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ROSIGNANO MONFERRATO

ROSIGNANO MONFERRATO

 

Dial. Aržgnàn. Ruscinianum, metà sec. X [Ferraris 1938, p. 92]. Il determinante Monferrato fu aggiunto nel 1863 [R.D. n. 1160, 1/2/1863].

Abitanti: 800. Distanza da Casale Km 10 ‑ Altezza: m 283 s. m. Provincia di Alessandria.

Parrocchia di S. Vittore. Eretta il 4/4/1653. La vasta pieve di S. Vittore (o S. Giovanni Battista?) risalirebbe ai secoli VI-VII [Ferraris 1984a, p. 682]; fortemente tradizionalista, conservava in un antichissimo messale l’elenco delle chiese che le erano soggette e fin nel sec. XV aveva mantenuto al clero plebano l’uso della nomina dei titolani (cioè dei titolari della pieve e delle chiese dipendenti). Da Rosignano provengono i due fogli in pergamena superstiti del cosiddetto codice Vercellensis dell’Imitazione di Cristo (sec. XV, Archivio Capitolare di Vercelli), segno che la pieve aveva una sua tradizione letteraria [Ferraris 1995, pp. 48, 188]. La prima citazione del titolo di S. Vittore risale al 1343 [Nicodemi 1907, pp. 175 e 180]. L’antica pieve sorgeva sull’attuale strada per San Giorgio agli Airali (presso il peso pubblico, area ancora oggi detta Peva), dove era situato il primitivo centro abitato; rovinò nel corso del sec. XVI (negli anni 1545 e 1555 alcuni edifici agli Airali furono demoliti per fortificare il borgo); nel 1566 il vescovo Scipione d’Este in visita pastorale, trovando la chiesa diroccata, ne sollecitava la ricostruzione, senza successo. Il culto di S. Vittore venne trasferito alla chiesa di S. Giovanni Evangelista, che fu parrocchiale dal 1555 circa al 1653 e tra il 1766 e il 1828 cambiò di nuovo titolo in S. Antonio Abate [Cappellaro 1984, pp. 255-60]. La parrocchia passò dalla diocesi di Vercelli alla diocesi di Casale fin dal 1474 [De Bono 1986, p. 34].

Chiesa parrocchiale, S. Vittore: una chiesa di S. Maria dei frati carmelitani con cimitero è citata nel 1449 [ASAl, NM, Gerardo Grassi, m. 2090, 12/7/1449]; venne riedificata nel 1481 dai carmelitani a fianco del convento, col contributo della comunità, mantenendo il titolo di S. Maria del Carmine. Fu consacrata il 2/5/1507, «al tempo del priorato di fra Cristoforo da Rosignano» (lapide in antico sulla facciata, dal 1823 murata dietro l’altare maggiore e non più visibile). I frati aderirono alla riforma scalza della seconda metà del sec. XVI. Il convento, col favore della popolazione, acquisì un grande prestigio in Rosignano, giungendo a ledere le prerogative del parroco. Dopo anni di tensioni, il 4/4/1653 un decreto del papa Innocenzo X soppresse il convento carmelitano, annullando le resistenze dei monaci, che vennero allontanati con la forza, e trasferendo ogni proprietà alla parrocchia. La chiesa di S. Maria del Carmine divenne allora la nuova parrocchiale e mutò il titolo nell'attuale S. Vittore, a ricordo dell'antica chiesa pievana di Rosignano. Nel 1656 vi fu trasportato l'altare della Madonna del Rosario con la statua della Madonna dell'Assalto dalla precedente parrocchiale di S. Giovanni Evangelista, che a sua volta aveva assunto la nuova intitolazione di S. Antonio Abate. Nel 1665 il Consiglio della Comunità tentò invano di riportare a Rosignano i carmelitani [AD 1974, p. 122; Cappellaro 1984, pp. 262-66; Chiesa 1988, p. 166]. Nel 1668 il coro della chiesa di S. Vittore era pericolante. Restauri furono realizzati nel 1710; nel 1714 venne restaurata la cappella della Madonna del Rosario, nel 1717 la cappella dell'Addolorata. Verso la metà del XVIII il viceparroco don Stefano Cantamessa progettò un rifacimento della facciata (mai realizzato) con alto campanile centrale (il disegno è riprodotto in un ritratto del sacerdote) [Rosignano 2005]. Nel 1758 si affidò il rinnovo della facciata ai capomastri Tua e Bellotto, opera poi ripresa nel 1823 a spese dei parrocchiani. Un vecchio organo del 1608 fu ricostruito nel 1767 (con esito insoddisfacente) da don Angelo Maria Capra. Nel 1860-61 Edoardo Arborio Mella diresse restauri dell’interno; il pavimento fu ribassato di 2.2 metri e vennero eliminati gli altari minori. Nel 1907 fu rinnovata la facciata, su disegno dell’ing. Giuseppe Alzona, basato sul progetto del Mella; decorazioni interne dei fratelli Aceto  (parte superiore), Luigi Morgari, Baroni e dei fratelli Ponsetti [Cappellaro 1984, pp. 269-71]. Nel 1911 la chiesa fu elencata tra gli edifici monumentali nazionali [Alessandria 1911, p. 41]. Nel 1930 fu inaugurata una lapide in onore di G. Marchisio (benefattore nel 1630). Nel 1939 fu posato un mosaico pavimentale sotto la balaustra [Cappellaro 1984, p. 406]. Il tetto venne danneggiato da una tromba d'aria nel 1985; danni al campanile settecentesco e al coro furono provocati da fulmini nel 1989 e nel 1992.

Facciata a salienti, con regolare alternanza di fasce in cotto e in pietra da cantoni, tripartita da contrafforti in mattoni, coronata da archetti pensili in cotto intrecciati, e culminante con cinque pinnacoli. I dipinti della facciata sono attribuibili a Luigi Morgari (1907). Sopra il portale si susseguono una lunetta ogivale con pittura raffigurante la SS. Trinità con la Madonna e i Ss. Vittore e Giovanni Evangelista, un rosone e una finestrella quadrilobata; ai lati, in quattro piccoli sfondati delle paraste, vi sono dipinti raffiguranti S. Martino, S. Giuseppe, S. Pietro in Vincoli e S. Giacomo (a ricordo delle chiese di San Martino, Roncaglia, Berroni e Stevani), e due vetrate con S. Evasio e la Madonna di Crea (frat. Ducato, 1937). La finestra ogivale al centro dell'abside, raffigurante S. Vittore, fu realizzata durante i restauri del 1860-61.

Interno a tre navate separate da pilastri polistili, con capitelli in stucco modellato da cui originano grandi archi ogivali; la volta è dipinta a cielo stellato. L’altare maggiore in scagliola marmorizzata ha un tabernacolo a tempietto; sul gradino sono posti quattro busti argentati di vescovi; al di sopra un Crocifisso pensile. In una nicchia dell’abside è collocata una statua lignea di S. Francesco (metà sec. XVI), proveniente dalla chiesa di S. Antonio, restaurata nel 1992 (Nicola). Il coro ligneo, datato 1824, è stato restaurato nel 2004. In capo alle navate laterali si trovano a sinistra l’altare del Sacro Cuore, in passato del Crocifisso e prima ancora del Carmine; a destra la cappella della Madonna dell’Assalto, già del Rosario, con elegante altare marmoreo settecentesco e statua della Madonna col Bambino accolta in una nicchia (la statua pare essere opera novecentesca; non corrisponde a una riproduzione a stampa del 1872) [Cappellaro 1988a, p. 19]; la denominazione “dell'Assalto” deriva dalla tradizione secondo cui la statua, portata sulle mura, il 21 aprile 1640 favorì il respingimento delle truppe spagnole assedianti. La balaustrata marmorea della navata centrale si deve a Paolo Bottinelli (1777) [Cappellaro 1984, p. 271]. Tra la cappella di sinistra e il presbiterio è situato il pulpito di noce (sec. XIX). Alle pareti delle navate laterali sono sistemati quattro confessionali (più importanti i due prossimi agli altari, perché in passato riservati a parroco e viceparroco). Via Crucis di legno intagliato e dipinto della Casa Cristiano Delago (1933) [Cappellaro 1984, p. 401]. Varie lapidi, un tempo poste sul pavimento, sono murate alle pareti (sepolture delle famiglie Gazzone, Capriolo, Cavallo, Luparia; ricordo di G. Marchisio). Sopra la bussola è collocato un organo moderno, che ha sostituito nel 1960 il precedente di Pietro Barchietti del 1867 [Galazzo 1990, p. 377]. In sacrestia ci sono tele mediocri: Madonna del Carmine col Bambino che soccorre le anime purganti, Assunta con santi, moncalvesca. Resti di celle del convento si trovano in un corridoio che fiancheggia la parete destra.

Opere già custodite in Casa Parrocchiale e attualmente conservate presso la Curia di Casale: a) Cristo Crocifisso, Maria, coi Ss. Agata, Giovanni Evangelista, Francesco e due disciplinanti, tavola attribuita a Aimo e Balzarino Volpi (inizi sec. XVI) [Romano 1970, p. 14; Romano 2003, pp. 74-75], proveniente dalla chiesa di S. Antonio Abate. b) Madonna col Bambino e i Ss. Pietro, Paolo e Giovannino, tavola di Sebastiano Novelli (1541-44), proveniente dalla distrutta chiesa di S. Pietro, ivi presente ancora nel 1940 [Niccolini 1877, p. 604; Porrato 1940, n. 14; Brizio
1942, p. 136; Romano 1970, p. 51]. c) Angelo Custode, olio su tela di Pier Francesco Guala (firmato e datato 1725) [Porrato 1940, n. 16; Martinotti 1976, p. 41]. d) S. Bruno, olio su tela di autore ignoto (sec. XVIII), opera forse proveniente da un monastero o da una chiesa certosina [Rosignano 2004].

È andata perduta una pala di soggetto non noto dipinta da Cesare Lanino (1575) per la compagnia dei Disciplinanti di S. Sebastiano di Rosignano [Colombo 1883, p. 207; Romano 1970, pp. 66, 127]. Nel 1940 venne descritta in S. Antonio una tavola rappresentante Gesù Crocifisso, avente ai piedi della Croce la Madre sua Santissima, attribuita a Cesare Lanino [Boltri 1940, p. 51; Porrato 1940, n. 17] (verosimilmente invece era la tavola dei fratelli Volpi).

Madonna delle Grazie: nei pressi del cimitero; proprietà Ravizza. Anno di fondazione non noto; probabilmente esisteva già nel sec. XVI. La prima notizia è del 1612; la cappellania della Madonna delle Grazie fu fondata nel 1639 da Bernardina Rivalta, vedova Bertana. Nel 1660 il vescovo Girolamo Francesco Miroglio ricordava «la statua della Vergine ornata di un manto di cendale bianco», e la presenza di un eremita nel romitorio annesso alla chiesa. Si fecero importanti lavori nel 1667, capomastro Giovanni Fremoli. Nel 1723 il vescovo Pietro Secondo Radicati trovava l’edificio «in buonissimo stato»; ancora vi abitava un eremita, fra Giovanni Risico, che manteneva la chiesa con le elemosine. La campana attuale, del 1737, reca l’iscrizione: «1737 a fulgore et tempestate libera nos Domine». Nel 1843 fu costruito il nuovo cimitero (regione Malinverno o Madonna), poi ampliato nel 1890 e nel 1938. Al 1870 risale la costruzione della gradinata esterna [Cappellaro 1984, pp. 285-88]. La cappellania della Madonna delle Grazie sopravvisse fino al 1963, quando morì l’ultimo cappellano, don Boeri; la chiesa venne allora chiusa al pubblico per molti anni, pur essendo ancora saltuariamente utilizzata per la celebrazione di matrimoni; nel 1989 fu venduta dalla Curia [Rollino 1999]. Vennero effettuati restauri nel 1994-95 (impresa Rota e Messena), con ripristino del cupolino in rame e sistemazione della croce alla sommità del campanile, intonacatura, ricupero della facciata e della gradinata. Gli affreschi della volta e i medaglioni che affiancano l’altare furono restaurati nel 1999-2000 (Giovanni Bonardi). Nei secoli scorsi vi venivano esposti neonati abbandonati [Cappellaro 1984, p. 243].

Si accede al piccolo sagrato attraverso una scalinata. Facciata in due ordini: il primo, predominante, presenta quattro alte lesene, un portale costituito da una sorta di bifora cui manca la colonna centrale e una finestra sovrastante di disegno analogo; il secondo ordine ha due lesene ed è raccordato al primo con volute; al culmine è posto un timpano arcuato la cui base deborda lateralmente completando la curva delle volute. Il robusto campanile si innalza posteriormente sul lato sinistro; la fiancata sinistra della chiesa aderisce in gran parte ad altre costruzioni. Interno ad aula semplice che si prolunga nel presbiterio, più ristretto, sollevato di tre scalini e delimitato da una balaustrata marmorea settecentesca. L'altare, appoggiato alla parete di fondo, è in scagliola marmorizzata; entro una nicchia della grande alzata d'altare è esposta la statua della Madonna delle Grazie, col manto dorato. Vi sono affreschi di Andrea Vinaj sulla volta e in medaglioni [Porrato 1940, n. 24]. Alcuni ex voto del sec. XIX furono portati altrove per preservarli dall’umidità. Dalla vicina cascina Ravizza si prolunga nel sottosuolo della chiesa un infernot a due camere, datato 1897 [Celoria 2005, p. 99].

S. Antonio Abate: nella piazza omonima, presso la parrocchiale. Tra le chiese ancora esistenti di Rosignano è la più antica. Non fu mai elencata negli estimi della diocesi di Vercelli. Prima attestazione nel 1295, col titolo di S. Giovanni Battista [BSSS 41, doc. 361, p. 182] (successivamente risulterà la dedica a S. Giovanni Evangelista: fenomeni di crasi tra i due santi non sono inconsueti nel medioevo; entrambi i santi sono invocati nella premessa agli Statuti del 1306). Nel 1352 si tenne sotto il portico un’assemblea di capifamiglia. Fu formalmente parrocchiale dal 1555 al 1653, ma già dai primi decenni del sec. XVI aveva acquisito funzioni di chiesa parrocchiale: nel 1515 è documentata la presenza del battistero; un nuovo un battistero marmoreo venne poi acquistato nel 1578 [Cappellaro 1984, pp. 249, 256-60; ASAl, NM, Lorenzo de Regibus, m. 3173, 13/9/1515]. Nello stesso anno i confratelli della Compagnia di S. Agata stipularono un contratto con Giovanni Francesco Biancaro per l'esecuzione di un'ancona da porre all'altare intitolato alla loro santa patrona, ma non è noto se l'opera fu portata a termine [Prosperi 2019, pp. 44-45]. Nel 1584, oltre all'altar maggiore, vi erano cinque altari laterali [Vescovi 2012, p. 203]. Nel 1600 fu posata una lapide in memoria di Jacopo Volpe  (morto nel 1594); era sopra l’organo. Tuttora, alla base dell’antico campanile, si vede l’iscrizione che fu letta da Kingsley Porter  [Porter 1917, vol. III, p. 332]. Nel 1618 fu fusa la campanella, ancora presente (senza battaglio) sul piccolo campanile; porta una dedica ai Ss. Giovanni e Vittore. Il 21/4/1640 la statua della Madonna del Rosario venne esposta sulle mura del paese assediato. Nel 1653 la chiesa decadde da parrocchiale; nel 1656 la statua della Madonna del Rosario (ribattezzata dellAssalto) venne sistemata nella nuova parrocchiale di S. Vittore, mentre la chiesa di S. Giovanni assunse il titolo di S. Antonio Abate, verosimilmente trasferito da una precedente chiesa dedicata a S. Antonio che si trovava presso il castello, citata nel 1439 e abbattuta dopo la visita pastorale del 1656. Nel 1660 era già presente la seconda facciata [Cappellaro 1984, pp. 257-258, 307]. Nel 1723 veniva segnalata la tavola dei fratelli Volpi: «incona con l’immagine del Crocifisso con cornice di color celeste indorata» [Romano 2003, p. 74]. Nel 1730 fu descritto l’ossario, «con uno steccato avanti in bellissima forma» di recente costruzione. Un restauro della facciata fu effettuato nel 1820. Fino al 1832 mantenne la funzione di cimitero parrocchiale [Cappellaro 1984, pp. 257-60]. Nel 1851 venne demolita la porzione emergente del campanile; il materiale di risulta fu utilizzato per la costruzione della torre civica, cui passò anche la campana maggiore del 1731 (poi requisita in data 8/8/1941 e sostituita con una campana della chiesa di S. Pietro). È rimasto invece il campaniletto che si eleva sulla destra del coro, con campana del 1618 [Cappellaro 1984, pp. 41-42, 259]. Nel 1876 fu rifatto l’intonaco con nuove pitture. Nel 1877 veniva descritta una tavola raffigurante Gesù in croce, con la Madonna ai suoi piedi [Niccolini 1877, p. 605], corrispondente alla tavola dei fratelli Volpi, fotografata nel 1908 da Secondo Pia e ancora qui presente nel 1940 [Museo Nazionale del Cinema, Collezione Secondo Pia; Boltri 1940, p. 51]. Nel 1911 la chiesa di S. Antonio fu elencata unitamente alla parrocchiale tra gli edifici monumentali nazionali, con segnalazione di affreschi del sec. XIV [Alessandria 1911, p. 41]. Nel 1939 si restaurarono facciata e interno; furono rimesse in luce due monofore romaniche e una nicchia. Nel 1940 venne allestita in chiesa la Mostra per il terzo centenario della Madonna dell’Assalto [Cappellaro 1984, pp. 406-07]. Dal 1948 la chiesa fu adibita a teatrino parrocchiale e a sala cinematografica. Attorno al 1980 si rifece la copertura. Nel 1982 sul lato sinistro della seconda campata venne riaperta una nicchia entro cui fu rinvenuta una statua lignea di S. Francesco (metà sec. XVI; originariamente nella chiesa di S. Francesco?) [Cappellaro 1984, p. 306], restaurata nel 1992 (Nicola), ora esposta nella parrocchiale. Nel 2002 sono state abbattute le pareti di tamponamento degli archi delle entrate laterali nella facciata primitiva (arch. Giovanni Deambrogio).

Edificio orientato. La facciata antica in cotto e arenaria, a tre porte (le laterali con arco ogivale), è nascosta da una seconda facciata successiva (forse anteriore al 1660 [Cappellaro 1984, p. 257]), più povera e semplice, avanzata di circa 4 metri, scandita da quattro lesene che sorreggono la trabeazione ed il frontone triangolare. Nelle pareti laterali gli estremi est e ovest sono più recenti. Sul fianco sinistro vi sono avanzi della costruzione romanica, datata al 1140 dal Kingsley Porter [Porter 1917, vol. III, p. 332]: una monofora tamponata, con stipiti e archivolto monolitici di arenaria a tre riseghe e una mensolina che probabilmente reggeva archetti pensili; la parete ha muratura policroma, che evidenzia varie fasi di edificazione: zoccolo in mattoni, parte mediana in conci di pietra da cantoni di buon taglio, parte superiore in pietra da cantoni e mattoni disposti irregolarmente. Sul fianco destro si apre una monofora tamponata a forte strombo, ricavata in più conci di arenaria; la tessitura della parete è complessivamente analoga a quella del fianco settentrionale. Nello spazio compreso tra le due facciate, sulla destra, vi era l’ossario, limitato da una parete traforata a mattoni ricurvi (ora tamponata). L’ingresso nell’aula avviene attraverso la base dell’antico campanile (databile ai secc. XII-XIII) emergente al centro della prima facciata, sul piano della stessa, secondo una tipologia di torre campanaria in facciata, detta clocher-porche, rara nel Piemonte meridionale e più frequente in luoghi montani e prealpini [Oppesso 1997, pp. 118-19; Cervini 2005, p. 83]. Il campanile è mozzato al livello del tetto; il fianco occidentale presenta filari di conci di pietra da cantoni alternati a fasce di mattoni; dall'altezza di circa m 3 la struttura è slegata dalla muratura della facciata. È verosimile che tale campanile sia stato aggiunto in un secondo momento alla primitiva fabbrica e concepito come accesso alla chiesa [Vescovi 2007, pp. 334-35].

Interno a navata unica con pianta longitudinale irregolare, divisa in quattro campate da archi acuti trasversi. La copertura con volte a crociera è riferibile al sec. XV [Vescovi 2007, p. 335]. L’unico elemento scultoreo ritrovato all’interno è un grosso blocco di pietra da cantoni al centro del quale sporgono due volti umani grotteschi e rozzi [Rossi 1979, pp. 204-206]. Pavimento in cotto con botole di accesso ai sepolcri sotterranei. Sulla parete destra vi sono frammenti di affreschi con scritte identificanti i Ss. Pietro e Giacomo, e un Santo vescovo (fine sec. XIII?); inoltre un Santo togato (con rametto di palma?) di epoca più tarda; nell’intradosso di un arco a sinistra un Santo incoronato (simile al S. Sebastiano di Fabiano); all’esterno dell’arco, su un pilastro, un Cristo di Passione (prima metà del sec. XV); all’esterno di un arco appartenente alla vecchia facciata, a sinistra, vi è un tondo con testa di Cristo molto consunta [Cuttica 1983a, p. 165]. Sulla parete sinistra c’è un altro dipinto murale più recente di buona fattura raffigurante un giovane santo (Giovannino?) entro un arco classico con bello sfondo vegetale e scene di caccia (sec. XVI).

S. Bartolomeo: nella frazione Colma di Rosignano (dial. la Curma). L'esistenza della chiesa e del priorato di S. Bartolomeo de cella/cellis è attestata nel 1218 [BSSS 181, doc. 124, p. 208]. Era dipendente dal monastero benedettino di S. Giusto di Susa, come risulta nel 1322 e nel 1357; forse tale appartenenza derivò da una donazione del 1064 [Patria 1992, p. 39 n. 68; Patria 2007, p. 152]. Il priorato è ancora elencato nella pieve di Rosignano nel 1440 [ARMO, p. 236]. I frati non erano più presenti sin dal sec. XVI; nel 1590 ai beni del priorato di S. Bartolomeo venne aggiunto il beneficio di S. Pancrazio e il complesso fu trasformato in commenda: godevano il beneficio, col titolo di abate commendatario, ecclesiastici nobili (tra cui i Cassone e i Millo di Casale). Il conte Guidobaldo Giuliani di Roma, abate dal 1713 al 1735, fece eseguire nel 1715 da Girolamo Tasistro (Tassistro) di Novi un quadro coi Ss. Francesco da Paola, Bartolomeo e Pancrazio: gli ultimi due rappresentano i benefizi di S. Bartolomeo e di S. Pancrazio, riuniti in commenda, e il primo il santo protettore dell'abate Giuliani, titolare della commenda (1713-1735) [Porrato 1940, n. 4; Cappellaro 1984, pp. 300, 404]. Il beneficio si estinse in epoca napoleonica. Agli inizi del sec. XIX nelle finestre del convento erano ancora visibili decorazioni scultoree medievali di squisita fattura [De Conti 1809]. Nel corso del sec. XIX l’antico monastero venne trasformato in abitazione (il cosiddetto castello) dalla famiglia Cantamessa. L’oratorio, spettante al medico Giacomo Cantamessa, fu ricostruito nel 1834. Infine una nuova chiesa, ben più ampia, venne eretta negli anni 1900-1901 a spese della famiglia Varalda sul lato meridionale dello stradale che passa sotto il ″castello″, su disegno dei geometri Luigi Montaldi e Sisto Caprioglio [ASDC, Vis. past. Gavotti, 1904; Rosso 2020, p. 28]. Durante restauri effettuati nel 1955 fu abbattuto un muro che divideva l'ingresso dalla navata, sostituito da un architrave a sostegno della tribuna soprastante.

Costruzione in mattoni a vista. Pianta rettangolare, ma con estremi terminanti con due mezzi esagoni. Un piccolo campanile si eleva non in asse con l'edificio presso il margine destro dell'abside. L'ingresso è posto sul lato lungo rivolto verso la strada; si arriva alla porta metallica attraverso una scala di sette gradini di granito. Sul lato destro del coro si eleva il campanile, pure in mattoni a vista, a sezione quadrata non in asse con la chiesa. L'interno prende luce da quattro finestre arcuate che si aprono sul fianco sinistro. Alla parete di fondo è appesa la grande tela settecentesca di Girolamo Tassistro, restaurata nel 2007 (Anna Rosa Nicola). L'altare di inizio Novecento è di marmo bianco; la balaustrata ha colonnine di cemento dipinte a finto marmo. Sopra l'atrio è posta la tribuna, delimitata da una balaustrata; dalla tribuna si accede a una lunga galleria ascendente con 84 gradini, che collega la chiesa al soprastante ″castello″. Un'iscrizione ricorda il medico Cantamessa, promotore dell'opera, e i coniugi Varalda [ASDC, Vis. past. Gavotti, 1904; Rosso 2020, pp. 28-29]. La chiesa è tuttora in funzione.

S. Pietro in Vincoli: in frazione Berroni (dial. i Brun. Vicus Borroni, 1143 [BSSS 40, doc. 13, p. 20]). La chiesa viene elencata nella pieve di Rosignano senza titolo nel 1299, col titolo di S. Pietro nel 1348 [ARMO, pp. 37, 110]. Secondo una tradizione locale il titolo di S. Pietro in Vincoli sarebbe derivato da un pellegrinaggio dei signori del tempo alla basilica romana [Romanelli 1988, p. 54]. Nel 1413 le cappelle di S. Eusebio de Ouilia, S. Maria de Primano e S. Pietro de Yberrono erano associate [Ferraris 1995, p. 171]; i tre benefici furono riuniti nel 1459. La chiesa di S. Pietro è ricordata nelle visite pastorali del 1566 e 1619. Fu completamente restaurata nel 1668. Nel 1723 era in pessimo stato, l’unica parte in buone condizioni era il campanile. Nel 1730 presbiterio e coro furono rifatti «in volta» dalle fondamenta, la parte restante della chiesa aveva «nudo tetto sostenuto da due archi» [Cappellaro 1984, pp. 290-300]. Agli inizi del sec. XIX don Marcello Lavagno vi fondò una cappellania dotata di un lascito. Nel 1817 il priore della chiesa ottenne di convertire un legato destinato alla formazione di un quadro nella costruzione di una casa attigua a beneficio del cappellano. Nel 1830 la chiesa passò alle cure dirette della popolazione del luogo [Rosignano 1996; Zai 2005, p. 19]. Nel 1920 fu benedetta la nuova statua del patrono; l'altare di marmo fu inaugurato nel 1921 e consacrato nel 1926; nello stesso anno fu restaurato il campanile [Cappellaro 1984, pp. 389-97]. Per alcuni decenni la chiesa fu officiata dai padri della Consolata, residenti al castello d’Uviglie [Zai 2005, p. 19]. Nel 1972 sotto il pavimento furono rinvenute alcune tombe coperte da embrici e negli scantinati della casa colonica una lastra lapidea cuspidata, datata «1780», con nicchia arcuata in cui è rozzamente scolpito a rilievo un personaggio femminile incoronato, genuflesso e orante (S. Caterina di Alessandria?); la lastra è attualmente conservata in un'abitazione privata di Casale M.to [Grignolio 1998c, pp. 244, 316; Musso 2007].

Sul portale d’entrata c’è un’iscrizione latina con preghiera rivolta al santo titolare, datata 1681. È custodita in altra sede la pala d’altare del sec. XVIII, raffigurante la Madonna col Bambino e i Ss. Pietro e Eusebio, personaggi che rappresentano i tre benefici riuniti nel 1459 su istanza di Bartolomeo della Sala; alla base della tela c’è lo stemma dei della Sala [Porrato 1940, n. 6].

S. Eusebio: nel parco del castello d’Uviglie (dial. castè d’Ivìa. Ovilium, 1181-82 [BSSS 89, doc. 2, p. 4]). Nel 1181-82 la chiesa di Uviglie aveva un proprio prete. Nel 1299 viene citata senza titolo negli estimi della diocesi di Vercelli, pieve di Rosignano; il titolo di S. Eusebio compare nel 1348 [ARMO, pp. 37, 110]. La costruzione dell’attuale edificio risale all’anno 1700, ed è ricordata da una scritta su targa di marmo presso la porticina laterale: «I. A. P. G. C. V. F. F. - 1700», che potrebbe valere: “Giovanni Antonio Pico Gonzaga conte di Uviglie fece fabbricare 1700”. Nel 1888 sul lato occidentale fu realizzata una nuova entrata con protiro neoclassico (data sull’architrave), su disegno dell’ing. Crescentino Caselli. In precedenza c’era una cripta con tombe dei signori di Uviglie, ma il tutto fu interrato e si costruì un nuovo pavimento; le salme furono asportate poco prima che giungessero i Missionari della Consolata nel 1928 [Cappellaro 1984, pp. 301-302].

Edificio a tempietto ottagonale con corpo centrale più alto. Nell’interno sul fianco Nord del tiburio, al di sopra della vecchia porta d'accesso, c’è un dipinto a finto mosaico con lo stemma dei Pico Gonzaga e il motto «vidi» proprio dei Pico, firmato «Bricherasio 1896»; la famiglia Bricherasio fu proprietaria del castello d’Uviglie nella prima metà del sec. XX.

Cappellina del castello di Uviglie, dedicata alla Presentazione di Maria al Tempio: si trova alla base della torre cilindrica del castello (è detta “cappellina” per distinguerla dalla “cappella grande” ricavata intorno al 1950 in due saloni contigui e utilizzata per qualche tempo per la messa pubblica domenicale). L’archivio del castello e della cappella è conservato a Torino presso le Missioni della Consolata. Il missionario Stefano Plona descriveva nel 1967 una pala raffigurante la Presentazione, di ignoto del sec. XVI [v. foto in: Rosignano 1996], all’epoca sostituita da un ritratto di S. Luigi Gonzaga, commissionato intorno al 1900 ad Antonio Delleani; un grande reliquiario; un quadretto della Madonna col Bambino, firmato Amadeus, sopra la porta della cappellina. In questa cappella, secondo la tradizione, pregò nel 1580-81 S. Luigi Gonzaga [Cappellaro 1984, p. 302].

S. Grato: chiesa campestre nella valle omonima (già valle del Borghetto), sulla strada per San Giorgio. Fondazione risalente verosimilmente alla seconda metà del sec. XV. Nel 1505 (prima citazione nota) un legato testamentario disponeva l'esecuzione nella chiesa di S. Grato di pitture raffiguranti Maria Vergine e S. Rocco [ASAl, NM, Lorenzo de Regibus, m. 3172, 19/5/1505]. Nel 1662, convocato il consiglio, venne fatto voto di riedificare la chiesa e di festeggiarne ogni anno il santo, in quanto protettore contro fulmini e grandine. Intorno al 1716 la chiesa fu ricostruita su un sedime diverso. Nel 1723 era in buone condizioni e aveva un quadro d'altare raffigurante Maria Vergine e i Ss. Grato e Bovo; essendo priva di redditi propri veniva sostenuta con elemosine che servivano anche per pagare l’onorario del cappellano [Cappellaro 1984, pp. 202-203; ASDC, Vis. past. Radicati, 470-485, fasc. 7, ff. 204v-205r].

Attualmente è in pessime condizioni, senza tetto e invasa da arbusti.

S. Pietro (oratorio degli Apostoli): già in Rosignano (attuale piazza XI Settembre). Fu costruita nel sec. XVI dai nobili nella villanova, in contrapposizione alla vetusta chiesa della plebe del Borghetto a valle [Ombra 1982]. Nel 1566 era oratorio della confraternita degli Apostoli, che dal 1710 risultava aggregata all’Arciconfraternita di Roma. L’edificio fu restaurato e ridipinto nel 1720; sopra la porta c’era l’iscrizione: «Ecclesia Prepositi ac Vicarii Foranei Mutii sumptibus picta 1720» [Cappellaro 1984, pp. 276-79]. Nel 1824 vi fu sepolta Liberata Danesi, fondatrice dell’Opera Pia che porta il suo nome. Nel 1877 Giuseppe Niccolini visitò la chiesuola «dipinta dal bravo signor Maggi» e vi trovò la tavola di Sebastiano Novelli (Madonna col Bambino e i Ss. Pietro, Paolo e Giovannino), ancora presente nel 1890 [Niccolini 1877, p. 604; Chiesa 1988, p. 266], in seguito custodita in casa parrocchiale e ultimamente presso la Curia di Casale; ai piedi della Madonna è dipinta una lucertola (o meglio, un rettile) portante un nastro col monogramma SB ed il motto «Cadmaeae artis aemulus», utilizzato dal Novelli anche in un'altra opera oggi dispersa [Brizio 1942, p. 136; Romano 1970, p. 48]: una sorta di rebus ovidiano che svela nome e cognome dell'autore. Nel 1940 la confraternita venne definita «agonizzante» [Boltri 1940, p. 51]. Nel 1942 una campana della chiesa andò a sostituire la campana della torre civica, rifusa l’anno precedente. La chiesa fu abbattuta nel 1966.