BRUSASCO
BRUSASCO
Dial.
Brüžàsc.
Bruxatis,
884 [BSSS 26, doc. 301, p. 177]; Abrusiascum, 1014 [BSSS 127, doc. 48, p.
58].
Nel 1928 Brusasco fu unito a Cavagnolo, Marcorengo e Brozolo in un unico comune denominato Brusasco Cavagnolo, da cui fu staccato Brozolo nel 1947; infine nel 1957 si ricostituì il comune di Brusasco [R.D. n. 418, 12/2/1928; D.L.P. n. 85, 21/1/1947; D.P.R. n. 488, 2/5/1957].
Abitanti: 1300. Distanza
da Casale Km 36 ‑ Altezza: m 170 s. m. Provincia di Torino.
Parrocchia di S. Pietro Apostolo. Già appartenente alla diocesi di Vercelli,
entrò nella diocesi di Casale fin dal 1474. Nel 1805 passò alla diocesi di Torino, per tornare alla diocesi di Casale nel 1817
[De Bono 1986, p. 34; Bolla papale 17/7/1817].
Chiesa parrocchiale, S. Pietro e Paolo: nella parte bassa del paese. La prima parrocchiale
era S. Pietro al cimitero. Nel 1591 erano parrocchiali le chiese di S. Maria e di S. Pietro [ASDC, Vis. past. Gonzaga, 457-461, f. 41r]. La costruzione di una nuova chiesa fu decisa nel 1719
(quando ormai la maggioranza della popolazione si era ritrasferita in pianura),
previa demolizione della chiesa di S. Sebastiano per ricavare materiale edilizio
[Bolla 1982, pp. 35, 37]. I lavori
iniziati nel 1720 (progettisti e capomastri Giovan Battista Froli e Pietro Bonavia)
[AD 1974, p. 66; Caramellino 1982, p. 297;
Castiglioni 2002, p. 32], vennero
interrotti nel 1722 per ordine del nuovo feudatario, il conte Giovanni Ottavio Cotti [Bolla 1982, p. 39].
Dopo uno smantellamento voluto dal vescovo Caravadossi (1731) e una sospensione dei lavori durata quasi 30 anni a
causa di disaccordi tra la popolazione e il conte, nel 1750 si riprese la
costruzione secondo il nuovo progetto dell’ing. Giuseppe Antonio Genta,
ispirato al Vittone e a Giovan Battista Caniana [Caramellino
1986, p. 11]. Le fondamenta del massiccio campanile cedettero quando la
costruzione era arrivata a 2/3 dell'altezza prevista, provocando un'inclinazione
della struttura di un metro verso sud-est; i lavori furono ripresi dopo un anno
di pausa, seguendo una linea più prossima alla verticale
[Arietti 1928, pp. 34-35]. L’edificio
fu ultimato nel 1753 e consacrato il 13/8/1786 dal cardinale Carlo Giuseppe Filippa di Martiniana,
arcivescovo di Vercelli [AD 1974, p. 66]. Nel 1834 fu aperta la finestra ovale
per dar luce al coro. Restauri nel 1887 alterarono l’armonia della facciata. Nel
1927 fu effettuato un intervento sulle fondazioni del campanile per ridurre
l’inclinazione dovuta a ulteriore cedimento del terreno (ing. Antonio Giberti). L’attuale
concerto di sei campane risale al 1929 [Arietti 1928, p. 35; Caramellino 1982, pp. 297-301, 315; Ientile 2005, p. 156].
Facciata rivolta a ovest, di pesante compattezza e infiacchita dalle mediocri
volute di raccordo laterali e da capitelli in cemento; è suddivisa in due parti
da una cornice orizzontale che si continua sui fianchi all’altezza delle
cappelle laterali; timpano tripartito; grande finestra ovale sopra la porta.
Nelle quattro nicchie in facciata, originariamente destinate ad essere vuote, vi
sono statue in cemento di S. Pietro e S. Paolo (titolari), S.
Grato e S. Francesco, eseguite sul posto da Antonio Brilla (1886).
Imponente cilindro dell’abside, segnato da esili lesene, simile alla più piccola
abside della parrocchiale di Sulpiano
[Cremo 1987, p. 130]. Il grande portone fu realizzato nel 1981 da Luigi Nervo; poco prima era stata
rifatta la bussola ad opera dei fratelli Vaj [Caramellino
1982, p. 319].
Interno ad aula unica, scavata sui lati lunghi dalle conche policentriche di due altari
laterali, e raccordata al presbiterio e alla facciata mediante lo smusso di
quattro cappelle agli angoli del rettangolo: spazio quindi modellato da una
distesa successione di curve e controcurve e slanciato verso l’alto da un ordine
gigante di lesene che si prolungano nella volta con archi trasversi e diagonali
[Caramellino 1982, p. 297].
Pavimento in lose di Barge del 1846. Affreschi del 1934: le parti
figurate spettano a Luigi Morgari, le parti
ornamentali, multicolori e scadenti, a Giuseppe Borla; sulla volta
del vano centrale, in due grandi medaglioni, sono raffigurati S. Pietro
che guarisce lo storpio e la Incoronazione della Vergine; nelle
vele delle finestre gli Evangelisti; nel catino absidale le tre Virtù
teologali; sulle pareti del presbiterio la Cena di Emmaus e la
Comunione distribuita alla Vergine e agli Apostoli da S. Giovanni
[Caramellino 1986, p. 14]. Il
presbiterio è delimitato da una bella balaustrata di marmo rosa ad andamento
sinuoso (più tarda dell’altare, ma opera degli stessi marmorari); il cancelletto
di ferro battuto fu realizzato dopo il 1764. Il pregevole altar maggiore in
marmi policromi è simile all’altare della parrocchiale di Balzola (un primo
altare venne eretto nel 1753, quello attuale verosimilmente fu ricostruito
alcuni anni dopo, consacrato il 17/7/1763, riconsacrato il 13/8/1786); l’arredo
dell’altare comprende quattro statue lignee argentate (S. Pietro, S.
Paolo, S. Bernardo e l’arcangelo Michele, della cerchia di
Stefano Maria Clemente, sec. XVIII)
[Caramellino 1982, pp. 300-301,
306]. Ai valichi laterali di raccordo dell’altare con le pareti (elemento raro
presente anche a Balzola, forse di ispirazione juvarriana)
[Caramellino 1986, p. 21] sono sovrapposte due statue
seicentesche, S. Giuseppe e S. Antonio Abate (scuola valsesiana,
1619?), già facenti parte dell’ancona lignea dell’altare di S. Carlo. Alla
parete di fondo dell’abside è posta una grande tela con cornice di stucco più
tarda (stuccatore Marmori, 1785), raffigurante
Il primato di Pietro (1752), di certa madama Tridona o Tridone, al
cui atelier di Torino si deve anche la Via Crucis (1754) (cornici fornite
da mastro Bartolomeo di Monteu da Po)
[Caramellino 1986, pp. 14, 21-23].
Su ciascun lato dell'aula si aprono quattro vani, costituenti due ampie cappelle centrali e due ambienti ellittici di raccordo rispettivamente con la facciata e il presbiterio. Le quattro grandi cappelle
sono chiuse da belle cancellate di ferro con pomelli d’ottone (<1776),
sciupate dalla vernice nera di tipico gusto tardo ottocentesco
[Caramellino 1982, p. 306].
Lato destro: a) cappella di S. Rocco (1754): bell’altare marmoreo del 1785, tela
centinata votiva per la peste del 1630 (proveniente dalla chiesa di S. Bernardo),
con la Madonna di Oropa tra i Ss. Sebastiano e Rocco, ove è dipinto il
più antico stemma noto di Brusasco (di pittore biellese, forse Giovanni o
Vincenzo Costantino Zamora, ca. 1637)
[Caramellino 1982, pp. 249-51];
statua lignea di S. Rocco, acquistata nel 1854 (nel 1974 derubata del
cane e dell’angelo) [Caramellino 1982,
p. 310]; b) cappella del Rosario (1754): mensa in mattoni, paliotto in scagliola
monolitico con fondo nero e targa centrale a forma di scudo entro cui è figurata
la Madonna del Rosario, della bottega di Giacomo Solari (1736),
proveniente dalla chiesa di S. Bernardo [Caramellino 1982,
p. 249; Caramellino 1987a, pp.
147-48]; ancona lignea con due colonne tortili e frontone con l’Eterno
benedicente, composizione più volte tinteggiata e dorata, anch'essa proveniente dalla
chiesa di S. Bernardo, dove risultava in fase di montaggio nel 1619; Madonna
del Rosario, tela di Giorgio Alberini (1619), incorniciata dai 15 Misteri
[Caramellino 1982, pp. 251-53];
dietro al dipinto, in una nicchia scavata nel 1883, bella statua lignea
raffigurante la Madonna del Rosario, attribuita a Ignazio Perucca, acquistata nel
1752 e dorata nel 1754; in una nicchia laterale altro bel gruppo ligneo della Vergine Assunta, di scultore ligure-piemontese (seconda metà del sec. XVIII,
bottega del Clemente?), comprata nel 1843 a
Torino [Caramellino 1982, pp.
304-306]; c) cappella di S. Luigi (1813), nel vano ellittico di raccordo col
presbiterio: mediocri altarino di marmo (Luigi Bosco, 1886)
[Caramellino 1982, pp. 312, 319] e
tela rappresentante la Vergine della Concezione coi Ss. Luigi Gonzaga e
Caterina e le anime purganti (Antonio Cattaneo, 1813); cancello di ferro battuto sistemato
nel 1829 [Caramellino 1986, p. 19].
Lato sinistro: a) battistero, nel vano ellittico di raccordo della facciata: bel
cancello seicentesco, proveniente dalla chiesa di S. Bernardo; altare-battistero
in stucco, prime notizie nel 1837
[Caramellino 1982, p. 310]; b) cappella di S. Giuseppe (1754): altare e
cornice marmorei contemporanei e della stessa bottega dell’altare di S. Rocco
(posto di fronte; 1785); tela centinata col Transito di S. Giuseppe
(collocata tra il 1758 e il 1764, ambito di Giovanni Gallinotti il Vecchio)
[Caramellino 1982, pp. 306, 308];
c) cappella di S. Carlo o del Sacro Cuore (1753): mensa in laterizio, paliotto
in scagliola monolitico su fondo bianco con la figura del santo e motivi
ornamentali alla cinese, in parte solo dipinti, forse della bottega di Giacomo
Solari (ca. 1738-40)
[Caramellino 1987a, p. 148]; grande
altare ligneo dorato e laccato (1619, di artigianato valsesiano?), che ha
colonne tortili e frontone centinato con l’Eterno benedicente, traslato
nel 1753 dalla chiesa di S. Carlo, con la tela S. Carlo in adorazione del
sacro chiodo, già attribuita a Carlo Saraceni (1617-19), e, più recentemente, pur tra contrastanti opinioni, a Nicolò Musso
[Arena 1999, p. 138;
Papi 2009, p. 26;
Terzaghi 2012, p. 548; Nurchis 2014, p. 131]; statua del
Sacro Cuore di Gesù (1931), in passato sui gradini dell’altare, ora confinata in
una nicchia sul fianco della cappella
[Caramellino 1986, pp. 23-25]. Tra la cappella di S. Giuseppe e quella di
S. Carlo c’è un maestoso pulpito in noce con baldacchino, scolpito da Cristoforo Germano Serra (1754)
[Caramellino 2000b]. Una pila per
l’acqua santa di marmo bianco (1588) fu acquistata a Bra nel 1878; un’altra pila
in pietra nera fu collocata presso l’ingresso nel 1758
[Caramellino 1982, p. 310].
L’organo, sistemato sulla cantoria in controfacciata, fu ristrutturato nel 1778
da Andrea Luigi Serassi (forse col più celebre Giuseppe Antonio Serassi) e radicalmente
restaurato dai Gandini nella prima metà del sec.
XX; altri restauri nel 1954 e nel 1981 (ditta Marzi)
[Caramellino 1982, pp. 306, 318].
Nella nuova sacrestia (ca. 1785) arredata con armadi di noce, entro una nicchia
dell’armadio frontale è sistemata una bella statua lignea tardo-cinquecentesca
raffigurante Cristo alla colonna, di cui si ha notizia solo dal 1831
[Caramellino 1982, p. 308].
Nella notte tra il 28 e il 29/1/1974 furono rubati dall’altar maggiore 24 candelieri
in rame sbalzato e argentato databili dal tardo XVI al tardo sec. XVIII, oltre a
otto reliquiari, nove carteglorie, il cane e l’angelo del gruppo statuario di
S. Rocco [Caramellino 1982, p.
316].
S. Pietro: nel recinto del cimitero, a nord ovest dell'abitato.
Elencata dal 1299 negli estimi della diocesi di Vercelli in dipendenza della
pieve di Cortiglione: «Cappella
Sancti petri de quaradola. Sive de brusacho»
[ARMO, p. 47 n. 290]. Quadratula (attestata come curtis de
Quadrula in un diploma perduto di Carlo III il Grosso dell’882) è un
insediamento scomparso nei pressi di Brusasco [Cipolla
1895, p. 184; Del Corno 1882, pp.
251-52]. La chiesa di S. Pietro fu la prima parrocchiale; cominciò il suo
declino col trasferimento della popolazione sulla collina, detta Luogo di Brusasco.
All’inizio del sec. XV era ridotta al rango di cappella campestre
[Bolla 1982, p. 32]. Nel 1565 era
ancora detta parrocchiale insieme alla chiesa di Santa Maria; il titolo
di parrocchiale passò alla chiesa dell’Annunziata nel 1577. Nel 1658 giaceva in abbandono
col tetto in parte sfondato [Caramellino 1982,
p. 211; Vescovi 2007, p. 273]. Mons.
Giuseppe Ferraris ha fornito una
diversa interpretazione: la prima chiesa di S. Pietro al cimitero sarebbe stata
distrutta dal terremoto del 3/1/1117 (crollo di ¾ dei muri perimetrali, abside
compresa); gli abitanti si rifugiarono sulla collina, probabilmente già
incastellata, dove venne eretta un’altra chiesa di S. Pietro orientata; la parte
più antica di questa chiesa, vale a dire quella presso il campanile
(attribuibile nella porzione bassa al sec. XIII o XII), fu inglobata nella nuova
chiesa del sec. XV, venendone a formare la parte anteriore, su un asse diverso.
Nel 1428 il vescovo Fieschi concesse alla
comunità il patronato della seconda chiesa di S. Pietro, diventata parrocchiale
di fatto; la riconsacrazione col titolo di S. Bernardo tardò fino alla seconda
metà del sec. XV, sia perché i lavori di ristrutturazione non erano ancora
finiti, sia per l’instabilità dovuta alle frequenti successioni vescovili nella
diocesi vercellese [Ferraris 1987a,
pp. 81-82]. Tornando alla chiesa di S. Pietro al cimitero, nel 1875 vennero
intonacate le pareti interne; dal 1889 si avviarono
restauri (demolizione del soffitto,
costruzione di nuove capriate di legno; ing. Ottavio Germano), interrotti dopo alcuni
anni fino al 1903, quando ripresero sotto la direzione di Cesare Bertea (rifacimento di
gran parte del coronamento del lato nord, liberazione e restauro della porta del
lato sud, integrazioni al coronamento del fianco sud, ecc.)
[Caramellino
1982, p. 218; Delmastro 1984b,
pp. 218-19]. Nel corso dei lavori fu scalpellato un grande affresco posto in facciata
raffigurante S. Cristoforo [Arietti 1928, p. 36;
Caramellino 1983, pp. 11, 16 n. 8].
Nel 1912 la chiesa fu elencata tra gli
edifici monumentali nazionali [Torino
1912, p. 23].
La struttura attuale è il risultato di molteplici riprese edilizie. Secondo
A. Kingsley Porter sarebbero rilevabili tre principali fasi di costruzione
[Porter 1917, vol. II, pp.
224-25]. Forse la chiesa primitiva aveva dall'origine due absidi e due navate:
può esserne testimone
la parete nord, dove sono evidenti tre archi sottomurati a tutto sesto di
divisione delle navate, su colonne con tre capitelli, di cui due in arenaria
scolpiti (gli archi risultavano già otturati nel 1749)
[Caramellino 1982, p. 216]. Archi,
colonne e ciò che resta dell’absidiola settentrionale sono riferiti dal Kingsley
Porter alla prima fase di
costruzione, attorno al 1050 [Porter
1917, vol. II, p. 225]; la datazione è confermata dal confronto della decorazione
dei capitelli con un capitello analogo della cripta di S. Maria di Cavour
[Vescovi 2007, p. 280].
Verosimilmente attorno al 1130 venne ricostruita la
navata sud (corrispondente alla chiesa attuale: seconda fase di costruzione). Nel 1724
doveva esserci ancora
parte della navata nord ridotta a una semplice cappella, di cui non si faceva
più accenno nel 1826 [Delmastro 1984b,
pp. 218-19]. La prima campata sui due fianchi e la facciata, esiti di un successivo
prolungamento della chiesa verso ovest, presentano paramento in soli mattoni
(esclusa una fascia di conci lapidei sul fianco destro, che si raddoppia in
facciata con un filare superiore) e sono datate dal Kingsley Porter attorno al
1200 (terza epoca di costruzione)
[Porter 1917, vol. II, p. 225].
Edificio orientato, a navata unica irregolarmente rettangolare (m
12,7 x 5,5, ristretta verso il fondo) e abside semicircolare (raggio interno
m 2.5). Nelle ultime due campate e nell'abside il paramento è in mattoni e
pietra a fasce alternate; i corsi sono segnati
con la cazzuola, secondo l’antica consuetudine
[Caramellino 1982, p. 220].
La facciata a capanna ha paraste angolari, una semplice porta
centinata con arco a tutto sesto delimitato da una ghiera di tipo falcato e da
tre fasce in conci alternati di cotto e arenaria, di cui quella centrale è
formata da losanghe. Al di sopra si apre una bifora con ghiera falcata, che per
le strette analogie con la bifora di S. Maria di Isana (Livorno Ferraris) può
essere datata alla fine del sec. XII
[Vescovi 2007, p. 281]. Il frontone triangolare è coronato da archetti pensili intrecciati
in cotto e pietra su mensoline in cotto, che continuano nelle pareti laterali e
nel timpano
soprastante l’abside. La parete meridionale è divisa in tre campi da
alte semicolonne terminanti con capitelli scolpiti, dei quali uno raffigurante
due mostri alati (grifi?). Nella parte centrale si apre una
monofora a doppia strombatura con ghiera circondata da mattoni a denti di sega;
nella parte prossima all’abside c’è una porta il cui architrave è sormontato da un
arco a ferro di cavallo. L’abside è a sua volta divisa da semicolonne
di arenaria in tre settori, ciascuno con monofora a doppio strombo; quella
centrale ha nel mezzo della strombatura due colonnine di pietra con un
capitello a foglie acquatiche e uno con testa leonina. A coronamento c’è un
loggiato cieco, costituito da colonnine di arenaria dai capitelli cubici smussati reggenti
archetti a tutto sesto a doppia ghiera. Sul frontone sovrastante l’abside si
apre un oculo orlato da un motivo a denti di sega, con un clipeo in arenaria
che comprende una croce a braccia patenti. Un campaniletto a sezione quadrata,
già segnalato nel 1732 [Delmastro 1984b,
p. 218], è sovrapposto all’estremità posteriore del fianco sinistro.
La copertura interna è a capriate a vista. Pavimento in piastrelle di cotto
con alcune lastre tombali lapidee; il presbiterio è sopraelevato di uno scalino.
L’abside si raccorda alla navata con due piedritti e arco trionfale. Due
frammenti di cornice in arenaria di reimpiego, decorati a nastri viminei intrecciati e a
foglie frastagliate, sono inseriti all’imposta dell’arco trionfale; una cornice
di imposta del semicatino absidale è decorata con treccia regolare a triplo
nastro. Sotto la cornice dell’abside c’è una pittura murale (su cui fu letta la
data «1460»), rappresentante i Ss. Pietro, Paolo, Giovanni Battista e
Bernardo, ai lati della monofora centrale, sopra la quale c’è un
Cristo in Pietà [Caramellino 1982, pp. 225-31;
Delmastro 1984b, pp. 216-21]. Altri due frammenti di
affreschi si trovano sulla parete sud: Madonna col Bambino e S. Giovanni
Battista (1567), crollato nella parte centrale nel 1980, e Madonna in
trono col Bambino (cerchia di Gandolfino da Roreto)
[Caramellino 1982,
pp. 231, 237-38; Caramellino 1983, p. 15].
L’altare in stucco dipinto (1830-32) è sproporzionatamente
grosso [Caramellino 1982, p. 218].
S. Bernardo:
nella frazione San Bernardo (attuale Borgo Garibaldi), in posizione rilevata a sud-est
del concentrico, detta in passato Luogo di Brusasco (o Recinto del
Luogo; dial. u Lö). Già oratorio del castello e del ricetto, fu la
terza parrocchiale dal 1592; anche dopo la costruzione della chiesa di S. Pietro
e Paolo mantenne il titolo di comparrocchiale. Originariamente (intorno al sec.
XIII) era ad aula unica con campanile inglobato nella facciata; in seguito fu
ampliata a tre navate con cappelle laterali. Nel 1733-34 fu costruita in
cornu epistolae una nuova sacrestia, che si affiancò alla vecchia
(capomastro e architetto Domenico Fontana), e fu
ingrandito il coro, con trasformazione della parete absidale da piana in curva
policentrica. La chiesa fu riadattata in dimensioni ridotte nel 1761-62,
mantenendo presbiterio, coro e sacrestie (arch. Giovanni Maria Molino, capomastro
Giuseppe Derossi) con lo stesso orientamento
(facciata rivolta a sud-est); venne consacrata il 22/9/1763
[Caramellino 1982, pp. 255-62;
Castiglioni 2002, pp. 32-34]. Nei
primi decenni del sec. XX fu rifatto il pavimento in piastrelle di cemento; la
bella pavimentazione originale in quadrelli di pietra di Barge è mantenuta solo
nelle cappelle laterali. Stato di conservazione buono; viene ancora celebrata
qualche funzione.
Ingresso preceduto da una scalinata di sette gradini. Paramento in mattoni su
uno zoccolo di cemento. La facciata in avancorpo presenta un ordine gigante di
lesene angolari accoppiate, reggenti la trabeazione e un timpano imponente,
decorato nel vertice superiore da un medaglione in stucco. La porta è sovrastata
da una lunetta e da un rosone ovale con cornice superiore a volute; una cornice
all’altezza della porta e delle ali laterali (corrispondenti a vani minori
interni), divide in senso orizzontale il piano della facciata, mentre le ali si
raccordano alla parte centrale con volute a spirale. Il campanile, in origine
inglobato nel corpo della chiesa, fu spostato su suggerimento del vescovo
Caravadossi a nord rispetto all’abside,
sulla porta del ricetto detta del Cerrone; ha una cella campanaria
slanciata con cornice mistilinea barocchetta. Sulla sacrestia è posto invece un
campaniletto a vela [Caramellino 1982,
p. 257; Castiglioni 2002, pp. 35-36].
L’interno è ad aula unica con ampia volta ellittica impostata su pennacchi.
Lungo l’intero perimetro si sviluppa una trabeazione fasciante, retta da paraste
di ordine toscano, sui cui assi si dipartono archi trasversi; la trabeazione
s’interrompe solo in corrispondenza dello spazio riservato alla pala d’altare
[Castiglioni 2002, p. 34]. Il
presbiterio è rialzato di due gradini e delimitato da una balaustrata con
pilastrini marmorei e pannelli a grate ferree. L’altare maggiore, in marmi
policromi con delicate cromie, fu consacrato nel 1763 (disegno probabilmente dello
stesso arch. G. M. Molino; realizzazione forse dei
Pellagatta o di Gregorio Buzzi, costruttore di un altare del Molino a Monale nel
1769 [Caramellino 1982, p. 262;
Castiglioni 2002, pp. 35, 86]);
l’ornamento è limitato a un tronetto ligneo con grazioso motivo a rocaille
incorniciante una lastra di vetro e ad una serie di candelieri intagliati. Coro
con semplici stalli di noce; quello centrale, riservato al vicario, è più
elaborato e sovrastato da una tela ovale in cornice marmorea raffigurante S.
Bernardo (inizi sec. XIX); una lapide di marmo nero sotto la cornice del
dipinto ricorda la consacrazione della chiesa. Sulla navata si aprono due
cappelle laterali, chiuse da una inferriata ad ampi girali, con altari marmorei
simmetrici: all’altare di sinistra è posta una tela rappresentante la Vergine
che appare a S. Luigi Gonzaga (pittore piemontese seguace del Beaumont, 1748?); a
destra la Sacra Famiglia (stesso autore), e, nella nicchia, una statua
lignea della Madonna del Rosario, benedetta nel 1716 (scuola vercellese,
sec. XVII?). Ai lati delle cappelle vi sono vani minori, cui corrispondono il
fonte battesimale (primo a sinistra), un confessionale (primo a destra), mentre
i due di testata hanno funzione di vestibolo a due porticine laterali
[Caramellino 1982, pp. 256-64].
S. Francesco:
nell’omonima via nel Borgo Taparello (dial. Taparèl). Costruita nel
1599-1600 [Bolla 1982, p. 33],
riedificata all’inizio del sec. XVIII. Campaniletto in mattoni a vista di gusto
seicentesco, definito «bello nouo» nel 1724, identico a quello già
esistente nella chiesa dell’Annunziata. Volta ricostruita nel 1902. È in buone
condizioni; vi vengono celebrate le feste francescane.
Facciata rivolta a nord,
composta ancora su canoni seicenteschi, limitata da due alte lesene angolari di
ordine toscano in mattoni a vista, poggianti su uno zoccolo, e conclusa da un
timpano. L’ingresso è preceduto da una breve scalinata; la porta centrale è
ornata da una semplice cornice modanata sovrastata da una lunetta; ai lati del
portale si aprono due finestre rettangolari con grata. Nella parte alta sopra la
lunetta c’è una finestra ovale fiancheggiata da due nicchie vuote; una terza
nicchia vuota è posta al centro del frontone.
Interno ad aula rettangolare
suddivisa in due campate da due lesene in leggero rilievo reggenti un arco
trasverso; presbiterio quadrato anch’esso voltato. L’altare in semplice muratura
ha un paliotto di scagliola monolitico su fondo rosso pompeiano con immagine di
S. Francesco, molto simile a quello dell’Annunziata, attribuibile alla bottega
dei Solari (1737). Entro una
notevole cornice lignea riadattata di ispirazione vasariana (fine sec. XVI),
intagliata a doppia baccellatura e dipinta, culminante con un timpano spezzato e
tabella centrale, è sistemata una tela raffigurante la Madonna col Bambino,
S. Francesco e due angeli, di scuola moncalvesca (ricorda la S. Orsola della parrocchiale di Altavilla)
[Caramellino 1982, pp. 284-89;
Caramellino 1987a, p. 148;
Repertorio 2012, p. 168].
SS. Annunziata:
sul poggio omonimo, già cappella cimiteriale del Luogo. Citata come
seconda parrocchiale dal 1565 al 1591, anche se le funzioni parrocchiali si
svolgevano già nella chiesa di S. Bernardo entro il ricetto. Fu ricostruita nel
1682 [Bolla 1982, p. 35], con
orientamento inverso. Negli anni settanta del sec. XX venne abbattuto il
campanile gravemente danneggiato da un temporale, sostituito da un campaniletto a vela. Sul lato destro si trova il piccolo cimitero del borgo.
È spoglia e in stato di abbandono. Pareti esterne intonacate; facciata tripartita
da semplici lesene e conclusa da un frontone triangolare; vi sono tre finestre ovali, di cui
quelle laterali si aprono all’altezza della porta, e quella centrale sotto il
timpano. Interno ad aula rettangolare su cui si apre un presbiterio di minore
larghezza. L'altare in muratura aveva un paliotto in scagliola monolitico a fondo
grigio-madreperlaceo con al centro l’Annunciazione, parte al tratto parte dipinta,
attribuibile alla bottega dei Solari (ca. 1740); venne frammentato durante un tentativo
di furto, ed è ora custodito nel palazzo comunale. All’altare era posta una tela seicentesca raffigurante l’Annunciazione,
di bassa cultura popolaresca, assai deteriorata dopo il furto vandalico operato
prima del 1980 della coeva grande cornice lignea intagliata con teste di
cherubini, di qualità ben superiore al dipinto
[Caramellino 1982, pp. 279-83;
Caramellino 1987a, p. 148; Caterino 2012a, p. 77].
S. Michele:
cappella nel cantone del Ghiaro (dial. Burg dal Giài), in un’area ricca
di reperti archeologici indicativi di insediamenti altomedievali e successivi [Negro
Ponzi 1987, pp. 90-94]. Un priorato di S. Michele de Quaradola
dipendente dal monastero benedettino di S. Genuario è elencato nel 1299 nella
pieve di Cortiglione [ARMO, p. 41]. Ancora nel 1446 apparteneva al monastero di
Lucedio [Del Corno 1882, p. 252]; nel 1474 passò sotto la
giurisdizione della diocesi di Casale [Bolla
1982, p. 17]. Nel 1577 la chiesa di S. Michele era in condizioni precarie; nel
1658 era diroccata; dieci anni dopo l’altare era stato trasportato nella chiesa
di S. Pietro al cimitero [Settia
1975, p. 281; Caramellino 1982, pp.
207-209]. La chiesa fu riedificata nel 1718, in un sito spostato di circa 200
metri in direzione sud-ovest rispetto alla precedente [Negro Ponzi 1987, p. 89]. In seguito ad una esondazione del
Po, nel 1830 la cappella era costituita da una sola tettoia; venne ricostruita
nel 1876 e intonacata nel 1880 [Del Corno
1882, pp. 252-53]. Restauro nel 1916. Recentemente è stato consolidato il tetto e si è rifatto l'intonaco. Si celebra nella ricorrenza del santo.
Piccola aula rettangolare con volte a vela; semplice altare. Conserva una tela
seicentesca raffigurante S. Michele, molto ridipinta e in precarie
condizioni [Caramellino 1982, p.
209].
S. Rocco:
in cantone della Valle (dial. Cantùn d’la Val). Chiesetta eretta nel 1867,
in ricordo dell'epidemia colerica di quell'anno. Modesta nel suo impianto architettonico,
ma ben curata nel paramento laterizio.
Una tela raffigurante S. Rocco del pittore Augero (forse
Francesco), con cornice seicentesca intagliata di diversa dimensione, fu
trafugata nel 1974 e sostituita nel 1976 da una tavola ad olio di soggetto
analogo di Gabriele Girardi [Caramellino 1982,
pp. 320-22].
Oratorio di S. Carlo:
costruito poco prima del 1619 in cantone Grassano (dial. Piàsa Grasàn),
ossia alle Cascine (attuale piazza Roma [Arietti
2002, p. 45]); riedificato nel 1670, sconsacrato e adibito a sede del consiglio
comunale nel 1753, infine demolito nel 1774, nonostante fosse ancora in buone
condizioni. Isolata al centro del presbiterio vi era una grande macchina
d’altare con tela di S. Carlo, trasportata
nel 1753 nella nuova parrocchiale; dell’ancona di questo altare facevano parte
le statue lignee dorate di S. Antonio Abate e S. Giuseppe,
attualmente poste sui valichi laterali dell’altar maggiore della parrocchiale
[Bolla 1982, pp. 50-52;
Caramellino 1982, pp. 291-95]
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