M O N F E R R A T O A R T E

ASSOCIAZIONE CASALESE ARTE E STORIA PARCO NATURALE E AREA ATTREZZATA
DEL SACRO MONTE DI CREA
MUSEO CIVICO DI CASALE MONFERRATO
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MONCALVO

MONCALVO

 

Dial. Muncàlv. Monscalvus, 913 [BSSS 28, doc. 44, p. 73].
Moncalvo acquisì il titolo di città nel 1705 [Minoglio 1877, pp. 136-38]. Nel 1908 la frazioni di Patro e di Santa Maria furono staccate dal comune di Penango e aggregate a Moncalvo. Nel 1935 il comune passò dalla provincia di Alessandria alla nuova provincia di Asti [R.D. n. 238, 11/6/1908; R.D.L. n. 297, 1/4/1935].

Abitanti: 3314. Distanza da Casale Km 22 ‑ Altezza: m 305 s. m. Provincia di Asti.

Parrocchia di S. Antonio da Padova. Eretta ab immemorabili. Il primo nucleo abitato si formò probabilmente nell'attuale frazione Gessi dove sorse la pieve di S. Pietro, documentata a metà del sec. X, ma di origine piuttosto tardiva, quindi con poche chiese soggette, come le altre pievi della diocesi di Vercelli intitolate a S. Pietro; probabilmente originò per distacco dalla pieve di Castrum Turris o da quella di S. Michele di Meda [Ferraris 1938, p. 92; Ferraris 1995, pp. 33, 157 n. 150]. La pieve all’inizio dell’evo moderno perse ogni prerogativa a favore di S. Maria di Piazza, che si trovava nelle attuali adiacenze del teatro; citata nel 1305 [Nicodemi 1907, p. 129], nel 1536 questa chiesa fu distrutta e la parrocchia fu trasferita nell’oratorio di S. Michele (che in seguito divenne chiesa della Madonna delle Grazie). Dal 1623 al 1783 ricoprì il ruolo di parrocchiale la chiesa di S. Antonio Abate. Infine in data 8/6/1783 assunse le funzioni di parrocchiale S. Francesco. Già appartenente alla diocesi di Vercelli, entrò a far parte della diocesi di Casale fin dal 1474 [De Bono 1986, p. 34].

Chiesa Parrocchiale, S. Francesco d’Assisi: sorge all’estremità sud-est dell’abitato, su un rilievo detto Monteguardo o Belvedere, dove preesisteva il castellacium, cioè il primitivo castello aleramico [Lusso 2003, p. 46]. Secondo una tradizione poco attendibile sarebbe stata edificata nel 1272 dai Minori Conventuali con l’aiuto di Guglielmo VII, marchese di Monferrato [De Conti II, p. 95; Patria 2008, p. 156]. Prima attestazione nel 1334 [BSSS 42, I, p. 102 n. 39]. Nel 1618 era visibile sopra un arco del convento una lastra di terracotta riportante la data «1360»; altra data, «1467», era su una porta probabilmente della chiesa antica [Lupano 1899, p. 25]. Nel 1579 e nel 1601 il monastero di S. Francesco, a testimonianza della sua importanza e capienza, ospitò il capitolo della provincia conventuale di Genova [Burroni 1941, p. 15; Agnelli 2016, p. 11]. Nel 1644 buona parte della chiesa era crollata e fu ricostruita conservando le absidi, forse con riduzione in larghezza dell'aula, secondo il progetto del frate Vincenzo Rovere, guardiano del convento; la fabbrica era ancora aperta nel 1660 [Burroni 1941, pp. 22-23; Agnelli 2016, p. 24]. Nel 1744 la facciata era in pessime condizioni; nel 1749, poi, il complesso fu occupato dalle truppe francesi [Agnelli 2016, p. 15]. Furono quindi necessari interventi di ripristino dell'edificio sacro; nella seconda metà del sec. XVIII vennero rifatti gli altari laterali. Dal 1780 la chiesa fungeva da parrocchiale provvisoria; nel 1783 assunse in modo stabile le funzioni parrocchiali. Nel 1802 fu soppresso il monastero, abitato all'epoca da 13 frati Minori Conventuali, e S. Francesco, con decreto vescovile, fu ufficializzata chiesa parrocchiale [Lupano 1899, p. 120; Notario 1980, p. 293]. Con la soppressione dei monasteri promulgata in quell'anno, furono raccolte in S. Francesco varie opere provenienti dei conventi soppressi di Moncalvo e si effettuò un riadattamento di intitolazioni, stucchi e arredi degli altari della chiesa [Chiodo 2013, p. 320]. Nel 1843 l'ex convento passò in proprietà al comune di Moncalvo. Rinnovo del pavimento in bargioline e tinteggiatura grigia delle pareti nel 1860; nel 1882 le cappelle laterali furono pavimentate in cemento. Nel 1897 fu collocata una statua del Sacro Cuore [Lupano 1899, p. 175]. La chiesa venne elencata tra gli edifici monumentali nazionali nel 1911 [Alessandria 1911, p. 32]. L’attuale facciata fu realizzata nel 1932 su progetto dell’arch. Vittorio Mesturino (che riprese disegni antichi), progetto esecutivo e direzione dei lavori dell'ing. Aldo Rondelli; alcune statue furono modellate in calce da Virgilio Audagna [Oddone 1932; Moncalvo 1994, p. 19]. Al 1935 risalgono due vetrate del transetto, raffiguranti a sinistra S. Francesco e a destra l'Assunta (Fausto e Isotta Manzoni) [Agnelli 2016, p. 20]. Radicali restauri furono operati nel 1943-44 (consulenza di Vittorio Tornielli e don Angelo Verri): Mario Micheletti eseguì affreschi; il prof. Nello Cambursano restaurò 18 tele e dipinse tre affreschi dell'ultimo altare della navata destra [Moncalvo 1983, p. 58]. Mons. Giuseppe Angrisani consacrò la chiesa il 12/6/1944 [AD 1974, p. 101]. Il campanile venne restaurato nel 1977. Nel 1986 fu effettuata una ridipintura degli interni e furono sostituite le tre porte della chiesa [AD 1991, p. 149]. Tra il 2011 e il 2012 è stato completato il restauro di tutte le pale presenti nella chiesa (studio Luigi Parma di Milano).

Le parti più antiche mostrano caratteri stilistici del sec. XIV; vi corrispondono le tre absidi (nell’abside laterale sinistra è nascosto un bel capitello con scene di vendemmia [Cervini 2003, p. 51]), la zona presbiteriale, la sacrestia con l’attiguo piccolo chiostro e parte del campanile (alto m 45, con concerto di sei campane, terminante con una grande cuspide dodecagonale alta m 13, già restaurata nel 1567). La chiesa è preceduta da una larga scalinata. Facciata rivolta a nord-ovest, a due ordini, di cui quello inferiore è diviso da lesene in tre parti, ciascuna con propria porta sormontata da una statua: al centro l’Immacolata con due angeli (Virgilio Audagna), in malta di calce; a destra S. Francesco, a sinistra S. Antonio da Padova, entrambe di gesso (sec. XVIII) [Moncalvo 1983, p. 61]. Interno di ampie dimensioni (m 57 x 23 e 19 di altezza), in tre navate, divise da cinque pilastri per parte. Di Mario Micheletti
 sono gli affreschi rappresentanti il Cantico delle Creature nella cupola centrale e le Storie della Salvezza nell’abside (1943); allo stesso artista si devono le stazioni della Via Crucis su tavola, più tarde, poste sui pilastri centrali [Moncalvo 1983, p. 58; Grignolio 1993, p. 58]. Sul soffitto del presbiterio e dell'abside vi sono elaborati stucchi formanti spicchi con profeti a rilievo, di gusto riferibile al tardo '600 (post 1664) [Mallè 1974, p. 150]. Sul cornicione d'imposta della volta sono collocate statue di Santi coeve. L’altar maggiore in cotto e stucco fu costruito nel 1774 sul sito del primitivo sepolcro dei marchesi di Monferrato. Coro semicircolare di noce (sec. XVIII). Balaustrata marmorea finemente lavorata databile alla metà del sec. XVIII [Lupano 1899, p. 27; Di Majo 2010, p. 477].

Cappelle laterali di destra: a) battistero, moderna cappella con grande vetrata (Manzoni) ed elegante fonte battesimale cinquecentesca di marmo bianco scolpito. b) Allegoria francescana, tela del Moncalvo (1593) ripresa da un’incisione del 1586 di Annibale Carracci
 [Romano 1970, pp. 88-89]. c) Martirio di S. Orsola, del Moncalvo (<1618), già presente in S. Francesco nel 1618 [Burroni 1941, p. 18; Romano 1968, p. 82; Agnelli 2016, p. 74]; è l'unica pala d'altare della chiesa che conserva la cornice lignea intagliata originale. d) Natività del Battista, di Orsola Caccia (uno dei vertici della pittrice, fine anni ‘30, inizio anni ‘40 del sec. XVII), proveniente dalla chiesa del convento di S. Orsola [Chiodo 2003, pp. 46, 120]. e) Adorazione dei Magi, del Moncalvo (ca. 1610-15) (già presente nel 1618) [Burroni 1941, p. 18; Romano 1984, p. 544]. f) Cristo coronato di spine, qui portato negli anni '40 del Novecento dalla chiesa di S. Marco, e recentemente riconfermato a Ferdinando Dal Pozzo [Casalis, vol. X, 1842, p. 565; Agnelli 2016, pp. 76-77] dopo una precedente attribuzione a Orsola Caccia, da un disegno del padre [Romano 1984, p. 535]; sotto la pala, sull'alzata dell'altare, vi sono affreschi di Nello Cambursano (1944) raffiguranti il Sacro Cuore, con ai lati Il Buon Pastore e il Samaritano.  Tra e) e f) è collocato il Riposo di S. Rocco, affresco del Moncalvo (ca. 1608-13), staccato dalla chiesa di S. Rocco e restaurato nel 1969 [Romano 1971b, pp. 55-56].

In capo alla navata destra c’è la cappella dell’Immacolata, decorata con stucchi seicenteschi e con due tele di Orsola Caccia raffiguranti S. Antonino martire (inizio anni ‘60 del sec. XVII), proveniente dalla chiesa del convento di S. Bernardino dei Frati Minori osservanti [Lupano 1899, p. 113; Chiodo 2003, p. 157], e la Sacra Famiglia con S. Orsola (≤ 1625) [Moncalvo 1994, p. 27; Agnelli 2016, pp. 168-69], dalla chiesa del convento di S. Orsola; nella nicchia centrale è collocata una statua dell’Immacolata, qui portata nel 1882 [Lupano 1899, p. 174]; sotto l'altare si conserva una reliquia di S. Antonino martire, traslata dalla chiesa del convento di S. Bernardino.

Lato sinistro: a) Natività di Maria con S. Barbara, tela attribuita al Maestro delle Storie di S. Antonio. b) S. Rosalia in gloria, opera del fiammingo Vincenzo Malò (secondo quarto del sec. XVII), derivata da Anton van Dyck [Rutteri 1969, p. 103]; il quadro, reinterpretato come raffigurazione di Maria Assunta mediante una iscrizione aggiunta alla base da Nello Cambursano nel 1942-43 (scritta eliminata nell'ultimo restauro), è stato in passato attribuito ai pittori locali Beccaris o Sacchi [Burroni 1941, p. 33; Lupano 1899, p. 38]. c) Martirio di S. Maurizio, del Moncalvo e Orsola Caccia (1625), proveniente dalla chiesa del convento dei Cappuccini [Lupano 1899, p. 113; Romano 1964, p. 430]. d) tra putti affrescati da Ferdinando Dal Pozzo, entro una nicchia è accolto un Crocifisso ligneo (sec. XVI-XVII) detto “miracoloso” perché nella prima metà del sec. XVII restò intatto sotto il crollo della volta che distrusse il pulpito, su cui era collocato; in passato era presente un paliotto monocromo dipinto da Carlo Gorzio con Cristo morto, distrutto negli anni '40 del Novecento [Della Valle 1990, p. 148; Lupano 1899, p. 38]. e) S. Sebastiano curato dagli angeli, attribuito a Orsola Caccia [De Conti II, p. 370; Moncalvo 1994, p. 29]. f) Morte di S. Francesco, riferibile al Maestro delle Storie di S. Antonio, sormontato da un ovale con tre angioletti, di scuola del Moncalvo. Tra e) e f) è provvisoriamente sistemata la Vergine col Bambino, S. Marco e S. Rocco, del Moncalvo (1605-06), restaurata nel 1990 (ditta Marello e Bianco), proveniente dalla chiesa di S. Marco [Ragusa 1999, p. 143], affidata nel 2001 alla parrocchiale.

Alla sommità della navata sinistra è posto il monumento funebre del parroco don Giuseppe Bolla (qui traslato nel 1962), disegnato da don Angelo Verri, con busto in marmo realizzato da Stefano Vigna [Moncalvo 1983, p. 58]. In capo alla stessa navata si apre la cappella di S. Antonio da Padova, patrono di Moncalvo e titolare della parrocchia, col sepolcro di Guglielmo Caccia (il Moncalvo: lapide posta dall’ebanista Gabriele Capello, a sua volta autosoprannominato "Moncalvo") e sette tele, di cui le tre più grandi raffigurano: Il cuore dellavaro, di Carlo Orazio Sacchi; S. Antonio resuscita un morto, probabilmente opera di collaborazione del Moncalvo con la figlia Orsola Caccia, sopra cui è collocato un ovale con tre angioletti, del Moncalvo; Miracolo della mula, attribuito a Carlo Orazio Sacchi in collaborazione col Maestro delle Storie di S. Antonio [Agnelli 2016, pp. 54-55]. Sul soffitto altri dipinti: al centro un tondo di scuola del Moncalvo in cui è raffigurato un Angelo con un giglio (simbolo di S. Antonio), ai lati S. Antonio ricongiunge il piede alla gamba di un giovane e Degustazione del mosto, del Maestro delle Storie di S. Antonio [Moncalvo 1994, pp. 17-32].

Sulla parete sinistra del presbiterio una pregevole lapide di marmo bianco del 1591, con lo stemma composito dei Gonzaga, ricorda le sepolture del marchese Teodoro II di Monferrato col fratello Guglielmo Paleologo e di due cardinali [AD 1969, p. 59; Grignolio 1993, p. 59]. Il pulpito in noce, realizzato nel 1943-44 dagli intagliatori Amido, Cotti e Guazzo, è il risultato di un riassemblaggio (su un pannello è incisa l'iscrizione «fratelli Rivetta» datata «1758»); agli stessi intagliatori si deve la maestosa balaustrata della cantoria [Moncalvo 1983, p. 58; Palmieri 2012c, p. 252]. Notevoli sono due confessionali del sec. XVII [Monti 2015, p. 43]. La grande bussola in noce della porta maggiore, che serve anche da palco all’organo, fu realizzata nel 1825 da Francesco Contero (o Conteo), su disegno dell’arch. Ranza [Lupano 1899, p. 47]. L’organo fu costruito dalla ditta Vincenzo Mascioni nel 1942 (ristrutturando un precedente strumento di Carlo Serassi del 1832), e restaurato nel 1991 dalla stessa famiglia: ha 2500 canne, due tastiere di 58 note, 40 registri, trasmissione elettrica [Moncalvo 1994, p. 19].

Dal fondo della navata destra si entra in un corridoio che corre a lato della sacrestia, presso il chiostro; sulle pareti sono collocate varie tele provenienti da chiese di Moncalvo e del circondario, tra cui: S. Francesca Romana e l'Angelo Custode, del Moncalvo (1624-25) [Romano 1997, p. 134], originariamente nella chiesa della Madonna delle Grazie, ove era stata commissionata da Giorgio Rovere; Madonna col Bambino e i Ss. Francesco, Carlo e Elena, di Orsola Caccia (ca. 1625-30), proveniente dalla chiesa di S. Croce di Patro; Madonna col Bambino, attribuita a Orsola Caccia (ca. 1640) [Agnelli 2016, p. 109]; Immacolata Concezione, riferita a Carlo Gorzio (seconda metà sec. XVIII) [Agnelli 2016, p. 107]; Innocenzo III approva la regola francescana e l'Indulgenza della Porziuncola, attribuiti a Carlo Orazio Sacchi (inizio sec. XVII) [Agnelli 2016, pp. 107-09]; S. Francesco da Paola in gloria con S. Biagio e un santo guerriero, recentemente attribuito (ma con diverso titolo) al Maestro delle Storie di S. Antonio (secondo decennio del sec. XVII) [Agnelli 2016, p. 103]; Crocifissione (prima metà sec. XVII); S. Pietro liberato dall'angelo (prima metà sec. XVII), proveniente dalla pieve; Lavanda dei piedi (seconda metà sec. XVII), olio su tela restaurato nel 2002, già nella chiesa di S. Giovanni [Cerruti 2002b]; Madonna col Bambino e S. Giovannino (prima metà sec. XVIII); S. Luigi Gonzaga (Pietro Motaldi, 1813); Ultima cena; inoltre un frammento di affresco con S. Giorgio (?) e una giovane santa che presentano un donatore alla Vergine, attribuito a pittore lombardo del 1390-1400, strappato nel 1978 dal cortile dell’oratorio della casa canonica [Romano 2001a, p. 52; Moncalvo 2006].

In sacrestia si conservano mobili intagliati e quadri interessanti, tra cui spicca la Madonna in trono col Bambino e i Ss. Martino e Rocco, tavola di Bartolomeo Bonone (opera giovanile, ca. 1491) con cornice originale [Romano 1982b, p. 114; Tanzi 1988, p. 214], restaurata nel 2011 (ditta Luigi Parma), già in una cappella nel recinto del castello, presentata nel 1880 all’esposizione di arte antica di Torino e fino al 1940 custodita nella sacrestia della chiesa della Madonna delle Grazie [Casalis, vol. X, p. 565; Minoglio 1885, p. 15; Truffa 1971, p. 80]; inoltre Cristo nel deserto servito dagli angeli (1625?), del Moncalvo e Orsola Caccia, già nella chiesa del convento di S. Bernardino [Romano 1972, p. 763]; S. Luca nello studio, grande tela che nel 1618 si trovava in sacrestia, destinata alla cappella di S. Luca, e successivamente al rifacimento degli altari fu portata nella chiesa del monastero delle Orsoline; l'opera è attribuita a Orsola Caccia (il volto del santo sarebbe un ritratto del padre) [Burroni 1941, p. 18; Romano 1972, p. 763; Caretta 2015, p. 184]. Fanno parte del Tesoro della chiesa una bella pace-reliquiario, opera di orafo e miniatore lombardi (ca. 1430-40), forse dell’ambito di Michelino da Besozzo [Quazza 2003, pp. 56-59]; un reliquiario della Santa Croce, derivato da un ostensorio del sec. XV, riadattato a reliquiario probabilmente all’inizio del sec. XIX [Palmieri 2007, pp. 220-21]; tre busti reliquiario lignei di sante martiri, di un intagliatore con influenze germaniche (ante 1618) [Dolico 1999; Cervini 2009, p. 34].

Rispetto ad un inventario del 1929 non sono più presenti in S. Francesco molti quadri; tra questi una Immacolata Concezione di Orsola Caccia [Chiodo 2003, p. 90] e un S. Rocco del Moncalvo (1599), conservato in sacrestia fino agli anni '20 del Novecento [Bava 1997, p. 17].

Nel cortile dell’oratorio della casa canonica si rinvennero nel 1974-75 una scultura in arenaria effigiante la Madonna in trono col Bambino e un capitello a fogliami, attribuiti a scultore casalese-vercellese (ca. 1350-60), verosimilmente pertinenti al convento di S. Francesco; i reperti furono consegnati nel 1975 alla chiesa di Oltreponte di Casale, quindi, dopo l’alluvione del 2000, ai locali della Curia Vescovile, e da ultimo riportati in S. Francesco [Cervini 2003, pp. 50-51; Vaglio 2015b, p. 92].

S. Antonio Abate: in via XX Settembre (la “Fracia”). Prima del 1459 esisteva un oratorio dedicato a S. Antonio Abate, divenuto sede della confraternita dei Disciplinanti col titolo dei Ss. Pietro e Giovanni Battista. Nel sec. XVII la confraternita riedificò la chiesa nello stesso sito: la costruzione, già avviata nel 1611, venne completata solo nel 1623 [Lupano 1899, pp. 65-66; Prosperi 2019, p. 384]. Fu parrocchiale dal 1623 al 1783; venne poi abbandonata per il fetore dei cadaveri sepolti nel sottosuolo. La sacrestia, con l'altare dedicato ai santi Ignazio e Francesco Saverio, fu costruita nel 1700. Nel 1705 venne realizzata la scalinata con balaustra del presbiterio. Nel 1736 fu introdotto il rito dell’Entierro [Lupano 1899, p. 67]. Il campanile fu iniziato nel 1719 e terminato nel 1744; ha una scala in pietra del 1882 (capomastro Vincenzo Poncellino) [Lupano 1899, p. 182]. Alla metà del sec. XVIII risalgono i primi due altari laterali e sei paliotti in scagliola tripartiti di Francesco Solari (datati tra 1752 e 1756) [Ragusa 1999, p. 138]. Nel 1789 si effettuarono lavori interessanti pareti, facciata e pavimentazione; altri restauri nel 1823-24 [Lupano 1899, pp. 68-69]. Nel sec. XIX dietro l’altar maggiore c’era un quadro raffigurante S. Antonio, di Carlo o Giorgio Gorzio [rispettivamente: Casalis, vol. X, 1842, p. 565; Lupano 1899, p. 70].

Edificio di struttura seicentesca. La facciata, rivolta a nord, accoglie tre statue di gesso: in alto S. Antonio Abate, in basso S. Pietro e S. Giovanni Battista. L'alto campanile è discosto dal fianco destro della chiesa; alla base è incisa la scritta «1719 | AIAGO». L’interno della chiesa è ad aula; nella profonda abside sono collocati il coro ligneo e l’altar maggiore marmoreo del 1734 [Lupano 1899, p. 67], la cui mensa è stata staccata dopo il Concilio Vaticano II; ha un paliotto in scagliola tripartito con un ostensorio raggiato attribuito a Francesco Solari (1739). L'attuale balaustra del presbiterio è coeva all'altare maggiore [Di Majo 2010, p. 478]. Recentemente alle pareti del presbiterio sono state collocate due grandi tele seicentesche raffiguranti La cena in Emmaus e La lavanda dei piedi. Il coro ligneo è sormontato sulla parete di fondo da un grande Crocifisso moderno in ceramica policroma invetriata (sec. XX).

Gli altari delle sei cappelle laterali hanno paliotti di scagliola, stilisticamente omogenei, riferibili ai fratelli Francesco e Cristoforo Solari e agli anni 1752-56 [Vitiello 2004, pp. 91-92; Di Majo 2012b, p. 104]. A destra: a) S. Francesco da Paola (già S. Bartolomeo), altare eretto attorno al 1743, paliotto in scagliola datato 1756, con stemma della famiglia Rubini; alzata in stucco del 1780 [Caramellino 1999, p. 245; Allemano 1998, p. 112; Di Majo 2010, p. 479]; tela raffigurante i Ss. Francesco da Paola, Vincenzo Ferreri, Bartolomeo, Tommaso dAquino e il beato Alessandro Sauli (1725?), di Ferdinando Pozzo [Lupano 1899, p. 67; Ragusa 1999, p. 138]. b) altare di S. Carlo (già del Suffragio), paliotto in scagliola con le Anime Purganti, firmato «Solarius fecit anno 1755», di Francesco Solari; tela raffigurante S. Carlo Borromeo, curatissima opera tarda del Moncalvo [Romano 1968, p. 83]. c) Madonna del Carmine, paliotto di Francesco Solari (1752) con insegna della compagnia del Carmine; tela raffigurante la Madonna del Carmine col Bambino sul trono sorretto da nuvole, tra angeli, i Ss. Simone Stok e Giovanni Battista, del Moncalvo [Romano 1968, p. 83]. Nicchia accanto all’altare con stucchi (1702) e statua lignea della Madonna (1728) di Giuseppe Termine [Lupano 1899, pp. 67, 71].

A sinistra: a) S. Agata, del 1658; paliotto in scagliola, raffigurante al centro S. Lucia e con scritta alla base: «egentibus D. D. Octavio Rivetta ac Angelo Franĉo Rubino»; tela rappresentante le Ss. Liberata, Agata e Lucia, di Orsola Caccia (1637) [Romano 1964, p. 430]. b) S. Anna, paliotto, con immagine di S. Anna, Maria bambina e S. Elisabetta, e alla base la scritta: «cattarina» (?); pala con la Madonna col Bambino e S. Anna, già attribuita a Orsola Caccia, ma del Moncalvo, al più con qualche aiuto della figlia (2° decennio del sec. XVII) [Ragusa 1999, p. 138; Caretta 2012; Chiodo 2012, p. 100]. c) SS. Crocifisso o dell’Addolorata, altare benedetto nel 1753 (si trovava inizialmente al posto dell’altare di S. Agata e S. Lucia; fu qui trasferito nel 1795) [Lupano 1899, p. 68]; paliotto firmato «Solarus Fecit 1753»; nell’edicola vi sono tre statue che ricordano la scena del Calvario: Maria Addolorata (già presente nel 1712), il Santissimo Crocifisso e S. Giovanni Evangelista (collocata nel 1798) [Lupano 1899, p. 68].

Acquasantiera del 1753 [Lupano 1899, p. 68]. La moderna e stilizzata Via crucis è costituita da croci in ceramica invetriata di vari colori, opera di Luigi Bagna (sec. XX) che riprende il grande Crocifisso dell'abside. La tribuna della cantoria è addossata alla parete di controfacciata; l’organo fu ricostruito nel 1882 da Giuseppe Bernasconi [Lupano 1899, p. 73]: comprende due tastiere di 61 note, una pedaliera di 24 note, 34 registri, trasmissione meccanica [Moncalvo 1994, p. 34]; lo strumento precedente era stato costruito dai fratelli Ragozzi e collaudato da Pietro Gualeni da Brescia (attivo ad Asti) nel 1768, ma già nel 1725 era segnalata la presenza di un organo collocato sulla cantoria [Cavallo 1999, p. 108 n. 15; ASDC, Vis. past. Radicati, 470-485, fasc. 24, f. 791r].

Madonna delle Grazie (Santuario Diocesano S. Teresa di Calcutta): in via Testafochi, accanto all’omonimo palazzo. È l’unica opera del Magnocavalli a essere stata completata secondo il progetto (1756-58). Venne edificata sull’area di una precedente chiesa sede della confraternita di S. Michele, già esistente nel sec. XV, che fu parrocchiale dal 1536 (o 1530) al 1623, abbattuta per vetustà, conservando però il campanile, ricostruito a sua volta negli anni '60 del Seicento [Astuti 2005, p. 294; Prosperi 2019, pp. 530-31]; elemento rimasto dell’antica chiesa è un crocifisso scolpito a rilievo nella pietra, murato sul fronte esterno occidentale. Disegno iniziale del capomastro Giovan Battista Felli. Nel 1756 la confraternita di S. Michele chiese al conte Magnocavalli un nuovo progetto. Vi fu un periodo di tensioni tra la confraternita stessa e il Magnocavalli, il quale avrebbe accettato di cedere la piazzetta solo in cambio della possibilità di alzare il muro dell’arco di appoggio (il “voltone”) del suo palazzo per tutta l’altezza della nuova chiesa [Merletto 1987, p. 99]; venne anche interpellato per un nuovo progetto Giovanni Peruzzi. Infine, dopo un intervento di mediazione dell’abate Castagna, nel giugno 1756 giunse il progetto del conte (poco prima della sua partenza per Vicenza, avvenuta il 26/6) e il 27/7/1756 fu posta la prima pietra. All’inizio del 1758 era completato il coro; nei mesi successivi il Magnocavalli forniva i disegni per l’altar maggiore (esecutore Giacomo Pellagatta [Bravo 2002, p. 201]) e gli altari laterali, ispirati al neoclassicismo palladiano. La chiesa fu aperta al pubblico il 31/10/1758; la sacrestia fu costruita nel 1763 [Lupano 1899, p. 77]. Nel 1911 la chiesa venne elencata tra gli edifici monumentali nazionali, unitamente alla parrocchiale e alle chiese della Pieve e di S. Rocco [Alessandria 1911, p. 32]. Nel corso di restauri nel 1968 si realizzò una nuova mediocre pavimentazione, rifatta in piastrelle di cotto nel 2018. Nel 2016 la chiesa è divenuta Santuario Diocesano S. Teresa di Calcutta; alla santa, della quale è presente la statua e una reliquia, è stato dedicato il primo altare di sinistra.

Il basso campanile addossato al lato sinistro del presbiterio ha una scala in pietra del 1891 (capomastro Francesco Calzone) [Lupano 1899, p. 85]. La facciata è in cotto a vista, con buche pontaie (il progetto prevedeva intonacatura e stuccatura), mossa, lievemente aggettante nella parte centrale, con grande slancio verticale e ancora d’impostazione barocca nei due ordini sovrapposti di sei colonne ioniche, culminanti con un timpano triangolare sullo sfondo di un alto attico [Astuti 2005, p. 297]. Il portone ligneo, intagliato e scolpito, è coevo alla chiesa (Pietro Domenico Ronco, 1758) [Ragusa 1999, p. 140]. Interno a navata unica divisa in due campate da una campatella intermedia, presbiterio più stretto, abside semicircolare, quattro cappelle laterali poco profonde. Volte a vela su base ellittica, catino absidale diviso in tre spicchi. Notevole la decorazione a stucco che riveste tutto l’ambiente (di Francesco Antonio Longhi, stuccatore, ma anche capomastro subentrato al Felli nel 1758) [Moncalvo 1994, pp. 37-38; Bravo 2002, p. 201; Astuti 2005, p. 299]. Il presbiterio è sopraelevato di due gradini e chiuso da una balaustrata del 1761 in marmi policromi. L’altar maggiore marmoreo, tardo-barocco, posto su due gradini di marmo, venne disegnato dal Magnocavalli e realizzato da Giacomo Pellagatta negli anni 1758-61. Nel 2018 al di sopra dell'altar maggiore è stato appeso un grande Crocifisso ligneo realizzato in Perù, che reinterpreta in scultura il Chistus Patiens di Cimabue ad Arezzo; è stato invece rimosso un trono ligneo scolpito e dorato, opera di Serafino Varallo [Lupano 1899, p. 83], che era collocato sopra il tabernacolo e copriva la vista della tela absidale dall'aula. Il coro semicircolare si deve a Pietro Domenico Ronco (1758), artefice anche del portone d'ingresso [Ragusa 1999, p. 140]. Nell’abside sono sistemate alcune tele: al centro S. Michele e il drago, di Vitaliano Grassi (ca. 1760); la tela ha una piccola apertura quadrata incorniciata, predisposta per lasciar vedere una Madonna col Bambino, frammento d’affresco su arenaria del sec. XV molto ridipinto, proveniente dalla chiesa di S. Maria di Piazza e trasportato nell’antica chiesa di S. Maria delle Grazie tra il 1536 e il 1575; a sinistra l’Annunciazione, di Giuseppe Costanzi (ca. 1830), al lato destro Visitazione, del Costanzi (ca. 1830). Nel presbiterio sono posti a sinistra l’Assunzione e a destra la Natività di Maria, entrambi ancora del Costanzi (ca. 1830).

I quattro altari laterali, disegnati nel 1758 dal Magnocavalli dopo il viaggio nel Veneto e realizzati in stucco nello stesso anno da Francesco Antonio Longhi [Bravo 2002, p. 325], mostrano affinità con analoghe strutture del classicismo cinquecentesco veneto: due colonne scanalate appoggiate alla mensa reggono su capitelli compositi la trabeazione e un timpano triangolare; lo spazio interno, occupato dalle pale d’altare, è delimitato da due semiparaste e da un arco a tutto sesto
[Perin 2002; Astuti 2005, pp. 299-306]. Altari di sinistra: il primo altare è stato dedicato nel 2016 a S. Teresa di Calcutta; è decorato con un dipinto murale rappresentante miracoli della santa, raffigurata anche con una scultura (Luca Mancini, 2017); in precedenza era dedicato a S. Giuseppe e aveva una pala più tarda dell'altare, commissionata dalla famiglia Pozzi di Rosignano, col Transito di S. Giuseppe di ignoto pittore degli ultimi decenni del sec. XVIII; al secondo altare è collocata la Madonna del Rosario coi Ss. Domenico e Caterina da Siena, di Vitaliano Grassi (tra 1758 e 1760), committente il priore della confraternita di S. Michele Giovanni Giacomo Fautrier. In una nicchia che si apre alla destra dell'altare si trova una statua lignea argentata e dorata della Madonna del Rosario col Bambino (sec. XVIII). A destra: SS. Trinità coi Ss. Carlo Borromeo, Alberto e Vincenzo Ferreri, di pittore ignoto (>1758); Angelo Custode, di Vittorio Amedeo Grassi (1760), di ottima qualità, committenti Pietro Antonio Caroelli e Pietro Antonio Bertarelli [Ragusa 1999, pp. 139-43]. L'elegante pulpito, decorato con stucchi bianchi e dipinti, si deve verosimilmente a Francesco Antonio Longhi (ca. 1758).

Bussola di noce intagliato, stuccato e dorato (seconda metà del sec. XVIII) [Bravo 2002, p. 330]. Sopra la bussola è collocata l’orchestra con parapetto e una bellissima cassa d’organo intagliata di pieno gusto rococò. Un organo era già presente nel 1725; l'organo successivo fu realizzato nel 1775 da Giuseppe Savina; venne sostituito nel 1821 da un esemplare prodotto dalla famiglia Serassi; interventi di Pietro Barchietti nel 1869, restauro nel 2020-21 da parte della bottega organara Dell'Orto e Lanzini [ASDC, Vis. past. Radicati, 470-485, fasc. 21, f. 667v; Cavallo 2000b; Anselmo 2021]: è di piccole dimensioni, ben armonizzato con l’architettura della chiesa; dispone di 18 registri, una tastiera corta di 50 tasti e una pedaliera a leggio di una ottava effettiva [Moncalvo 1994, p. 39].

L’ampia sacrestia del 1763 è situata a fianco del coro sul lato sud; la volta è decorata con stucchi di Francesco Antonio Longhi. Vi è un altare simile agli altari laterali della chiesa, ma privo di colonne e trabeazione [Merletto 1987, pp. 113-14], una pala d'altare di fine Settecento raffigurante un Santo francescano con angioletti (uno dei quali tiene tra le mani una cazzuola e una martellina), e un grande mobile di noce datato 1773 e firmato Dallara. Fino al 1940 custodiva la Madonna in trono del Bonone, portata durante la guerra in S. Francesco [Truffa 1971, p. 80]. Fu segnalata in passato anche una tela del Moncalvo: LEterno e i Ss. Ambrogio e Carlo, già perduta nel 1968 [Romano 1968, p. 70]. La tela raffigurante S. Francesca Romana e l'Angelo Custode, del Moncalvo (1624-25) [Romano 1997, p. 134], in passato affissa nell'abside, è ora conservata presso la sacrestia della parrocchiale.

Posteriormente al fianco sinistro della chiesa è stato di recente aperto un vano voltato, la cui parete di fondo è decorata con un dipinto murale raffigurante Maria venerata dai Ss. Francesco d'Assisi, Antonio da Padova e Teresa di Calcutta, protettori di Moncalvo (Luca Mancini, 2019).

S. Marco: adiacente all’ex ospedale. L’esistenza di un ospedale è documentata almeno dal 1486 [Lusso 2010, p. 91]. La chiesa, sede della confraternita della Misericordia, fu rifatta a fine XVII – inizio XVIII secolo [Bravo 2002, p. 196]. Inizialmente aveva un portico antistante, eliminato verso la metà del sec. XIX, quando l’edificio fu prolungato. Nel 1842 vi era un quadro rappresentante l’Incoronazione di spine, attribuito a Ferdinando dal Pozzo [Casalis, vol. X, 1842, p. 565], dagli anni '40 del Novecento portato nella parrocchiale. Sulla parete di controfacciata fu realizzata una maestosa tribuna in muratura. Restauri recenti ne hanno impoverito l’architettura. Fino al 1997 fu utilizzata per celebrazioni, quindi venne ridotta ad uso profano. Immobile e arredi sono di proprietà dell’ASL della provincia di Alessandria.

Facciata rivolta a est, solcata da quattro paraste con eleganti capitelli ionici; massiccio portale con fastigio curvilineo aggettante; una finestra arcuata interrompe la base del frontone. Sulle pareti laterali si aprono grandi finestre [Bravo 2002, pp. 196-97]. Campanile a sezione triangolare, già descritto nel 1725 [ASDC, Vis. past. Radicati, 470-485, fasc. 21, f. 667r]. Pianta longitudinale allungata, ellittica; volte a vela. C’è un unico altare in muratura stuccata con paliotto in scagliola diviso in tre pannelli di Francesco e Cristoforo Solari (1742) [Caterino 2012b, p. 217]; l'alzata ha due colonne tortili laterali e culmina con un frontone spezzato in stucco bianco al centro del quale è collocata la Carità tra figurazioni vegetali (metà sec. XVII). La pala d’altare raffigurante la Vergine col Bambino, S. Marco e S. Rocco, del Moncalvo (ca. 1605-06), già in custodia in uffici comunali, nel 2001 è stata affidata alla parrocchiale di S. Francesco. Balaustrata marmorea con cancelletto metallico. In una cappelletta a forma di sepolcro si conservava la statua lignea di Cristo sepolto, opera dello scultore Termine (1710); inizialmente apparteneva al convento dei Cappuccini, dal 1819 fu portata in S. Marco, dopo un restauro del pittore Luciano Martinengo [Lupano 1899, p. 94]. La sacrestia, situata posteriormente all’altare, nel 1725 aveva funzione di coro per i confratelli [Ragusa 1999, p. 143; Caramellino 1999, p. 243]. Vi era un ritratto commemorativo del benefattore Giovan Battista Minoglio (morto nel 1827), ora trasportato per motivi di sicurezza nei locali comunali [Allemano 1998, p. 103].

S. Rocco: posta a sud dell’abitato, verso Cioccaro, in zona Sorine (dial. Surìn-i). Fu costruita dalla Comunità di Moncalvo nell’anno 1600 [Lupano 1899, p. 101]. Nel 1911 venne elencata tra gli edifici monumentali nazionali [Alessandria 1911, p. 32]. Un affresco raffigurante S. Rocco confortato dallangelo e nutrito dal cane, realizzato dal Moncalvo sulla parete di fondo, fu strappato nel 1969, poco dopo il crollo del tetto, e restaurato a cura della soprintendenza [Romano 1971b, pp. 55-56; AD 1991, p. 150]; ora è esposto nella chiesa di S. Francesco. La copertura della cappella fu ripristinata nei mesi immediatamente successivi.

Piccola chiesa in buone condizioni, in pianta rettangolare, con minuscolo campanile a vela privo di campana, collocato sopra la parete posteriore. La facciata, rivolta a nord, è preceduta da un atrio. Ha un solo altare in muratura. Ogni anno si celebra la festa di S. Rocco.

S. Giovanni Battista: adiacente alla cooperativa Sette Colli (Cantina Sociale costruita nel 1960 a poca distanza dalla chiesa), sulla strada che porta in valle San Giovanni. Eretta nel 1653 sotto la direzione di Cesare Rivetta, Giovanni Sacco e Ludovico Mussone, nel luogo in cui si trovava un pilone affrescato nel 1603 dal Moncalvo (S. Giovanni Battista nel deserto), che nel 1650 fu teatro di una guarigione miracolosa; l’affresco fu collocato sopra l’altar maggiore [Minoglio 1877, p. 24; Ronchi 2020, pp. 139-140]. La chiesa fu ampliata nel sec. XVIII; attorno al 1710 è detta «Chiesa Nuova» [Saletta 1711, vol. I, parte III, c. 150v]. La facciata fu restaurata nel 1888 e nel 1896 [Lupano 1899, p. 89]. L’affresco del Moncalvo, ancora presente nel 1765 [Barbato 1993, p. 27], era già in buona parte perduto a inizio Novecento. Lavori di ripristino del tetto furono interrotti nel 1996 in seguito ad un incidente subito da un muratore [Cerruti 1997].

È in pessime condizioni, priva di tetto. Facciata a due ordini di lesene, conclusa superiormente da un timpano a vento; in tre nicchie del primo ordine sono collocate statue a grandezza naturale di S. Giovanni Battista, S. Pietro e S. Paolo; al secondo ordine nel campo centrale si apre una finestra serliana. Interno ampio, a navata unica, preceduta da un atrio a tre arcate sostenute da quattro colonne in muratura; pavimento e balaustra di cemento. Un solo altare (restaurato nel 1887) addossato alla parete di fondo dell'aula, con due colonne tortili dipinte di nero e importanti decorazioni a stucco, solo in parte conservate, che incorniciano un lacerto del vecchio affresco, mentre non c'è più il paliotto in scagliola [Lupano 1899, p. 89]. Due porte ai lati dell'altare, anch'esse decorate a stucco, conducono alla sacrestia, al fondo della quale, sul lato sinistro, si eleva il campanile. Suppellettili e quadri sono custoditi presso la chiesa di S. Francesco e in altre chiese [AD 1991, p. 150]. Un olio su tela di autore ignoto del sec. XVII raffigurante la Lavanda dei piedi (cm 290 x 210), restaurato nel 2002, è stato destinato alla sacrestia della chiesa di S. Francesco [Cerruti 2002b].

Chiesa dell’Annunciazione (dell’Ospizio): presso il Palazzo Cissello. Da quando è stato soppresso l’Ente Cissello è proprietà del comune [AD 1991, p. 150]. Il 14/12/ 1766 il medico Tommaso Francesco Cissello legò il suo patrimonio alla consorte, con la clausola che alla di lei morte fosse eretto un ospizio di orfane nella casa di famiglia, dove già esisteva una cappella privata. L’ospizio venne aperto nel 1796, mentre la chiesa fu ultimata nel 1826 [Lupano 1899, pp. 98-99]. Nel 1962 l’orfanotrofio Cissello chiuse i battenti; dal 1965 al 1976 vi funzionò un Istituto medico-psico-pedagogico per bambine con handicap. La chiesa è da tempo inagibile.

Grazioso tempietto di forma ellittica con coretti nei quattro angoli, molto luminoso grazie alle vetrate. La volta forma un elegante bacino. Ha un solo altare e una tela rappresentante l’Annunciazione [Lupano 1899, p. 99; Truffa 1971, p. 80; Broda 1971, p. 103].

Maria Ausiliatrice: chiesa appartenente alla fabbrica di confezioni Trasformazioni Tessili. Costruita dal 1954 al 1957 negli ex capannoni della filanda, progetto dell’arch. Morbelli su commissione del dott. Gino Piacenza, titolare della T. T. [Moncalvo 1983, p. 68]. Fin dalla prima metà del sec. XVII si trovava nello stesso sito una chiesa dedicata a S. Sebastiano (nel 1765 aveva un quadro con la Madonna e i Ss. Sebastiano, Rocco e Carlo [Barbato 1993, p. 31]); quando, verso l’inizio del sec. XIX, la chiesa di S. Sebastiano divenne inservibile, la famiglia Camossi fece costruire in suo luogo un oratorio dedicato a S. Giobbe, fatto restaurare nel 1897 dal sig. Carlo Gerli, proprietario dell’attigua filanda [Lupano 1899, pp. 102-103].

Chiesa in stile moderno, ad aula unica allungata con abside; ampie vetrate laterali. Pregevole statua lignea della Madonna; opere in ferro battuto di Mario Graziano [Moncalvo 1983, p. 68]. Viene utilizzata dalle Suore Figlie di Maria Ausiliatrice che gestiscono, in locali di proprietà dell’Azienda T. T., 1’oratorio parrocchiale [AD 1991, p. 151].

Chiesa del cimitero: è posta sopra l’ultimo torrione di sud-est delle antiche fortificazioni. Fu costruita nel 1784, contemporaneamente al primo cimitero pubblico.

Piccolo campanile privo di campana. In facciata sopra la porta d’ingresso c’è una lunetta vetrata; ai lati della porta due finestrelle con inferriate. Volta a botte. L’unico altare un tempo aveva un grosso Crocifisso. Sulla parete di fondo dietro l’altare, c’è un dipinto murale del sec. XX col Cristo nella mandorla, contornato da otto sacerdoti che reggono il pane [Cerruti 1999]. Sotto il piano della chiesa c’è un ambiente sotterraneo che serviva da sepolcro dei sacerdoti [Lupano 1899, pp. 100-101], raggiungibile attraverso una porta di ferro battuto all’esterno della chiesa.

Chiesetta della Stazione: nell’omonima frazione, in via Mulino. Locale di proprietà della famiglia Cornacchia, che da decenni viene affittato ed adibito alla celebrazione mensile della messa. Recenti opere di abbellimento [AD 1991, p. 150].

Cappella presso la Casa di Riposo “G. Gavello”: costruita nel 1967, in sostituzione di una precedente, su progetto dell’ing. Tovo, e dedicata alla Sacra Famiglia [Moncalvo 1983, p. 68]. Serve alle celebrazioni che si tengono presso la Casa di Riposo.

Cuore Immacolato di Maria Ausiliatrice (cappella presso Villa Serena): su un rilievo ad ovest dell’abitato, nel luogo detto S. Bernardino, perché corrisponde al sito del non più esistente convento omonimo. Secondo una tradizione non documentata, il convento nel sec. XIII sarebbe appartenuto all’abbazia di S. Maria di Lucedio, che già nella prima metà del sec. XII possedeva una grangia a Moncalvo [Minoglio 1877, p. 21; Sincero 1897, p. 281; Vaglio 2015a, p. 32]. Potrebbe essere questa la sede presso la quale, secondo alcune cronache (tra loro non del tutto coincidenti), nel sec. XII sarebbero state depositate dagli Aleramici importanti reliquie provenienti da Costantinopoli [Sangiorgio 1780, pp. 30-31; Del Carretto 1848, coll. 1106-07; Moriondo 1790, coll. 266-67]. È invece dato accertato che nel 1515 vi entrarono i Frati Minori Osservanti. Il primitivo titolo era S. Maria degli Angeli; attorno al 1580 prevalse il titolo di S. Bernardino; le prime notizie della nuova dedicazione risalgono al 1584. Nel 1598 la chiesa venne ampliata; nel 1622 vi furono portate reliquie di S. Antonino martire. Era un edificio di grandi dimensioni, con otto cappelle laterali. Dopo la soppressione del 1802 convento e chiesa passarono a privati; la chiesa divenne sala di una villa. Dalla chiesa di S. Bernardino provengono una tela del Moncalvo raffigurante Il pubblicano e il fariseo (1604), oggi di proprietà privata [Chiodo 2013, p. 317]; la tela di Orsola Caccia rappresentante S. Antonino martire (ora nella parrocchiale), la tela di collaborazione tra Moncalvo e la figlia Orsola Caccia, raffigurante Cristo nel deserto servito dagli angeli (collocata nella sacrestia della parrocchiale) e un altare di marmo rosa (forse l’altar maggiore) trasferito nella chiesa di S. Grato di Lussello [Minoglio 1877, p. 22; Burroni 1941, pp. 35, 40-43].

Della chiesa antica rimangono parte della parete nord, con sfondati corrispondenti a cappelle laterali, il coro e parte del presbiterio. L’attuale cappella, dedicata nel 1949 al Cuore Immacolato di Maria Ausiliatrice [Moncalvo 1983, p. 68], trova posto nel piano superiore dell’ambiente corrispondente a presbiterio e coro dell’antica chiesa; il grande salone è stato soppalcato e chiuso verso est da un’ampia vetrata. Nei locali adiacenti sono ospitate persone assistite dall’Opera Diocesana di Assistenza sotto la direzione delle Suore della Carità [AD 1991, p. 151].

S. Pietro in Vincoli (Pieve): si trova in strada Gessi (dial. i Ges), 1 Km a sud-ovest del capoluogo; probabilmente in questa zona si formò il primo insediamento di Moncalvo [AD 1991, p. 150], con la pieve forse attoniana, già presente nell’elenco della diocesi di Vercelli di metà sec. X [Ferraris 1938, p. 92; Ferraris 1984a, tav. II]. Fra il 1210 e il 1378 era soggetta alla canonica regolare dei Ss. Pietro e Paolo di Ferrania (diocesi di Alba), che aveva diritto di nomina del pievano [Ferraris 1995, p. 156 n. 149]. Prima del sec. XVI S. Pietro perse le prerogative di chiesa parrocchiale. L’attuale piccola costruzione venne benedetta il 2/8/1744; per la sua costruzione fu utilizzato materiale di risulta degli edifici precedenti. Nel 1765 vi abitava un eremita [Barbato 1993, p. 18]. La scalinata d’accesso fu costruita a fine sec. XIX [Lupano 1899, pp. 11-12]. Nel 1911 la chiesa venne elencata tra gli edifici monumentali nazionali [Alessandria 1911, p. 32]. Fino al 1947 presso la chiesa risiedeva un custode; nel 1979 venne demolito il locale attiguo pericolante. Restauri negli anni ottanta del sec. XX.

Facciata rivolta ad ovest, completata da un timpano rialzato sul cui lato sinistro s'innalza un campaniletto a vela. Il portoncino d’ingresso è di recente fattura; ai suoi lati, sopra due bassi sedili di pietra, si aprono due finestrelle “di devozione” protette da una grata. Tre finestre sono invece nella parete meridionale. Pianta rettangolare. Volta a padiglione, pavimento in piastrelle di terracotta; un solo altare in cotto. Il coro funge anche da sacrestia; sul fondo, entro una cornice in stucco con angioletti, è posta una tela centinata raffigurante S. Pietro in Vincoli e langelo, con piccolo stemma bicolore alla base (tre stelle nella parte superiore e un capricorno in quella inferiore). Lo spazio per i fedeli è occupato da sei banchi e alcune sedie [Cerruti 2002a]. Si celebra una tradizionale festa al termine della mietitura.

Una lapide romana probabilmente rinvenuta nei dintorni, fu murata in epoca imprecisata all’esterno della chiesa. Nel 1994, per motivi di conservazione, la lapide venne rimossa, restaurata (Gian Luigi Nicola) e ricollocata nel corridoio della biblioteca civica di Moncalvo; nel 1996 sul muro della chiesa venne posto un calco dell'originale. Si tratta di una stele di arenaria con intrusione di conchiglie fossili, delle dimensioni di cm 91 x 60, mutila in alto e in basso, del tipo della pseudo-edicola; nel timpano è scolpita a rilievo una testa di Gorgone; i triangoli frontonali sono decorati da due delfini con muso rivolto in basso; è un epitaffio voluto da Irria Secunda per sé e per il marito C(aio) Sulpicio Severo, seviro e augustale. La stele viene attribuita a epoca non posteriore agli inizi del sec. II d. C. [Mommsen 1877, n. 7455; Mercando 1998, pp. 183-84].

S. Croce: a Patro (dial. Patru. Pautrengum?, 961 [BSSS 42, I, doc. 1, p. 2]). Risale al sec. XVI. Nel 1563 fu chiamato il capomastro Francesco Donato per la costruzione della volta, lo spostamento dell'altare dalla parete di fondo e altri interventi; era già presente il campanile. Venne rifatta nella struttura esterna al principio del sec. XIX. Fu eretta in vicaria il 16/3/1822 da mons. Francesco Alciati [Lupano 1899, p. 127]; unita «aeque principaliter» con Castellino nel 1962; la parrocchia venne infine soppressa nel 1986 [AD 1974, p. 113; Decreto vescovile 30/6/1986]. È in buone condizioni di statica e di conservazione. È officiata [AD 1991, p. 150].

Esterno intonacato; facciata limitata da due lesene angolari poggianti su uno zoccolo e sorreggenti trabeazione e frontone triangolare, che reca in una nicchia la statuetta di S. Elena con la Croce, mentre al di sopra del timpano del portale si apre un oculo. Sul fianco destro, al di sopra della sacrestia, si innalza il campanile. L’interno è ad aula rettangolare con presbiterio sopraelevato di due scalini e delimitato da una balaustrata marmorea del 1803; ha un solo altare, in muratura stuccata e dipinta a finto marmo, dietro cui è sistemato un coro ligneo. È conservato il pulpito ligneo intagliato, appeso col suo baldacchino alla parete destra dell'aula. Una tela attribuita a Orsola Caccia, raffigurante la Madonna col Bambino e i Ss. Francesco, Carlo e Elena, è ora depositata nella sacrestia della parrocchiale.

S. Caterina d’Alessandria: in frazione Castellino (dial. Castlìn. Castellarium, 1266 [BSSS 41, doc. 306]). Esisteva già nel 1584 (visita apostolica Montiglio). Nel 1725 era in ricostruzione, con coro rettangolare appena realizzato. L’attuale edificio risale agli inizi del sec. XIX [ASDC, Vis. past. Radicati, 470-485, fasc. 15, f. 529r; AD 1969, p. 41]. Fu sede di parrocchia fino al 1986 [Decreto vescovile 30/6/1986]. Vi si officia la messa una volta al mese. Le sue condizioni sono discrete [AD 1991, p. 150].

Elegante campanile dalle snelle linee. Il pavimento della sacrestia, rifatto negli anni settanta del sec. XX, ospita una lapide con stemma della famiglia Dal Pozzo; due altre lapidi sono state coperte. Nel 1969 venne rubata dall’altare della cappella laterale una tela del sec. XIX ritraente S. Giorgio, unitamente a varie suppellettili. I fedeli conservano in altro luogo un bel reliquiario di S. Caterina in legno dorato [Angelino 2003, p. 107].

S. Giorgio: presso Castellino (600 metri a ovest del centro abitato, verso la ex strada statale per Moncalvo). Cappella campestre diroccata sul bricco S. Giorgio. Corrisponde alla chiesa di S. Giorgio di Orengo, citata nel 1153 in rapporto con S. Vittore di Suenengo (Cioccaro) [BSSS 40, doc. 19, pp. 28-30; Ferraris 1974, p. 44; Ferraris 1995, p. 122]. S. Giorgio di Orengo è documentata più volte nel distretto di Moncalvo, e non coincide con un'altra località prediale di nome Orengo localizzabile nel territorio di Calliano ai confini con Penango. Nel 1234 i diritti della chiesa furono assegnati alla canonica di S. Evasio; nel 1358 S. Giorgio fu unita alla mensa capitolare con la chiesa di S. Michele di Rolasco [BSSS 40, doc. 168, p. 311; Colli 1726, n. 286, 289]. Fu chiesa parrocchiale; ancora agli inizi del sec. XVIII ne conservava le prerogative, sebbene i sacramenti venissero amministrati nella chiesa di S. Caterina [Bo 1980, p. 140]. Nel 1708 risultava «nuovamente fatta et assai propria» [ASDC, Vis. past. Radicati, 470-485, fasc. 2, f. 54r]. Venne ricostruita nel 1880 e benedetta nel 1881. Era un piccolo edificio (m 6.25 x 4) privo di coro, con presbiterio di circa due metri di lunghezza [Cerruti 2014].

Oggi resta una cappella difficilmente raggiungibile, priva di copertura e invasa dalla vegetazione. Le pareti, ancora in parte intonacate, sono costituite da cantoni di arenaria alternati a filari di laterizio; in facciata permane la cornice lapidea del portale, sormontata da un timpano. Una finestra si apre sul fianco destro. All'interno vi sono miseri resti dell'altare che era appoggiato alla parete di fondo e al di sopra la cornice di stucco della dispersa pala d'altare. Nella parete sinistra presso l'altare è incavata una nicchia. I terreni limitrofi sono cosparsi di laterizi e pietre [1].

S. Maria delle Peschiere: in frazione Santa Maria. Dal 1573 è documentata la presenza nella valle di una peschiera ad uso dei Gonzaga, donata nel 1628 a Vincenzo Magnocavalli [Allemano 1998, p. 4; Raviola 2003, p. 283]. La chiesa fu edificata nel 1624 con materiale scadente; venne abbattuta nel 1754 e ricostruita. Nel 1886 fu restaurata la facciata, rinnovato il pavimento e ampliata la sacrestia [Lupano 1899, p. 97]. Il campanile potrebbe essere ancora quello originario; ha tre campane del 1858, fuse dai fratelli Marchioni di Asti [Lupano 1899, p. 96; Allemano 1998, pp. 125-29], e il quadrante d’orologio (sistemato nel 1899, ma non più funzionante dagli anni ottanta del sec. XX) con le sfere fissate simbolicamente alle ore 3 durante restauri del 1997 [Allemano 1998, p. 131]. Fu parrocchiale dal 1925 (lapide presso l’acquasantiera) al 1986 [Decreto vescovile 30/6/1986]. Si officia la messa nei giorni di festa. Sono celebrate con particolare solennità le feste di S. Pancrazio (12 maggio) e della Natività della Vergine (8 settembre) e in tali occasioni si tengono processioni [AD 1991, p. 150].

In facciata sopra il portale c’è un dipinto murale che raffigura la Natività di Maria, ritoccato nel 1948 da Nello Cambursano [Allemano 1998, p. 81]; nella fascia che chiude in alto il prospetto si legge la scritta «Mariae nascenti». Sul portone, da poco restaurato, è segnata la data di costruzione «1767» [Allemano 1998, p. 344]. Sul fianco sinistro vi sono tracce di un quadrante solare con stilo polare, databile alla seconda metà del sec. XIX [Mesturini 2008, pp. 23-24]. Pianta a rettangolo irregolare, più stretto verso l’altare, con abside. La pavimentazione di marmo rosa del Garda fu realizzata nel 1970 (nell’occasione sotto il pavimento si rinvennero tombe). Gli affreschi del soffitto, di argomento eucaristico e mariano, sono opera di Arturo Tomagnini (1937); altre decorazioni sono di Francesco Stornino (ca. 1950). L’altar maggiore marmoreo è del 1932, il tabernacolo di sicurezza del 1943. Il coro in alice d’America fu costruito nel 1932 da Mario Cerrato [Allemano 1998, p. 283] . Al di sopra c’è un dipinto murale di Luigi Romanello effigiante la Sacra Famiglia con S. Anna e S. Giovannino (1920). Ai lati entro nicchie sono poste le statue del Sacro Cuore e dell’Immacolata (1927) [Allemano 1998, pp. 246, 268]. Lateralmente al presbiterio si aprono due cappelle: a destra c’è l’altare dei Ss. Grato e Giuseppe, rinnovato nel 1967, con tela ad olio rappresentante S. Grato rivolto verso S. Giuseppe in cielo; a sinistra è situato l’altare di Maria Bambina con tela in cattive condizioni; entrambe le tele sono opera di Giovanni Luigi Capello e risalgono al 1778 [Lupano 1899, p. 96]. Il fonte battesimale, inizialmente collocato in fondo alla chiesa, è ora incastonato nella mensa dell’altare di S. Giuseppe [Allemano 1998, p. 232]. Piccola balaustrata di marmo. L’altare laterale di S. Pancrazio, di marmo, risale al 1932; la statua di S. Pancrazio fu benedetta nel 1903 [Allemano 1998, pp. 233, 283]. C’è un confessionale realizzato da Giovanni Maria Camino nel 1771, riparato nel 1930 [Allemano 1998, p. 345]. I banchi sono opera di Cerrato e Garrone (>1932) [Allemano 1998, p. 283]. Statua in gesso di S. Espedito martire; statua lignea di S. Rita, di Corrado Runggaldier (1965) [Allemano 1998, pp. 247, 302]. Una tela raffigurante la Nascita di Gesù restaurata nel 1997, in passato situata sopra la porta d’ingresso, si trova ora in sacrestia [Allemano 1998, p. 76].

S. Martino: si trovava a sud-est di Moncalvo, tra la chiesa di S. Maria delle Peschiere e la chiesa di S. Rocco; l’agiotoponimo è conservato nella cascina San Martino. Non deve essere confusa con la chiesa di S. Martino, tuttora esistente a poca distanza (m 1400 in linea d’aria in direzione sud-est) su un piccolo rilievo nella parrocchia di Grazzano. Corrisponde alla chiesa di S. Martino di Guango o Guaitengo, elencata nella pieve vercellese di S. Cassiano dal 1299 al 1440 [ARMO, pp. 37, 112, 236; Cognasso 1929, p. 227] e successivamente nella parrocchia di Moncalvo. Il toponimo deformato si ritrova nel sec. XVIII quando la zona circostante era indicata come «Uengo o sia Valeggia» [Bo 1980, p. 83] (la cascina Valeggia si trova circa m 300 a nord della cascina San Martino). Nel sec. XVIII era di patronato della famiglia Rivetta [Alemanno 1998, p. 82]. Fu fatta riedificare da Giuseppe Camossi e aperta al pubblico nel 1825. Nel 1899 non era più officiata [Lupano 1899, p. 103]. Alcuni decenni fa affiorarono i resti di un cimitero [Bo 1980, p. 83].


1 Comunicazione di Davide Celoria (2022).