SAN MAURIZIO
SAN MAURIZIO
Dial.
San Murìssiu.
Sanctus Mauricius de Cassolis, 1299 [ARMO, p. 36].
Abitanti: 500. Distanza da Casale Km 10 ‑ Altezza: m 160 s. m. Frazione di
Conzano, provincia di Alessandria.
Parrocchia di S. Maurizio. Eretta nel 1818 [AD 1969, p. 80] per opera del conte Pio Gerolamo Vidua.
Chiesa parrocchiale, S. Maurizio. La chiesa primitiva sorgeva nell’abitato scomparso di
Caselle (situato più a valle, a nord del cimitero). Fu censita nel 1299 col titolo
nella pieve di Mediliano; nel 1348 e 1359 in quella di S. Pietro di Giarole [ARMO, pp. 36, 108; Cognasso 1929, p. 222]). Agli inizi del sec. XV era officiata da
tre religiosi del Terzo Ordine di S. Francesco, che vivevano in un tugurio
presso la chiesa; per mancanza dei fondi necessari alla riparazione
dell'edificio sacro e del romitorio, i tre religiosi fecero ricorso a Papa
Martino V, il quale il 25/3/1419 emise un breve con cui accordava indulgenza di
un anno e quaranta giorni a chi avesse contribuito all'attuazione dell'opera. Per
concessione di Giangiacomo, marchese di Monferrato, la nuova chiesa e il convento
vennero fondati nel 1422 e si costituì una comunità di padri Minori Osservanti
di S. Francesco, che fu però ufficialmente autorizzata dal papa solo nel 1430
[Alghisi, parte II, libro I, n. 39;
Wadding, X, pp. 28, 172;
Ferrero 2020, pp. 48-50]. Nel
1437 vi fu sepolta Sofia, sorella di Giangiacomo e moglie ripudiata di Giovanni VIII Paleologo, imperatore
d’Oriente [Sangiorgio 1780, p. 291],
e nel 1450 la marchesa Giovanna; nella chiesa ebbero sepoltura anche alti dignitari di corte e loro famigliari [Ferrero 2020, pp. 51-52]. Il complesso di S.
Maurizio fu sede di noviziato; vi si tennero
diversi Capitoli Provinciali, il primo nel 1453. La chiesa venne ricostruita nelle
forme attuali tra il 1485 e il 1496 [1]; il nuovo edificio fu consacrato nel
1525 dal casalese Vincenzo Boverio, vescovo di
Noli. La comunità religiosa, già appartenente alla Provincia monastica di
Genova, nel 1594 passò alla Provincia di nuova costituzione di S. Diego. Nel 1642 il convento fu saccheggiato da
truppe francesi e nel 1647 da truppe spagnole [De Conti, VIII, pp. 27, 95, 97;
Morati 2004]. Nel sec. XVIII si
rialzò di un ordine il campanile e si rinforzò la chiesa, riducendo le
semicolonne interne a pilastri rettangolari e trasformando alcuni archi acuti in
archi a tutto sesto [Serrafero 1966]. La porta in legno intagliato che dà accesso alla sacrestia e alla casa parrocchiale è datata 1719 [ICCD 0100170376].
Il convento, abitato da 19 frati, fu confiscato nel 1802 e ceduto nel 1809 al conte
Pio Vidua, che contribuì nel 1818
alla fondazione della parrocchia e dispose nel testamento il trasferimento del
convento al vescovado di Casale, esclusa la parte già ceduta alla parrocchia
[Notario 1980, p. 295;
Scarrone 2001, p. 21].
I frati rientrarono nel 1816, ma furono definitivamente
allontanati con la soppressione del 1866 [Niccolini
1877, p. 113]. Negli anni 1965-67 la chiesa venne restaurata:
fu scrostato l’intonaco dalla facciata, scoprendo il paramento in mattoni, il
rosone e le due monofore; fu abbattuto un fabbricato addossato alla chiesa e
vennero riparati il fianco sinistro, il campanile e l’interno [Serrafero
1966]; fu inoltre gettato il nuovo pavimento in gres rosso [Scarrone
2004, p. 118]. Tra il 2007 e il 2010 sono stati restaurati vari
altari laterali ricuperando le decorazioni originali
(restauratori Francesca Regoli e Giovanni Bonardi).
È un bell’esempio di architettura tardo-gotica. Ha facciata rivolta a ovest, a doppio saliente in mattoni a
vista, tripartita da quattro contrafforti e coronata da cinque pinnacoli;
protiro e rosone centrali, due monofore ai lati. Abside semipoligonale. Impianto a
croce latina con tre navate, divise in quattro campate con volte a crociera
cordonate e archi a tutto sesto poggianti su fasci di colonne dai capitelli
cubici. L’altare maggiore in marmi policromi è datato 1743; la balaustrata è coeva. Al di sopra dell'altar maggiore, lateralmente, sono appesi due reliquiari costituiti da eleganti armadi angolari pensili con timpano spezzato e putti (sec. XVII). Coro ligneo intagliato del 1752; il leggio da coro è datato 1831 [Niccolini 1877, p. 131;
Di Majo 2010, p. 465]. Al
centro dell’abside è collocato un dipinto ovale con S. Maurizio orante
sollevato da angeli (sec. XVIII). Ai due lati del presbiterio sono collocate entro cornici di stucco quattro tele seicentesche di mediocre fattura, raffiguranti la Maddalena (tela di dimensioni ridotte rispetto alla cornice), S. Pietro d'Alcantara, S. Giovanni da Capestrano e S. Bonaventura.
Gli altari laterali, seicenteschi,
presentano notevoli soluzioni architettoniche sempre diverse, con fastigi in
stucco riccamente decorati, colonne semplici o tortili, cariatidi, putti,
decorazioni floreali, delicate cromie; curiosi alcuni mascheroni presenti talora
ai lati della mensa [Regoli 2010, p. 2].
Lato sinistro: a) al primo altare, di patronato dei conti Vidua, è posta una pala
con S. Diego orante, alla cui base si legge: «Aug. Morus veron. pictor | fecit anno
1594 die X | 9bris in arce nova casalens[i]». A S. Diego fu intitolata nel
1594 la nuova provincia francescana cui appartenevano i conventi del Monferrato. A fianco dell'altare,
in controfacciata, è collocato il monumento funebre del conte Carlo Vidua (morto
nel 1830), opera dell’arch. Carlo Mosca e dello scultore Angelo Bruneri, con dotta epigrafe dettata dal
conte Michele Provana [Niccolini
1877, p. 115; Vitullo 1961,
p. 14]; b) S. Giuseppe, con statua del santo nella nicchia; c) S. Antonio, con
statua del santo; come suggerito dalla scritta sul cartiglio
(«Quis ut Deus»), l'altare in passato era dedicato a S. Michele; d) Sacro Cuore, con statua
nella nicchia; la scritta nel cartiglio («Aegri surgunt sani») indica che in precedenza
l'altare era dedicato a S. Antonio da Padova. Nel recente restauro
(Francesca Regoli e Giovanni Bonardi, 2010) è stata ritrovata la protezione lignea
originale della pietra sacra d'altare, con la scritta «Sancti Mauritij 1595».
Altari della navata destra: a) al primo altare, in parte coperto dal ciborio
battesimale ligneo scolpito, è posto un grande dipinto a tempera su tela di Martino Spanzotti, rappresentante l’Assunzione
della Vergine (<1486), prototipo di raffigurazioni dell’Assunta di cultura
franco-piemontese; è stato restaurato nel 1979-80 da Pinin Brambilla Barcilon,
ma non è ben conservato per la tecnica usata e la completa ridipintura subita in
passato [Venturoli
1985, pp. 97-99]; b) Madonna del Rosario, con bella statua della Madonna
col Bambino (sec. XVII), entro la nicchia centrale di un antico altare ligneo (sec. XVI). Nella parete
di fondo della cappella, ai lati di due cariatidi di stucco che sorreggono il
fastigio, sono visibili affreschi tardo cinquecenteschi raffiguranti S. Cristoforo
col Bambino e Momboto, leggendario martire della legione
tebea [Alessio 1903, pp. 22, 45]);
c) S. Francesco d'Assisi, tela raffigurante l'Apparizione di Cristo e della
Vergine a S. Francesco, attribuita a Giorgio Alberini (?), con cornice lignea originale
(sec. XVII) incastonata nell'apparato decorativo di stucco dell'altare (sec. XVIII)
e sovrastata dalla scultura lignea del Padre Eterno, che in origine era
fissata al culmine della cornice [Regoli
2010, p. 4]. Ai lati dell'altare sono poste entro cornici di stucco le
riproduzioni di due tavole della scuola di Spanzotti, la Natività e S.
Chiara con S. Vescovo; d) Addolorata: sul cartiglio è indicata la data di
realizzazione dell'altare, 1677; al centro è collocata la coeva statua della Madonna dei
sette dolori; lateralmente sono poste due tavole quadrilobate raffiguranti
santi francescani, di scuola moncalvesca [Regoli
2010, p. 2].
In capo alle navate laterali sono collocate entro pregevoli cornici di stucco due tele seicentesche: a sinistra il Matrimonio mistico di S. Caterina e a destra una tela dipinta da entrambi i lati con santi francescani. Il pulpito ligneo è datato 1717. L’organo di Giovanni Mentasti (ca. 1880), è
stato potenziato nel 1968 [Scarrone 2004,
pp. 140-42]. Presso l'ingresso sono poste due acquasantiere a fusto di marmo (sec. XVI) con coperchio ligneo scolpito. Bella sacrestia barocca con pregevoli mobili in noce dei fratelli Gattinara
(1730) [Serrafero
1966; Scarrone 2004, p.
119]; notevole una piccola tela raffigurante Tobiolo intento a curare gli
occhi del padre (sec. XVII). Alle pareti ci sono affreschi seicenteschi di mediocre
qualità.
Non si trova più nella chiesa il Trittico della Natività, della bottega di
Martino Spanzotti (Aimo Volpi?) (>1502): uno
scomparto (quello di sinistra, con S. Francesco e l’arcangelo Gabriele)
è al Museo Borgogna di Vercelli (acquistato fin dal 1865), gli altri due
pannelli (Natività e S. Chiara e Santo
Vescovo) furono rubati la notte del 20/10/1958 dalla cappella di S. Francesco
(insieme con due opere
minori, due turiboli, una pisside, un calice d’argento, un vaso di stagno del
Battistero e la corona della Madonna dalla sacrestia); le due tavole furono
ritrovate l’anno successivo in tempi diversi presso antiquari di Milano e
vennero affidate in deposito al Museo di
Casale dalla sovrintendente Noemi Gabrielli. Proviene dalla chiesa di S.
Maurizio anche la tavola con la Crocifissione e Dio Padre nella lunetta,
attribuito alla bottega dei fratelli Volpi, in deposito presso il Museo di
Casale [Venturoli 1995, pp. 153-54;
Grignolio 1999].
Sul lato destro della chiesa si è in parte conservato il chiostro: ha basse colonne
poligonali e lunette affrescate di fine XVI - inizio XVII secolo (varie scene, tra cui Orso,
Vittore e 66 militi tebei decapitati che reggono il proprio capo, episodio
ricordato anche da un’iscrizione sottostante)
[Grignolio 1993, p. 100].
1 Conferenza di Bruno Ferrero (San Maurizio di Conzano, 2/3/2014):
«Il convento e la chiesa di San Maurizio di Conzano: da insediamento irregolare
dell'Osservanza francescana a centro di irradiamento del francescanesimo nel Casalese». Si veda inoltre la pubblicazione successiva dello stesso studioso [Ferrero 2020, pp. 56-58].
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