donaudi
[Saletta 1711, vol. I, parte II, c. 171r].
Nel 1725 apparteneva da quasi un trentennio ai Pallio di Rinco; l'unico altare era decorato col quadro tuttora presente e dietro l'altare si trovava la piccola sacrestia [ASDC, Vis. past. Radicati, 470-485, fasc. 22, f. 694r; Alessio 2008, p. 251].
L'edificio è in buono stato di conservazione. La porta d'ingresso è preceduta da una breve scalinata. La semplice facciata, rivolta a nord-ovest, è intonacata e limitata lateralmente da due alte lesene, sorreggenti il timpano. Ai lati della porta si aprono due finestrelle rettangolari. Non c'è campanile. Il fianco destro della chiesa si appoggia a un edificio civile con arcata che si apre su un giardino interno, già parte del non più esistente castello. Impianto ad aula unica. Notevole la pala dell'altare, databile al periodo compreso tra il 1664 e il 1684, con bella cornice lignea scolpita e dorata, appoggiata su due gradini d'altare di legno similmente incisi e dorati e culminante con un timpano spezzato; la tela raffigura la Madonna coi Ss. Grato e Antonio da Padova; nella parte bassa è dipinto lo stemma della famiglia Donaudi, con una torre e il motto di famiglia «fortis sublimia speret».
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