SAN SALVATORE MONFERRATO
SAN SALVATORE MONFERRATO
Dial.
San Salvadùr. Ecclesia Sancti Salvatoris,
999 [MGH DD II/2, n. 323, p. 750; BSSS 145, doc. 35, p. 118]. Dubbia citazione
della chiesa in un diploma perduto di re Carlo III il Grosso datato 880-81 [Ferraris
1995, p. 155]). Il determinante Monferrato fu aggiunto nel 1863 [R.D. n.
1160, 1/2/1863].
Dal 1894 ha titolo di città. Nel 1972 una zona del territorio del comune di San Salvatore fu staccata e aggregata al comune di Alessandria [R.D. 30/12/1894; D.P.R. n. 1350, 14/12/1971].
Abitanti: 4404. Distanza da Casale Km 19. Altezza: m 205 s. m. Provincia di
Alessandria.
Parrocchia dei Ss. Martino e Siro. Fu pieve della
diocesi di Pavia, documentata dal 1217; passò alla diocesi di Alessandria nel 1805 e alla diocesi di
Casale nel 1806 [Canestri 1835, pp.
8-9; Settia 1991a, p. 373; Settia 1992, p. 120]. Nel 1885 dalla parrocchia di San Martino fu smembrata la nuova parrocchia di Fosseto.
Chiesa parrocchiale, S. Martino:
nel centro dell’abitato. Nel 1111 è citata la chiesa di S.
Martino in Zenzano (bricco Genzano, a nord dell’abitato, presso la
torre), in parte diroccata, appartenente alla diocesi di Pavia [BSSS 40, doc. 7, p. 10;
Settia 1974, p. 619 n. 30]. Il toponimo
(Zentiano) compare nel 962 [MGH DD, I, n. 252, p. 359]. Nel
1217 la pieve di S. Martino di Genzano era già sostituita dalla pieve presso il
castello di San Salvatore. Della chiesa di Genzano nel 1576 non restavano che
pochi ruderi
[Drago 1911, p. 41; Ricaldone 1980, pp. 47-52].
La nuova chiesa di S. Martino fu edificata nel sec. XV, forse sui resti di una
chiesa più piccola. Pare che l’attuale campanile sia anteriore alla chiesa e
coevo alla torre simbolo del paese (eretta nel 1409-14) [AD 1974, p. 132].
Fu chiesa collegiata, ma nel 1460 dei tre canonicati ne sopravviveva solo uno
[Toscani 2003a, p. 19].
L’elenco dei parroci inizia nel 1540.
Da rettoria fu trasformata in arcipretura attorno al 1564.
Nel 1565 la chiesa era una
grande costruzione ancora priva di pavimento e di volte
[Drago 1911, pp. 40-41; Toscani
2003b, p. 64]; le volte furono realizzate nel 1567 dai capomastri Franceschino Bianco
e Lorenzo Coppa [Bianchi 2013a, pp. 161-64].
L'edificio fu consacrato il 25/5/1578. La vecchia e la nuova sacrestia vennero
costruite nel 1576 e nel 1578 con materiale scadente
e sono state rinforzate da chiavi di ferro
[Gobbi 1965, pp. 118-19]. Nel 1585 fu stipulato un contratto con Francesco Bergoncini per la realizzazione del portale scolpito in pietra di Villadeati [Bianchi 2010, pp. 274-76].
Durante l'arcipretura di Giovanni Giacomo Leti, tra fine XVII e inizio XVIII secolo,
ebbe particolare risalto il culto di santi gesuiti.
Nel 1717 furono installate cinque campane
[Spriano 2004, p. 152].
La facciata originaria già restaurata nel 1822, nel 1907
fu ricoperta dall’attuale in cemento martellinato con basamento in granito di
Baveno e stipiti di Saltrio (capomastri Giuseppe e Giovanni Pellizzari, su disegno
dell’arch. Alberto Girola)
[Drago 1911, p. 40; Gobbi 1965, p. 120].
Un nuovo restauro della facciata fu realizzato nel 1998 (ditta Pagella). Nel 2005 fu rifatto il pavimento del presbiterio (studio Petitti).
L’ingresso è preceduto da una scalinata. La facciata è tripartita da quattro
grandi lesene e ha tre porte (quella di sinistra è però murata). Il portale
centrale culmina con una lunetta raffigurante la Madonna col Bambino in rilievo, a sua
volta sovrastata da una nicchia con un’imponente statua del Salvatore.
Sopra le porte laterali sono presenti altorilievi rappresentanti S. Martino e
S. Ciriaco, e, al secondo ordine, due trifore. In alto, sopra sette testine
d’angelo allineate, la facciata termina al centro con un timpano triangolare
culminante con un Crocifisso metallico; lateralmente vi sono due volute e
due grandi fiamme. L'imponente campanile in mattoni a vista si eleva sul fianco sinistro, lievemente arretrato rispetto alla facciata; ha sezione quadrata (lato di m 6). L’interno a tre navate è molto ampio (m 43-44 x 18), capace
di contenere 3000 persone. Pavimentazione in cementine esagonali di tre colori. La volta è sorretta da otto colonne
quadrilobate, di cui due incorporate nel muro del presbiterio. Gli
affreschi della volta (Elemosina di S. Martino, S. Martino in abito
vescovile, S. Ciriaco con la palma del martirio, Assunzione di
Maria) sono di Andrea Vinaj (1889-90), cui
si devono anche i quadri della Sacra Famiglia, di S. Isidoro e di
S. Crispino che si esponevano nei giorni della festa dei contadini e dei
calzolai [Gobbi 1965, pp. 123-24,
130]. Il presbiterio è sopraelevato di cinque gradini e delimitato da una
balaustrata marmorea. Imponente altare maggiore
di marmi policromi, con un rilievo raffigurante S. Martino e
un tronetto sorretto da quattro colonne; l'altare e la balaustra sono opera di
Giacomo Pellagatta (1767) su disegno di Giuseppe Caselli; il bel cancelletto di ferro battuto della balaustra si deve a Nicola Avalle (1770) [Di Majo 2010, p. 421].
L'altare rivolto al popolo, in marmo giallo reale, un seggio marmoreo e l'ambone,
decorato con una scultura in bronzo effigiante l'Elemosina di S. Martino,
sono opera di Giovanni Bonardi (2007).
Presbiterio e coro ricevono una luce soffusa da vetrate che raffigurano
S. Martino vescovo, il Miracolo della Madonna del Pozzo,
e S. Ciriaco, risalenti ai primi decenni del sec. XX
[Gobbi 1965, p. 131].
Tra ricche decorazioni a stucco si
trova un notevole ciclo di otto tele di diversa qualità, databili al 1696, che
presentano stemmi non identificati e i nomi dei donatori: Angelo Custode,
attribuito a Giacomo Paravicino detto il Gianolo; Morte di S. Francesco Saverio,
del Gianolo; Madonna di Caravaggio, di bottega del Gianolo; S. Giovanni
Battista, di pittore lombardo più modesto; S. Luigi Gonzaga (datato 1696),
del Gianolo; Martirio di S. Bartolomeo (datato 1696), di pittore lombardo (?);
Madonna del Pozzo, di pittore lombardo; Madonna del Suffragio (datato 1696),
del Gianolo. Al centro del coro è posta una tela più grande raffigurante la
Madonna col Bambino, S. Ignazio di Loyola e S. Filippo Neri, della bottega
del Gianolo [Barelli 1999, pp. 152-53;
Giuliano 2014, pp. 112-14]. Ad eccezione
dell'Angelo custode, restaurato nel 1999 (N.O.V.A.R.I.A. Restauri), le altre
tele sono state restaurate nel 2004 (ditta Marello e Bianco). Tra i quadri sono
collocati i busti dei Ss. Gregorio, Girolamo, Ambrogio
e Agostino; più in alto vi sono grandi statue di S. Caterina martire,
S. Ciriaco, S. Antonio, S. Siro, S. Pietro, S.
Carlo, S. Lorenzo e S. Francesco da Paola
[Gobbi 1965, pp. 123-24;
Spriano 2008, pp. 23-46],
e tondi dipinti con santi e profeti (di epoca successiva agli stucchi e alle tele)
[Barelli 1999, p. 152; Palmieri 2008a, p. 128].
In capo alla navata laterale destra si apre la cappella del Crocifisso, il cui grandioso
altare ha un Cristo in croce ligneo e un gruppo di statue in stucco, riapparse
dopo il restauro vivamente colorate e dorate
[Guerrini 2003, pp. 43-44],
rappresentanti Maria, l’Angelo custode e i Ss. Giuseppe,
Ignazio di Loyola e Francesco Saverio in veste di pellegrino; opera realizzata nei primi anni
del Settecento (ante 1707) dallo stuccatore intelvese
Giovanni Battista Gallo. Sopra la mensa, entro un sepolcro chiuso da un vetro,
è posta la statua lignea di Cristo deposto, con le braccia snodate, segno dell'utilizzo
durante la funzione dell'Entierro, solennemente praticata nel sec. XVIII.
Alla parete sinistra una lapide del 1706 ricorda Andrea Galvagno, possidente che
nel 1607 comprò la cappella e vi fu sepolto; nello stesso 1706 all'altare venne
eretta la Compagnia di Gesù Crocifisso (anche detta della Buona Morte) [Leti 1707,
p. 14 [1];
Gobbi 1965, p. 128;
Monti 2011, pp. 82-88]. Al di sopra
c’è una tela di fine Seicento raffigurante la Circoncisione di Gesù
con S. Ignazio, con lo stemma dei Galvagno. In capo alla navata sinistra c’è
la cappella del Rosario, decorata da Anacleto Laretto (1889-90)
[Gobbi 1965, pp. 125, 130], ricca
di un apparato di stucchi settecenteschi rococò (in sostituzione dei precedenti
dovuti al Moncalvo) [Bava 1999, p. 215] e di tele del Moncalvo (ca. 1605-10): all’altare grande pala (m 3.75 x 2.55), raffigurante la
Madonna del Rosario coi Ss. Domenico e Caterina da Siena, sormontata dal
Creatore; alle pareti laterali e sulla volta i 15 Misteri [Romano
1990, p. 9]. Nel 1770 venne pagato per restauro dei quadri della cappella
il pittore Costantino Borti di Roma [Di Majo 2010, p. 422].
Anche le cappelle laterali sono ricche di stucchi, databili agli ultimi decenni del '600; sul lato destro: a) altare di
S. Pietro (non si celebra), tela del Moncalvo
rappresentante l’Intercessione di Maria e dei Ss. Domenico e Francesco
[Romano 1968, p. 85];
b) S. Michele (o S. Giuseppe), altare in stucco (1677), tela raffigurante S.
Michele arcangelo che combatte Satana, di Giorgio Soleri (1574)
[Bianchi 2008, pp. 334-38;
Guerrini 2009, p. 99]; c) SS. Trinità,
tela con la Pentecoste (ca. 1650);
d) S. Lucia e S. Bernardo (o delle quattro vergini), tela del Moncalvo [Romano
1968, p. 85] raffigurante S. Bernardo da Mentone con le Ss. Cecilia,
Apollonia, Lucia e Margherita, con ricca decorazione in stucco di Andrea de Iberti
(1606) [Bianchi 2013a, p. 164].
Cappelle laterali di sinistra: a) battistero, chiuso da una bella cancellata in
ferro battuto; vi è un quadro di Andrea Vinaj raffigurante
Il battesimo di Gesù; sulla parete di controfacciata prossima al battistero,
nel corso di restauri (Giovanni Bonardi e Francesca Regoli, 2009) è tornato alla
luce un lacerto di affresco raffigurante il Battesimo di
Cristo, che ricorda opere giovanili del Moncalvo; b) Ss. Rocco e Sebastiano, tela del Moncalvo
raffigurante l’Intercessione dei Ss.
Rocco e Sebastiano [Romano
1968, p. 85]; c) SS. Maria col Bambino, con pregevole statua lignea
dorata, che si portava in processione nel mese mariano
[Grignolio 1993, p. 101]; d)
Immacolata, altare sormontato dalla bianca statua. Alla destra di questa
cappella c’è una nicchia vetrata con una bella statua lignea settecentesca della
Madonna del Rosario.
Due acquasantiere marmoree a colonna risalgono al sec. XVI. Pregevole pulpito intagliato sul cui fronte è raffigurata l’Elemosina di S. Martino.
Elegante tribuna dell’organo; l’organo è un Gandini, ed ha trasmissione pneumatico-tubulare
[Grignolio 1993, p. 104].
Da anni non è più utilizzato, ed è sostituito da un armonium situato presso l'altar maggiore
[Spriano 2008, p. 15].
In sacrestia si trovano mobili di pregio, un lavabo marmoreo e un quadro ritraente
S. Francesco da Paola, la cui elaborata cornice lignea comprende, entro il
timpano spezzato, lo stesso stemma che si ripete alla base del lavabo; nel secondo
emblema è scolpito il motto «ORIOR LETUS», riferibile a Giovanni Giacomo Leti (arciprete di S. Martino dal 1686 al 1715, autore di vari libri, tra cui una biografia
di S. Francesco da Paola). Si conservano pure una raffinatissima pisside-ostensorio dell'orafo
Jeremias Sibenbürger (1622-23), proveniente dal convento dei Cappuccini, donata dall’imperatrice Eleonora Gonzaga al frate cappuccino
padre Salvatore Bucci (segretario di padre Giacinto Natta durante una missione
diplomatica pontificia in Germania), e due belle pianete, pure
passate alla chiesa di S. Martino dopo la soppressione del convento dei Cappuccini nel 1802
[De Conti, VII, p. 55;
Gobbi 1965, pp. 127-28;
Barelli 1999].
S. Siro:
in via Ollearo. Già sede di parrocchia, fondata nel 1445 e soppressa nel 1986
[Toscani 2003a, p. 20; Decreto vescovile
30/6/1986]. Chiesa citata dal 1190 [Gasparolo 1896,
p. 204]. Nel 1269 era diroccata e fu donata
dal vescovo di Pavia al priorato mortariense di S. Andrea; venne censita negli anni 1321-24 nella diocesi di Pavia; nel 1476, seguendo le sorti dei mortariensi di S. Andrea, fu aggregata al priorato dei Canonici Regolari Lateranensi di S.
Maria di Castello di Alessandria, che provvedevano all'elezione del parroco
[Saletta 1711, vol. I, parte IV, c. 155r;
Gasparolo 1896, pp. 205, 207;
Gobbi
1965, pp. 59, 62; Rosada 1990, p. 74]. Inizialmente si trovava
fuori le mura, verso Castelletto Scazzoso; venne distrutta durante scontri armati
negli anni '30 del Quattrocento [Gasparolo 1896,
p. 206]; fu quindi ricostruita presso il castello e infine riedificata
entro le mura nel 1562 dai Canonici Regolari Lateranensi, in un’area non lontana
dalla sede della chiesa antica sul Poggio; alle spese della costruzione parteciparono il comune e la marchesa Margherita Paleologa, che concesse l'uso di materiali presi dal castello. Nel 1565 era ancora
priva di pavimento e volta. Venne consacrata il 25/5/1578 dal cardinale Ippolito de’ Rossi
[Toscani
2003b, p. 70; AD 1969, p. 81; Gallo 2019, p. 139]. Nel 1725 la chiesa, con tutte le sue pertinenze,
venne ceduta dai Canonici di S. Maria di Castello alla diocesi dei Pavia
[Gasparolo 1896, p. 210]. Nel 1871
fu portata alle dimensioni attuali con
la costruzione di presbiterio e coro; nel 1886 fu eretto il nuovo campanile; nel 1895
la chiesa venne affrescata e decorata
[Gobbi 1965, p. 137]; infine fu riconsacrata da mons. Barone nel 1898 [AD
1969, p. 81]. La facciata fu rifatta nel 1909 in cemento martellinato,
capomastri i fratelli Carlo e Alberto Ferraris
[Gobbi 1965, p. 138]. Negli anni 2013-14 fu restaurato e consolidato il campanile (studio Petitti).
Al di sopra del portale è posto un tondo col busto di S. Siro. L’interno a navata
unica prende luce da cinque grandi finestre arcuate laterali,
da due in facciata e da una nel coro. Sulla volta vi sono due scene affrescate (1885): nella
navata Angeli adoranti l’Ostia, e nel coro Angeli che attendono
S. Siro, con la frase attribuita a S. Siro «Hic vere populus Sancti
Salvatoris». L'altar maggiore ottocentesco in marmi policromi è sormontato da un Crocifisso in legno di sicomoro.
Oltre all’altare maggiore vi sono quattro finti altari laterali: a destra di Maria
Assunta e di Teresa del Bambin Gesù, a sinistra del Sacro Cuore e di S. Antonio
[AD 1991, p. 201]. Sul lato sinistro del presbiterio è collocata una tela rappresentante l’Adorazione dei
pastori, del Moncalvo in
collaborazione con la figlia Orsola (<1620) [Romano
1970, p. 99; Chiodo 2003, p.
51], proveniente dal convento dei Cappuccini (fondato nel 1619 e soppresso nel 1802)
[Gobbi 1965, p. 138]. Sul lato destro
del presbiterio è posta una tela di tardo XVI secolo raffigurante S. Defendente
tra i Ss. Zeno, Ubaldo, Agata, Apollonia, Onofrio e devoti. Il fonte battesimale
è situato alla sinistra della porta d'ingresso, racchiuso da un cancelletto; al
di sopra della bussola si trova la cantoria con l'organo.
Ss. Rocco e Sebastiano:
chiesetta attigua a S. Siro. Una piccola cappella di S. Rocco appartenente ai Disciplinanti
esisteva già nel 1565 [Toscani 2003b,
p. 91]. Costruita anch’essa dai Canonici Regolari
Lateranensi dopo la chiesa di S. Siro, con la quale aveva inizialmente in comune
il campanile, prima della costruzione del proprio. Fu sede di confraternita
[Gobbi 1965, p. 139].
L’altare marmoreo fu trasferito nella chiesa di S. Siro
[Spriano 2004, p. 189]. Rifacimento della copertura nel 2015 (studio Petitti).
Sul frontone sono rilevabili tracce di un quadrante solare privo di gnomone
[Mesturini 2008, p. 33].
SS. Trinità e dello Spirito Santo:
nel centro della città, addossata ad abitazioni. Chiesa antica, forse in passato parrocchiale
[Drago 1911, p. 41; Ricaldone 1980, p. 185].
Divenne in seguito sede dell’omonima confraternita. Verso la metà del
sec. XVIII fu rifatta quasi completamente. Nel 2006 fu effettuato il restauro con consolidamento e intonacatura del campanile (studio Petitti).
Navata unica voltata a botte ribassata; col transetto forma una pianta a croce latina a
"tau". Sull'incrocio si eleva il tiburio con cupola ottagonale, già affrescata
all’interno. L’altare marmoreo barocco ha un quadro seicentesco riproducente la SS.
Trinità. L’organo, collocato nel braccio destro del transetto, è del sec.
XVIII [Spriano 2004, p. 186].
S. Antonio
(chiesa dell’Ospedale): all’ingresso settentrionale della città, presso
l’Ospedale di Santa Croce, ora Casa di Riposo. Chiesa e convento di S. Antonio
fuori le mura furono concessi ai serviti dal Consiglio Comunale nel 1504
[Ricaldone 1980, p. 185]. Nel 1561
si iniziò la ricostruzione della chiesa conventuale (capomastri Zanino di Valenza,
Ludovico di Mede e Gerolamo di Urbino). I lavori procedettero a rilento; le volte
furono realizzate nel 1588 (capomastri
Pietro della Giovanna e Domenico Rigino) [Bianchi 2013a,
pp. 167-169]. Il convento fu trasformato nell'ospedale di S. Croce nel 1792. La
chiesa diroccata fu ricostruita nelle forme attuali nel 1822
[Drago 1911, p. 40]. Alcune statue e paramenti provengono
dall'oratorio di S. Michele (sconsacrato nel 1820 e demolito nel 1823).
L'interno è decorato con affreschi di Pietro Vignoli (1963): sulla
volta della navata SS. Eucaristia e Apoteosi di S. Antonio, sulla
volta del coro Fede, Speranza e Carità, alle pareti del presbiterio
Cena Domini e Gesù nell’orto. Inoltre quadri raffiguranti
S. Maria Mazzarello (cofondatrice
delle suore salesiane), S. Giuseppe e il Sacro Cuore. L’elegante
altare è sovrastato nel coro da una statua dell’Addolorata. Nel
presbiterio vi sono statue di Maria Ausiliatrice e di S. Giovanni
Bosco [Gobbi 1965, pp. 133-34].
All’ingresso della chiesa sono sistemate due tele raffiguranti S. Michele che
abbatte il demonio, del Moncalvo (ca. 1620-25) [Romano
1984, p. 540] e la Sacra Famiglia al lavoro, di Orsola Caccia [Romano
1972, p. 763].
Assunta:
situata presso il “Campanone”. Chiesa barocca risalente al sec. XVIII. Il
campanile fu rifatto nel 1905 su disegno del geom. Paolo Prati
[Drago 1911, p. 41; Gobbi 1965, p. 133].
L’edificio fu ripristinato negli anni settanta del sec. XX
[Ricaldone 1999, p. 824]. Nel 2003-2004 furono effettuati restauri della facciata, del campanile e del tetto (studio Petitti).
L’ingresso è chiuso da una cancellata. Facciata slanciata verticalmente, intonacata, scandita da quattro lesene ioniche su un unico ordine e culminante con un frontone centrale e due volute laterali. Il portale ha un timpano spezzato e un bel portone ligneo intagliato settecentesco; una falsa finestra rettangolare si trova sopra il portale mentre ai suoi lati vi sono due nicchie vuote. Il campanile, più recente, si innalza al lato sinistro della facciata. L'interno è riccamente decorato. Navata unica ornata con un bel
complesso di affreschi e di stucchi di fine sec. XVIII [Spantigati
1979, p. 21]. L’affresco della volta rappresenta l’Assunta.
Pavimento alla veneziana del 1868. L’altare e la balaustrata di marmo sono
rialzati rispettivamente di tre e di due gradini. Il coro ligneo intagliato risale al sec. XVIII. Alle pareti del presbiterio
entro nicchie sono sistemate otto grandi statue di Apostoli e Santi,
sorvolate da testine di angeli; al di sopra del coro, al centro, è posta una statua dell’Assunta
di stile rococò [Gobbi 1965, p.
132]. Sulle pareti della navata era in passato collocato entro cornici di
stucco un ciclo di sei tele (ora ritirate in altra sede), raffiguranti scene
della vita della Vergine e di Cristo, attribuite a Giacomo Paravicino, detto
il Gianolo, e bottega, databili a fine XVII - inizio XVIII secolo, restaurate nel
1982, di cui tre (Assunta, Nascita della Vergine e Sposalizio
della Vergine) derivano da incisioni del Maratta [Barelli
1999, p. 154; Gattoni 2014, p. 43;
Giuliano 2014, p. 111]. All’altezza del cornicione vi sono quattro angeli per lato in pose diverse
[Gobbi 1965, p. 132].
Immacolata: a Valdolenga (dial. Uadlènga).
Fu edificata nel 1822
[Drago 1911, p. 41].
Facciata rivolta a sud, in mattoni a vista, come le restanti pareti esterne; il campanile è lievemente arretrato rispetto alla facciata, sul fianco sinistro. Impianto ad aula rettangolare con abside semipoligonale. La volta è decorata con pitture a secco tra cui campeggia la figura dell'Immacolata.
S. Defendente: a Frescondino (dial. Frascundìn. Frescondinum, 1442
[Ricaldone 1980, p. 85]).
Grande chiesa edificata nel 1820.
Campanile del 1908, progettato dall'arch. Alberto Girola
[Drago 1911, p. 41].
Facciata neoclassica rivolta a sud. Pianta rettangolare con abside semicircolare. Il campanile si eleva posteriormente alla chiesa, sul lato sinistro.
A fianco dell’edificio vi sono locali un tempo occupati dal custode; il
vano a pianterreno era aula scolastica, e ora è utilizzato come sala riunioni [Spriano
2004, p. 188].
Maria Ausiliatrice e S. Giuseppe:
alla Gabina (dial. la Gabìn-a). Chiesetta campestre eretta nel secondo decennio del Novecento su iniziativa della signorina
Emilia Mossi, per la protezione dei soldati in guerra [Gobbi
1965, p. 135; Spriano 2004, p.
189].
Aula rettangolare con campanile che si eleva sul lato destro della parete di fondo.
S. Francesco Saverio: a Salcido (dial. Sàus).
Piccolo edificio a pianta rettangolare (m 9 x 6), esternamente in mattoni a vista; facciata a capanna, campaniletto a vela sul tratto posteriore del fianco sinistro. L'interno prende luce da tre finestre semicircolari nelle pareti laterali e da altre tre finestre che si aprono in facciata. Una moderna balaustrata bianca separa l'aula dal presbiterio; l'altare è in muratura stuccata e tinteggiata di bianco. Alla parete di fondo è appesa una tela di recente fattura che raffigura S. Francesco Saverio predicante in Oriente.
Addolorata:
sulla strada per Lu. Cappelletta frequentata soprattutto nelle processioni.
È stato rubato un quadro della Madonna, donato dalle figlie del dott.
Barco [Spriano
2004, p. 189].
S. Andrea,
cappella nel cascinale omonimo, a sud-ovest del paese. Fu almeno dal 1134
chiesa del priorato mortariense di S. Andrea, cui nel 1269 venne aggregata la
chiesa di S. Siro. Nel 1476 il priorato, con l'annessa chiesa di S. Siro, fu
incorporato nel priorato di S. Maria di Castello di Alessandria dei Canonici
Regolari Lateranensi
[Gobbi 1965, pp. 59, 62;
Maccono 1928, pp. 63-65;
Fonseca 1966, p. 378]. Dal XV secolo
viene spesso indicata come facente parte del territorio di Castelletto Scazzoso
[Gasparolo 1896, pp. 206 sgg.].
Edificio attualmente utilizzato a uso profano. Negli ultimi decenni è stata restaurata la facciata
e, in corrispondenza della porta d'ingresso, si è realizzata una piccola cappella semicircolare con altare
che ha ripreso ad essere officiata [Spriano 2004, p. 189],
mentre l'ambiente che costituiva l'aula, privo della parete di fondo, è impiegato come fienile.
S. Giovanni Battista,
costruzione ridotta a legnaia nel cascinale Squarzolo, a sud-ovest del paese
[2]. Non se
ne conoscono notizie storiche. La dedicazione si ricava da un dipinto murale del
1914 presente in facciata sopra il timpano triangolare che, con un oculo, marca
la porta d'ingresso; S. Giovanni Battista, riconoscibile per la presenza
del nome con l'ecce Agnus Dei in un cartiglio, è curiosamente ritratto come
un pellegrino. La facciata è rivolta a sud-ovest. L'edificio spicca per la sporgenza
sul lato opposto di un'abside semicircolare in laterizio. L'interno è spoglio,
con ampi distacchi di intonaco. Nell'aula rettangolare quattro pilastri delimitano
un'area centrale quadrata con volta a padiglione e due anguste navatelle laterali.
Al centro dell'abside, al di sopra dello spazio un tempo occupato dall'altare,
resta una cornice in stucco modanata.
Santuario Madonna del Pozzo:
situato circa 1 Km ad est del centro abitato, sulla strada per Frescondino.
Chiesa eretta per ricordare il miracoloso salvataggio del soldato spagnolo
Martino de Nava da parte della Madonna, avvenuto il
15/5/1616 [AD 1991, p. 201]. La costruzione iniziò il 15/4/1617; fu ampliata agli inizi del '700
[Gilardi 2008, p. 43] e nel
1732 con l’erezione dell’Opera per gli esercizi spirituali. Nel 1768 il mastro
Giovan Battista Trezzino (Trezzini) decorò le
pareti incorniciando in stucco vari quadri ricevuti in dono in quegli anni. Un
campanile a sezione triangolare (non più esistente) fu costruito nel 1777 [Roncati
1926, pp. 20-22]. Nel 1811 fu sistemata una balaustrata di marmo
proveniente dalla chiesa di S. Michele, da poco soppressa [Spalla
2000, p. 51]. Nel 1870-71 Edoardo Arborio Mella diresse lavori di restauro [Spalla
2000, p. 70]. Nel 1910 Rodolfo Gambini affrescò la
volta con la Madonna in trono col Bambino e San Salvatore sullo sfondo [Spalla
2000, p. 71]. Nel 1925-26 fu edificata la grande ala a ovest della chiesa
e il porticato anteriore. Nel 1940-45 il santuario venne occupato da gruppi
militari [Spalla 2000, pp. 79-81].
Una nuova importante ristrutturazione iniziò nel 1946, diretta dall’arch. don
Angelo Verri: caseggiato e chiesa furono
ampliati nelle porzioni anteriori, vennero eliminati gli stucchi del sec. XVIII,
lasciando solo i sei quadri ovali del presbiterio, ciascuno col nome del
donatore: sul lato sinistro, opere del pittore Morelli, Visitazione
(1766), Presentazione al Tempio (1768), Assunzione (1768); sul
lato destro, di Morelli Nascita della Vergine (1768), senza firma e data
Circoncisione e Immacolata. L’interno fu rivestito di marmi; venne
collocata una Via Crucis di Giovanni Rovero (1952 o 1959)
in ovali ad olio incorniciati da nuovi stucchi; fu edificata la cappella del
Pozzo, direttamente collegata alla chiesa; fabbricato e facciata della chiesa
vennero rialzati; nel timpano fu collocato un mosaico in tessere policrome di
vetro di Murano con la scena del miracolo (Giovanni Rovero, 1959); l’orto fu
trasformato in chiostro con porticato sui quattro lati [Spalla
2000, pp. 89-91; Baldizzone
2005, p. 133]. Al 1966 risalgono nuovi lavori; il quadro di Giorgio Alberini fu traslocato
dall’altare maggiore alla cappella del Pozzo; al suo posto fu collocata una
scultura di legno riproducente il miracolo, di Luigi Antonio Mussner; venne
completato il porticato anteriore; la cappella del Pozzo fu decorata in stile
pompeiano [Spalla 2000, p. 93]. Dal
1946 fino al 1977 furono custodi i Benedettini Olivetani; a loro subentrò la Pia
Unione dei Missionari della Fede che lasciò il santuario in data 11/4/1983. Il
grande edificio circostante fu quindi trasformato in casa di riposo, inaugurata nel 1988
[Spalla 2000, p. 103].
Al 2007 risalgono l'altare rivolto al popolo di marmo giallo reale, l'ambone e
la sede, opere di Giovanni Bonardi [Bonardi 2009].
Il Miracolo del pozzo, una delle opere migliori di Giorgio Alberini (1622), venne
rubato il 18/8/1983 [AD 1991, p. 282]; ora è sostituito da una copia di Pietro Vignoli;
furono sottratti anche la Crocifissione di Fumagalli, due quadri di
Morelli e quattro quadri di minore
valore [Spalla 2000, pp. 99-100].
Nella primitiva cappella si trova il pozzo con parapetto in mattoni, protetto da
una grata e da un cristallo; sull’altare vi è la copia della tela di Giorgio Alberini;
alle due pareti sono affissi numerosi ex voto. Il vero e
proprio santuario è adiacente: ambiente allungato ed ampio, con lesene di marmo nero, due
confessionali a fil di muro con le tendine rosse. Sull’altare di fondo è
disposto un gruppo in stucco tenuemente colorato raffigurante la scena del
miracolo. Intorno al presbiterio sono poste entro cornici di stucco le sei tele
datate 1766-68. Sulla volta c’è l’affresco di Rodolfo Gambini (1910)
[Grignolio 1994, p. 103].
1 L'indicazione bibliografica si deve a Domenico Cavalli (2013).
2 L'esistenza dell'edificio è stata segnalata da Domenico Cavalli (2013).
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