OCCIMIANO
OCCIMIANO
Dial.
al Sümiàn. Occimianum / Aucimianum, 882 [Durandi
1774, p. 328; MGH Karoli III, n. 54, p. 92; BSSS 145, doc. 34, p. 114].
Abitanti: 1387. Distanza da Casale Km 10 ‑ Altezza: m 107 s.m. Provincia di
Alessandria.
Parrocchia di S. Valerio. Nel 1438 papa
Eugenio IV ridusse le parrocchie di
Occimiano da quattro a due, cioè S. Valerio e S. Maria. In seguito rimase solo
la parrocchia di S. Valerio [AD 1991, p. 163]. Dalla diocesi di Vercelli passò
alla diocesi di Casale nel 1474 [De Bono
1986, p. 34].
Chiesa parrocchiale, S. Valerio:
nel centro del paese. Prima attestazione del titolo nel 1178 [BSSS 40, doc. 39,
p. 51]. Dal 1299 la chiesa fu censita negli estimi della diocesi di Vercelli,
pieve di Mediliano [ARMO, p. 36]. La chiesa primitiva (S. Valerio vecchio)
sorgeva ai piedi della collina all'inizio della strada detta della Costa, luogo
in cui è ricordata da un pilone [Novarese
1892, p. 228; Novarese 1895,
pp. 2 n. 2, 9]. La costruzione dell’attuale edificio iniziò
nel 1486 [AD 1974, p. 109], ma i lavori procedettero a rilento, tanto che la
consacrazione da parte del vescovo Scipione d’Este avvenne solo il 30/11/1560 [ASDC, Vis. past. d'Este, 455-455, f. 31r]. Nel 1568
il pavimento era ancora in terra battuta [Barberis
1982, p. 283]. Nel luglio 1622 Giovanni Battista Rigollo effettuò lavori in stucco nella cappella della Madonna, nella
cappella di S. Carlo e nel coro [Prato 1915,
p. 10]. Nel 1751, come ricordato da una lapide affissa al muro nel lato sinistro
del presbiterio, furono portati a termine l'altare maggiore e la rispettiva
balaustrata, voluti per legato testamentario dal parroco Giuseppe Barzizza, il cui stemma figura sulla lapide e sulla faccia interna di un pilastrino della balaustrata. Altre balaustrate e l'altare della cappella del Sacro Cuore provengono invece dalla chiesa
della Consolazione, eretta in Occimiano nel 1673 dai padri crociferi di S.
Camillo e smantellata nel 1798; anche quadri e arredi religiosi, tra cui due confessionali,
passarono all'inizio dell'Ottocento dalla chiesa della Consolazione alla parrocchiale
[P.S.F. 1914, p. 23 n. 1; Di Majo 2010, pp. 130, 248].
Nel 1811 furono realizzati importanti
restauri da parte di Carlo Ferraris e dei fratelli Giuseppe e Nicola Savini, diretti da Agostino Vitoli.
La sacrestia fu aggiunta nel 1814. Nel 1818 la chiesa fu dotata
di bussola con tribuna d’organo e di coro (a modello del coro della sacrestia
del duomo di Casale); lavori eseguiti da Vincenzo Capra.
Nel 1822 si effettuarono restauri nella cappella di S. Orsola, in testa alla navata
laterale sinistra (attuale cappella dell'Ausiliatrice) [Prato
1915, p. 10]; nel 1825, durante i lavori di sostituzione del vecchio
altare di legno della cappella con l’attuale di marmo, il parroco don Taravelli trovò sotto
la base di una colonna un foglio ingiallito datato
20/8/1580 con notizie sull’esecuzione da parte di Bernardino Lanino della pala commissionata da Francesco Rafaldo, fondatore e priore della compagnia di S. Orsola [Prato
1915, p. 10; Quazza 1986, p.
260; Genovese 1995]. La chiesa fu
ancora fatta abbellire da mons. Francesco Angelino negli anni 1867‑69, con dipinti delle volte di Paolo Maggi e
decorazioni di Francesco Ferrari [Barberis
1982, p. 28]. Nuova consacrazione il 27/7/1869 da parte del vescovo Pietro Maria
Ferrè [AD 1991, p. 164]. Nel 1881
lo stesso mons. Francesco Angelino eresse su un terreno anticamente destinato a
cimitero una cappella dedicata all’Immacolata, collegata alla parrocchiale sul
lato destro della prima campata [Barberis
1982, p. 145]. Negli anni 1882‑83 il parroco fece prolungare anteriormente di
due arcate la chiesa, che ebbe una nuova facciata (disegno dell’arch. Gioachino Varino, capomastro Giovanni Negri,
dipinti di Paolo Maggi, porte e
orchestra ideate ed eseguite da Pietro Buzio, decorazioni in oro di
Isidoro Giussani [Barberis 1982, p.
28]). Nel 1917 fu rinnovata la decorazione del battistero ad opera di Giuseppe Aceto. La facciata venne restaurata nel 1980
[Barberis 1982, pp. 166, 283].
Il campanile quattrocentesco, alto 40
metri al colmo della lunga cuspide, è in mattoni a vista, con quattro monofore
per ciascun lato su due piani e coronamento con archetti; fu restaurato nel
1924-25, quando si posero sulla cuspide boccia, banderuola e croce, che caddero nel
1980; rifacimento nel 1986 con l’aggiunta della banderuola segnata dalla “V” di
Valerio, esecutore Pier Luigi Gaviora [Barberis
1982, p. 147; Grignolio 1993, p.
76]. Sopra la cella campanaria sono collocati i quadranti di un orologio (Eltec).
Imponente facciata del 1882-83, caratterizzata da
un arco trionfale con due colonne per lato, tra cui su alti piedistalli sono
poste le statue di S. Giorgio e S. Lorenzo, compatroni del paese.
Sopra la porta centrale è situato il busto di S. Valerio. Interno a tre
navate divise da grandi colonne che reggono arcate longitudinali. Affreschi
della volta di Paolo Maggi. Altare
maggiore e balaustrata marmorei del 1751, attribuiti ai Pellagatta; le teste
di cherubini in marmo bianco di Carrara furono aggiunte nel 1793 [Grignolio
1993, pp. 74-75; Di Majo 2010, pp. 180, 245].
In capo alle navate laterali sono posti a sinistra l'altare dell'Ausiliatrice
(già di S. Orsola) e a destra l'altare dell'Addolorata (già di S. Carlo), altari
gemelli di stile neoclassico, la cui alzata presenta una nicchia centrale con statua
e alte colonne bianche ai lati, realizzati nel 1824-25 da Giovanni Battista Bottinelli;
mentre le rispettive balaustre (forse ricavate da una sola) provengono probabilmente
dalla chiesa della Consolazione [Di Majo 2010,
p. 249]. Lateralmente all'ultima campata si aprono due cappelle: a sinistra la
cappella del Sacro Cuore (già di S. Antonio e Assunta), il cui altare era l'altar
maggiore della chiesa della Consolazione (fine sec. XVIII?), qui trasportato nel 1810;
a destra è la cappella dell'Immacolata con l'altare di S. Giorgio (realizzato dai
cugini Domenico e Francesco Maria Colombara nel 1764) e tela tardo-moncalvesca
raffigurante l'Immacolata coi Ss. Giuseppe e Defendente. Anche le balaustre
marmoree delle due cappelle laterali (databili alla metà sec. XVIII) provengono
dalla chiesa della Consolazione [P.S.F. 1914, p. 23 n. 1; Di Majo
2010, pp. 183, 243 n. 257, 247, 281-83].
Sono conservati vari dipinti di buona qualità:
alla parete della navata laterale destra l’Assunta, del bolognese Aureliano
Milani (1726), già pala dell'altar maggiore della chiesa della Consolazione (il
disegno preparatorio firmato e datato si trova alla Pennsylvania Academy of the
Fine Arts di Philadelphia) [P.S.F. 1914, p. 23; Mazza
2001, p. 232]; poco oltre al di sopra di un confessionale, entro una nicchia
chiusa da un vetro, c'è una piccola tavola con la Madonna col Bambino,
proveniente dalla chiesa della Consolazione [P.S.F. 1914, p. 23]. Sulla parete laterale al fondo
della navata sinistra, Madonna col Bambino,
fra le Ss. Caterina e Orsola e devote, tavola di Bernardino Lanino (1580), una
delle ultime opere del pittore [Quazza
1986, p. 260]. Nel coro, ai lati di un
dipinto murale raffigurante S. Valerio, vi sono l'Apparizione di Cristo
a Camillo de Lellis, tela in scadenti condizioni di conservazione, di Aureliano
Milani (1726?), già nella chiesa della Consolazione [P.S.F. 1914, p. 23;
Bacchetta 2007, p. 195], la Deposizione
di Gesù dalla croce, di Giorgio Alberini
(1622), Madonna col Bambino e i Ss. Carlo e Francesca Romana,
anch’essa dell’Alberini (1622) [Romano
1971a, p. 59], e il Transito di S. Giuseppe, di Aureliano Milani (1726?), tela a sua volta
proveniente dalla chiesa della Consolazione [P.S.F. 1914, p. 23;
Bacchetta 2007, p. 195]. Nel passaggio di collegamento tra il coro e la sacrestia è murata una lapide che ricorda Stefano Giustiniani, vescovo di Albenga, morto a Occimiano nel 1791 [Angelino 1988, p. 65]. Organo
Serassi del 1818, ammodernato da Giovanni Mentasti [AD 1991, p. 164]. L’ampia cappella dell’Immacolata si apre
sulla destra all’altezza della prima campata; il catino della volta è affrescato
con l’Incoronazione della Vergine; si conservano alcuni quadri, tra cui
due raffiguranti S. Filomena e Maria Ausiliatrice, dipinti dal barone Giuseppe Zino
[Basile 2004, p. 24].
Poco oltre l’ingresso, nell’atrio della
cappella dell’Immacolata, sono murate due lapidi romane: la prima è una stele a
nicchia di marmo bianco (cm 192 x 86), probabilmente risalente al sec. II d.C.,
costituita da un grande specchio epigrafico rettangolare delimitato da un
semplice listello e coronato da un timpano triangolare; la nicchia contiene il
busto di un defunto scolpito a rilievo (acconciatura di età traianea), ai cui
lati sono incisi due grandi delfini verticali con testa rivolta in basso; da un
lungo testo in caratteri di fine esecuzione e di altezza decrescente si ricava
che la stele fu posta sulla tomba dei genitori dal quadrunviro Marco Sullio Vero, il
quale prevedeva un lascito di 400 sesterzi perché non
mancasse ogni anno alla tomba un omaggio di rose. Viene citato il vicus Iadatinus
[Mommsen 1877, n. 7450;
Mercando 1998, pp. 86-87].
La seconda lapide è una lastra scorniciata di
arenaria, più piccola (cm 55.5 x 39.5) e alquanto corrosa, databile entro la
seconda metà del sec. I d.C.: vi è citato Saerus vilicus dei Firmani, giunto a fare
un’offerta a Giove [Mommsen 1877, n. 7449;
Musso 1971, pp. 170-72; Mennella
1996, pp. 245-46]. Entrambe le lapidi vennero alla luce nella chiesa di S. Maria di Caresana,
già detta pieve (S. Maria in Piè) [Durandi
1774, pp. 329-31], che sorgeva sul pendio a ovest dell’attuale abitato (dove si
trovava l’antico insediamento romano): tale chiesa nel 1299 era allibrata per
una piccola cifra, risultava pericolante nel 1584 e fu abbattuta agli inizi del
sec. XX [ARMO p. 36; Bo 1980, pp.
58-60]. La prima lapide fu rinvenuta nel pavimento della chiesa e fu trasportata
entro il 1560 nella parrocchiale, ove per due secoli servì da mensa dell’altar
maggiore (presenta infatti uno scavo a loculo per le reliquie, riaperto nel 1740
per cercare la pergamena con la data di consacrazione). Nel 1751 l’altare di
legno dorato fu sostituito da un nuovo altare marmoreo e la lapide fu deposta
nel vicino cimitero, dove la ritrovò il parroco don Bartolomeo Cavagna, che la
fece murare sulla cinta esterna del cimitero,
prospiciente la piazza. Il successore don Taravelli fece affiggere l’epigrafe
all’interno della parrocchiale, tra le
porte maggiore e minore sul lato del battistero. Infine nel 1882-83, in seguito
ai lavori di prolungamento della chiesa, venne fatta murare da mons. Francesco Angelino
a filo di parete alla sinistra dell’entrata della nuova cappella
dell’Immacolata [Novarese 1892, p.
238]. La seconda epigrafe era collocata nel frontespizio dell’altare della
chiesa di S. Maria di Caresana; nel 1763 la chiesa venne restaurata e dotata di un nuovo altare; il vecchio altare fu demolito,
e il blocco rimase abbandonato fino al 1771, quando don Cavagna fece affiggere
anch’esso nel muro di cinta del cimitero. La lastra fu quindi sistemata
all’interno della parrocchiale tra la porta centrale e la laterale destra;
infine nel 1882-83 venne incassata in una nicchia alla destra della porta che dà
accesso alla cappella dell’Immacolata; purtroppo alcune parti sporgenti
(capitello e cornici) vennero scalpellate dai muratori
[Novarese 1892, pp. 245-46;
Novarese 1895, pp. 19-31].
SS. Nome di Gesù e del Rosario (Madonna del Rosario): nel
centro del paese. Forse sorta sui resti di un edificio
di epoca romanica. [Cassano 2004, p. 8 n. 9].
Sarebbe stata fondata da Guglielmo IX di Monferrato e concessa ai domenicani nel
1500 come chiesa conventuale dedicata a S. Maria delle Grazie, sotto la giurisdizione
del convento di Casale. Nel 1628 si decise di abbattere la vecchia chiesa e di ricostruirne una nuova con lo stesso titolo e nel medesimo luogo [Bianchi 2016, p. 195]. Nel 1650 vi risiedevano soltanto il vicario e un serviente
secolare [Forte 1971, pp. 413-14].
Successivamente divenne sede dei battuti vestiti
di cappa di percalle bianco [Barberis
1982, p. 286].
Ha forma a L rovesciata; l’ala piccola a sinistra ospita il coro. Semplice prospetto neoclassico con timpano, sul cui estremo
sinistro si alza un campaniletto con una piccola campana (le vecchie campane furono
calate nel 1950 con quelle della chiesa di S. Antonio per acquistare il concerto
campanario della parrocchiale [Barberis 1982, p. 153]). Sopra il portale, entro una cornice
rettangolare, c’è un dipinto murale moderno con la Madonna del Rosario, S.
Domenico e S. Caterina. Sul fianco destro si aprono finestre barocche
sagomate. L’interno è riccamente decorato con stucchi e tele.
L'aula, voltata a botte lunettata, si conclude col presbiterio rialzato di due scalini e l'abside semipoligonale, coperta da una mezza volta a ombrello. L'altar maggiore marmoreo tardo settecentesco con mensa a urna è sormontato da una nicchia contenente la statua della Madonna del Rosario (sec. XVIII), già contornata da quindici tavolette ovali coi Misteri. Da alcuni anni all'altare rivolto al popolo è stato addossato un paliotto in scagliola tripartito con l'immagine della Madonna del Rosario, attribuibile a Pietro Antonio Guazzone (ca. 1730); in passato si trovava all'altar maggiore [Di Majo 2012b, pp. 100-101]. Bella balaustrata marmorea settecentesca. Sulla parete sinistra del presbiterio è collocata una modesta tela raffigurante la Madonna del Rosario venerata da papa Pio V (sec. XVII); di fronte, a destra, è posta la
Madonna del Rosario, tela di Ambrogio Oliva (ca. 1580) [Natale
1985, pp. 414, 436], con ritratti di personaggi identificati negli anni '70 del
Novecento da Cesarina Oldoini Romano con Margherita Paleologa, Anna d’Alençon, Carlo V, Stefano
Guazzo, Pio V, Ambrogio Aldegatti, Ercole Gonzaga, Guglielmo Gonzaga,
Isabella Gonzaga [Ricaldone 1972, I,
immagine e didascalia tra le pp. 512 e 513; Grignolio 1994,
pp. 72-73] (va però notato che dei nove personaggi ipoteticamente identificati, nel
1580 sei erano già morti, alcuni da oltre un decennio).
Sulla parete sinistra dell'aula, dopo il coro, si apre la cappella dell'Addolorata, chiusa da una cancellata in ferro battuto e decorata con stucchi; nella nicchia è conservata la statua lignea dell'Addolorata (sec. XIX); il paliotto di scagliola, in parte coperto dai sostegni della mensa, è attribuito a Pietro Antonio Guazzone [Di Majo 2012b, pp. 100-101]. Nella cappella c'è una raccolta di ex voto, tra cui due spalline da ufficiale appartenute a don Luigi Corte di Montanaro [Grignolio 1994, p. 72; Allemano 1998, p. 278]. Segue sul lato sinistro dell'aula una tela raffigurante la Madonna col Gesù bambino e quattro angioletti (pittore Amedeo, 1715). Alla parete destra sono addossati tre piccoli altari in muratura: il primo ha una tela con la Circoncisione, di scuola di Bernardino Lanino (simile alla pala del Gesù di Casale, del 1554, che deriva da un'incisione di A. Dürer [De Conti 1794, p. 24]; al secondo altare c'è una nicchia con un Crocifisso processionale (sec. XVIII); all'ultimo altare è presente una tela di pittore influenzato da Pier Francesco Guala, rappresentante l'Educazione della Vergine (sec. XVIII).
Attraverso un'apertura arcuata della parete sinistra dell'aula si accede al coro, ben illuminato da ampie finestre su due livelli; gli stalli lignei intagliati (sec. XVIII) occupano le pareti laterali e la parete di fondo; su quest'ultima sono collocati vari quadri, tra cui al centro una grande pala centinata raffigurante la Madonna del Rosario col Bambino e angioletti che sovrastano la scena della battaglia di Lepanto (sec. XVII) e, al di sopra, una Madonna col Bambino e i Ss. Vincenzo Ferreri e Francesco da Paola (sec. XVIII), di pittore influenzato da Pier Francesco Guala.
Organo di Carlo Serassi e Ferdinando Serassi (1837, n. 534), restaurato nel 2011 (da Fabio Stocco e Simone Prendin).
In data 1/11/1991 venne rubato un angelo dorato [AD 2002, p. 284]. Nel novembre
1996 furono sottratti dieci candelabri e dieci ovali dei Misteri del Rosario,
del sec. XVII [Cantamessa 1998].
S. Antonio Abate e dei Disciplinanti:
al centro del paese, inagibile e sconsacrata. Una chiesa di S. Antonio era presente nel
1493 [1].
L'attuale edificio sacro risale al 1650; è inagibile e sconsacrato. Era sede
dei battuti vestiti di cappa di tela grezza. Lo snello
campanile è privo di campane fin dal 1950, anno in cui furono vendute, con
quelle della chiesa del Rosario, per acquistare il concerto campanario della
chiesa parrocchiale [Barberis 1982,
pp. 153, 286].
Sopra il portale c’è un dipinto murale raffigurante la Crocifissione
[Grignolio 1980, p. 76], di recente fattura ma quasi
illeggibile. Interno a navata unica; soffitto dipinto con motivi floreali,
un calice con l’ostia, una tortora tra le nuvole, l’occhio
di Dio (soggetti presenti anche nella navata sinistra della parrocchiale
sopra il fonte battesimale). Si conservano ancora la balaustra in mattoni, il coro con una serie di stalli posti a semicerchio (sec. XIX), la cantoria collocata in controfacciata, dipinta di colore
azzurro, con motivi floreali, strumenti musicali e il
rigo. L'organo, attribuito ai fratelli Giovanni Battista e Francesco Maria Concone (sec. XVIII), fu rimodernato nel 1897 da Paolo Mentasti [Occimiano 1997, p. 54; ICCD 0100137679].
S. Francesco da Paola:
cappella barocca del palazzo dei marchesi da Passano. Fu fondata sul finire del sec. XVIII
[Novarese 1895, p. 98]. Ancora
consacrata, è stata usata fino agli anni ottanta del sec. XX per i matrimoni della
famiglia dei marchesi da Passano.
Di forma ovale; ha vetrate con sfumature di vari colori riproducenti forme
geometriche. In alto si affaccia un balconcino, simile ad un matroneo.
Bellissimo altare di marmo policromo, sopra il quale vi è un quadro raffigurante
S. Camillo. Alla parete destra è collocata una statua di S. Giuseppe
[Occimiano 1997, p. 56].
S. Vitale:
chiesa trasformata in cascinale, a nord-est del paese. Antico priorato
cluniacense, probabilmente fondato dal marchese aleramico Oberto di Occimiano e dalla moglie Berta come monastero di famiglia, in seguito a una donazione del 1127 [Bruel 1894, doc. 3996, pp.
348-51] (forse in contrapposizione con la fondazione cistercense di S. Maria di
Lucedio, effettuata nel 1123 dal marchese Ranieri di Monferrato e dai suoi
cugini). Il primo richiamo alla chiesa risale al 1203 [BSSS 40, doc. 66, p. 99]
o almeno al 1293 [Cattana 1969, p.
131; Cattana 1979, pp. 94-95].
Elencata nelle decime della diocesi di Vercelli, pieve di Mediliano, nel 1299
come «Ecclesia sancti vitalis de boscho de ocimiano» [ARMO, p.
36]. Va distinta da un'altra chiesa occimianese con la stessa intitolazione, S. Vitale de Roa (Roia, Rota), della quale si hanno notizie dal 1299 al 1586, e che forse era localizzata nelle vicinanze del priorato [ARMO, p. 36; Bo 1980, pp. 61-63; Caffù 2007]. Il priorato non dovette avere molta fortuna: tra XIII e XIV secolo i visitatori cluniacensi spesso lo trovarono semidistrutto e quasi disabitato. Già nel 1290 S. Vitale non era in buono stato. Nel 1342 il priore e il monaco non vi risiedevano più, essendosi trasferiti nel borgo di Occimiano. Nel 1366 la chiesa di S. Vitale era scoperta e il monastero distrutto [Cattana 1969, p. 134; Andenna 2015, pp. 99, 103]. Nel 1554 i beni di S. Vitale de Bosco appartenevano ormai alla Mensa Vescovile di Casale [Novarese 1892, p. 229]. Durante la visita apostolica di Carlo Montiglio nel 1584 si osserva che tetto e pavimento necessitano di restauri e le finestre devono essere chiuse, per non permettere agli uccelli di entrare nell'edificio. Nelle visite pastorali del 1712 e del 1730 la chiesa appare invece in buone condizioni e dotata dell'arredo liturgico necessario [Vescovi 2012, p. 193]. Nel 1798 chiesa e cascina sono
incamerate dal governo francese e vendute all’incanto al sig. Francesco Rangone;
da quel momento non si celebrarono più
funzioni religiose [Bo 1980, p. 64;
Occimiano 1997, p. 57].
Aula rettangolare, orientata, dotata di ampia abside semicircolare; la lunghezza (m
20.85 internamente) appare sproporzionata alla larghezza (m 6), ed è possibile
che la primitiva facciata corrispondesse al punto in cui sul fianco sud un
tratto di parete sporgente presenta alcuni blocchi di pietra che sembrano
penetrare in profondità: la chiesa sarebbe stata allora lunga circa m 14 [Piva
1998, p. 118]. La facciata è nascosta da nuove costruzioni; portale
tamponato con archivolto piano, realizzato in conci alternati di laterizio e
arenaria; la parte superiore del portale, arcuata a tutto sesto, è ancora
visibile all’interno. Abside semicilindrica, divisa in tre campi da lesene che
si interrompono a circa un metro dalla falda del tetto (la parete fu forse rialzata in un secondo
momento); vi si aprono tre finestre a doppio sguancio tamponate all’interno (quella
centrale anche all’esterno e con apertura ribassata per dar luce all'ambiente
inferiore dell'abside), con archetto monolitico e
ghiere multiple su spalle risegate da profili alternativamente a toro e a
spigolo vivo. Attorno alle finestre corre una cornice in pietra costituita da un
fitto intreccio di cerchi “a catena”. La muratura dei fianchi laterali è in
laterizio con frequenti inclusioni di conci di arenaria, meno accurata rispetto
all’abside; il fianco nord pare completamente rifatto; la zoccolatura inferiore
è di epoca romanica se non precedente, e ingloba laterizi forse tardo-antichi di
spoglio.
L’interno è stato radicalmente rifatto verosimilmente nel sec. XVII,
delimitando mediante paraste quattro campate, di cui tre hanno volte a crociera
ribassata e la più orientale volta a botte,
mentre presso l’abside risultano due campatelle (lunghe m 1.95 e 1.36) voltate a
botte. Più recentemente è stato realizzato un soppalco mediante un solaio
continuo in getto di calcestruzzo. All'interno dell’abside permangono eleganti decorazioni
scultoree a motivi vegetali: steli a ventaglio con germogli a palmetta e una
sequenza di cerchi viminei a occhiello, fra loro intrecciati. Sul catino
absidale vi sono tracce di affreschi (forse Cristo assiso nella mandorla)
[Ieni 1980a, pp. 25-26].
Nell’attuale piano inferiore dell’abside sui conci di arenaria scoperti dopo la
caduta dell’intonaco, si vedono vari graffiti (scritte e figurazioni, con la
data «1561») [Aletto 2004, pp.
37-78]; all’esterno, presso il contrafforte nord dell’abside, è incisa la data
«1409». La tipologia di chiesa ad aula rettangolare con volta (o volte) a botte
antistante l’abside era già apparsa in contesto cluniacense a Vallate e Piona.
Come epoca di costruzione è stata proposta una datazione non anteriore alla fine del sec. XII, o, più di recente, la seconda metà del sec. XII [Piva 1998, p. 118; Vescovi 2012, p. 195].
Chiesa della Consolazione o di S. Croce:
fondata dai padri crociferi (di S. Camillo), entrati in Occimiano alla fine del 1628, per lascito testamentario dell'abate Gabriele Squarciafico. L'edificio attuale, eretto nel 1673 dal padre superiore Nicolò Du-Mortier, risultò di non grandi dimensioni, a una sola navata, con tre
altari. Nel 1717 si iniziò la costruzione del convento, che ebbe termine solo nel 1765. A partire dalla seconda metà degli anni '20 del Settecento l'occimianese
padre Gaspare Riccioli, generale dei Crociferi, arricchì la chiesa di vari quadri,
paramenti, reliquiari e argenterie, tra cui tre tele provenienti da Roma di Aureliano
Milani, raffiguranti l'Assunzione di Maria,
il Transito di S. Giuseppe, e l'Apparizione di Cristo a Camillo de Lellis,
attualmente conservate nella parrocchiale [P.S.F. 1914, pp. 19-23;
Bacchetta 2007, pp. 191, 195]. Negli
anni '30 del Settecento furono realizzati un nuovo altar maggiore e la balaustra
in marmi preziosi. Nel 1775 fu approntato l'organo. Nel 1798 la chiesa aveva tre
altari: il maggiore di marmo e due laterali, dedicati a S. Camillo e a S. Giuseppe,
di scagliola. Nello stesso anno il convento fu soppresso e la chiesa restò inutilizzata;
nel primo decennio del sec. XIX l'altar maggiore, balaustre, due confessionali, quadri e altri arredi religiosi
passarono alla parrocchiale. Nel 1806 i locali della chiesa e del convento vennero
acquistati all'asta dalla famiglia da Passano; dopo diversi anni furono ceduti a
basso prezzo al Comune. Sull'area del convento venne costruito l'edificio scolastico
[P.S.F. 1914, pp. 22-24; Di Majo 2010, pp. 183, 249].
Tuttora
esiste parte della struttura muraria della chiesa, che nei decenni passati fu
trasformata al pian terreno in Salone della Musica. Il prospetto si affaccia su via Sommelleir Germain; al di sotto del timpano triangolare rialzato si apre una finestra serliana. All'interno è ancora visibile il soppalco
su cui era sistemato l’organo. Al piano superiore c’è una stanza con
soffitto molto basso sostenuto da archi incrociati
[Occimiano 1997, pp. 51-52].
S. Lorenzo de Rualdo:
chiesa scomparsa, il cui agiotoponimo sopravvive nella cascina S. Lorenzo, situata
presso il torrente Rotaldo, Km 2.5 a ovest di Occimiano. La chiesa è citata nel
1266 e nel 1369 come sede di una canonica regolare di S. Maria di Betlemme [BSSS 73/I, doc.
22, pp. 23-27; Ferraris 1984a,
pp. 64, 395-96; Moriondo 1789, doc. 343, coll. 359-363]; nel 1299 e
nel 1440 è elencata nella pieve di Mediliano, nel
1348 e 1359 tra i monasteri, i priorati e le prepositure della diocesi di
Vercelli [ARMO, pp. 36, 116, 235; Cognasso
1929, p. 234]. Nell’ultimo quarto del sec. XVI era una semplice cappella unita a
un beneficio. A 500 metri dalla cascina S. Lorenzo, lungo il corso del Rotaldo,
sono affiorati mattoni e resti di fondazioni [Bo
1980, pp. 113-15].
1 Notizia di Bruno Ferrero (2011) [Archivio di Stato di Alessandria,
Archivio Notarile del Monferrato, cart. 1052, notaio Oliviero Capelli].
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