LU
LU
Dial.
Lü. Lugus, 1028 [Moriondo 1790, doc. 1, col. 517].
Nel 1929 vi fu una permuta di zone di territorio tra i comuni di Lu e di Mirabello Monferrato. Nel 2019 il comune si è estinto, entrando a far parte del nuovo comune di Lu e Cuccaro Monferrato [R.D. n. 3301, 24/12/1928; L.R. n. 2, 22/1/2019].
Abitanti: 1196. Distanza da Casale Km 18 ‑ Altezza: m 307 s. m. Provincia di
Alessandria.
Parrocchia di S. Valerio. Eretta il 17/3/1479 con bolla di papa Sisto IV. La pieve di S.
Giovanni di Mediliano originò forse per filiazione della pieve di Industria
tra i secoli VI e VIII [Ferraris
1984a, p. 117]. In seguito, verosimilmente nel periodo compreso tra il 1156 e il
1255, furono erette tre chiese parrocchiali nel paese di Lu: S. Pietro,
all’interno del castrum signorile, citata dal 1055 [Moriondo
1789, doc. 21, coll. 33-34], S. Nazario, appena al di fuori dell’anello
delimitante il castrum, lungo la linea di espansione insediativa
meridionale, e S. Giacomo, più discosta verso nord-est
[Ferrero 2001, pp. 7-8]; sono le
tre chiese di Lu elencate nel 1299 negli estimi della diocesi di Vercelli,
pieve di Mediliano [ARMO, p. 36]. Lu passò dalla diocesi di Vercelli alla nuova
diocesi di Casale già nel 1474 [De Bono
1986, p. 34].
Chiesa parrocchiale, S. Maria Nuova:
nella parte alta dell’abitato. Papa Sisto IV con bolla del 13/2/1479 soppresse la
pieve e collegiata di S. Giovanni di Mediliano, trasferendo ogni sua prerogativa a
favore della erigenda chiesa di S. Maria Nuova [Ricaldone
1982, p. 28]. Il cantiere della nuova chiesa fu aperto verosimilmente nella
primavera del 1480 [1]; l'edificio venne
costruito sopra la chiesa di S. Pietro (che conservò la propria identità per
altri due secoli [Ribaldone 1997]).
Dopo una stasi dei lavori, nel 1482 fu costruita l'abside e nel 1485 la chiesa
era completa nelle strutture portanti. Nel dicembre 1493 Stefano Vidani ricevette
l'incarico per la realizzazione di sei capitelli e per altri lavori, tra cui l'adattamento
della lastra lapidea dell'altar maggiore. La volta venne completata nei primi
quattro decenni del '500; campanile e portale furono costruiti attorno al 1530.
Negli anni 1747-48 le grandi colonne rotonde in mattoni a vista, coi rispettivi capitelli,
vennero foderate per formare pilastri con sezione a croce quadrata e gli archi acuti furono
trasformati a tutto sesto [1]. Nel 1748, per
intervento del marchese cardinale Giacomo Millo di Altare, ai
canonici fu concesso il privilegio della cappa magna e del rocchetto (in luogo
dell’almuzia). Grandi restauri furono effettuati nel 1856-59 (arch. Angelo Marchini): fu abbattuta e arretrata
la fiancata sinistra pericolante, eliminando le cinque cappelle interne omolaterali; furono demoliti
tutti gli altari, tranne il maggiore e l’altare del SS. Sacramento (nell’attuale
cappella del Rosario); venne abbattuto il campanile sulla sinistra della facciata; fu
rifatto il pavimento; le attuali vetrate di sinistra sono di quell’epoca. Nel 1848
e nel 1859 vennero abbattute due case per sistemare il sagrato (1868) e creare
lo slargo che circonda il campanile. Il nuovo campanile fu eretto nel 1887-88 (arch.
Marchini). Nel 1892 vennero installate otto nuove campane (fonditore Pasquale Mazzola)
[Colli 1914b, pp. 13-15; Ferrero 2003, p. 21].
Nelle lunette sovrapposte alle due porte laterali della facciata vennero collocate
nel 1957 due ceramiche policrome, raffiguranti la Pesca miracolosa e la
Conversione di S. Paolo, della scultrice Dora Galli [Tagliabue 1957]. In seguito ai danni del terremoto dell'agosto 2000, tra il 2002 e il 2005 furono effettuati lavori di consolidamento del campanile, rifacimento del tetto,
rinforzo delle pareti laterali [Ranzato
2009, pp. 52-53]. La collegiata è ora formata da
cinque canonici effettivi e due onorari [AD 1991, p. 142].
Facciata a capanna in stile gotico scandita da quattro paraste culminanti con
pinnacoli non originali (furono collocati negli anni '50 del Novecento); nei tre settori delimitati dalle paraste si aprono due porte laterali e il portale centrale risalente al 1750. Alla destra della
facciata s’innalza il campanile, in stile composito con mattoni a vista; è alto
m 24 e con la cuspide raggiunge m 36; ha sezione rettangolare fino al tetto
della chiesa, prende quindi forma ottagonale; la cella campanaria ospita un
concerto di otto campane (Pasquale Mazzola, 1892). Interno di grandi dimensioni (m 41 x 16, altezza m 18), diviso in tre navate e sei campate da robusti pilastri che sorreggono gli archi [Meda
1979, p. 31; Isola 2003, p.
52]. Pavimentazione in cementine quadrate di due colori. Sulle volte
vi sono ornati di Davide Ortoni e figure di Luigi Hartman (1856-59)
[Colli 1914b, p. 13]. Il
monumentale altar maggiore, simile al coevo altare della parrocchiale di
Morano sul Po (opera di Francesco Bottinelli), fu costruito nel 1767 utilizzando
pietre policrome varie tra cui il “marmo broccatello” (calcare ricco di conchiglie
fossili) estratto presso la cascina Firata
[De Conti, X, p. 270;
Tizzani 1967, p. 13;
Di Majo 2010, p. 427]. Nell’abside, al di sopra del pregevole coro dei canonici di noce intarsiato (1703 [1]), c’è un rilievo in stucco della Vergine Assunta, di Giuseppe Argenti (1846-47); ai lati
due grandi vetrate della ditta Manzoni su disegni di
don Verri (1946), cui si devono anche
le vetrate del presbiterio. Bella balaustrata marmorea (datata 1763) [Colli 1914b, pp. 12, 14;
Meda 1979, pp. 31-32]. Le cappelle
a lato dell’altar maggiore furono rinnovate nel 1858; a destra c’è la cappella
salesiana (già dell’Addolorata), con una tela di Paolo Giovanni Crida (1957) raffigurante l’Ausiliatrice col Bambino, don Filippo
Rinaldi e don Bosco [Meda 1979,
p. 32, 40] (copia di un quadro inviato negli Stati Uniti
[Angelino 2003, p. 98]); la
cappella di sinistra, del SS. Sacramento, ha un mosaico
moderno (1954) in ricordo di Filippo Rinaldi [Meda 1979, p. 31].
Sulla navata destra restano aperte solo tre delle sei cappelle originali: quella
che era la prima cappella è stata occupata dalla base del campanile; le ultime due
cappelle sono state chiuse per formare la nuova sacrestia: a) cappella del Crocifisso (1883): ha un gruppo
statuario di Antonio Brilla [Colli
1914b, p. 14] con Maria, la Maddalena e S. Giovanni (anni ’80 del sec.
XIX), sotto un Crocifisso processionale più antico; alle pareti affreschi
di Luigi Onetti (1908) con il Giudizio
di Pilato e Gesù alla colonna [Meda
1979, p. 31; Grignolio 1993,
p. 54]. b) delle Vocazioni luesi, inaugurata il 28/8/1988 (progetto di don
Verri): ha tre tele di Ambrogio Fumagalli (1986) [AD
1991, pp. 143, 291]. c) del Rosario (già SS. Sacramento): altare e balaustrata
del 1760; pala lignea raffigurante la Madonna del Rosario, di bottega di
Giuseppe Giovenone il Giovane (<1584), rifilata lungo tutti i bordi nel sec. XIX
per essere trasportata da altro altare all'attuale collocazione entro una cornice
mistilinea [Romano 1971b, p. 54;
Galante 1982, pp. 238-39; Palmieri 2011, p. 54];
stucchi di Pietro Cantoni, pavimento a
mosaico del 1859; sono presenti anche una Madonna del Rosario lignea, proveniente dalla chiesa di S.
Nazario, un’altra statua settecentesca della Madonna col Bambino, in
una nicchia laterale, e un gruppo statuario di stucco con S. Giuseppe e Gesù Bambino, di padre Giuseppe Latini (1858) [Meda 1979, p. 32]. Sulla parete laterale destra si trovano altre due tele
mediocri: Cristo deposto dalla croce con l’Addolorata e S. Carlo (sec. XVII), e i
Ss. Maurizio e Defendente con S. Valerio vescovo (sec. XVIII). La parete laterale sinistra è priva di cappelle e altari (demoliti nel 1856); le vetrate risalgono agli anni 1856-59. Vi sono posti il battistero e un confessionale neoclassico; inoltre alla parete della navata sinistra sono collocate due tele seicentesche: S. Antonio col Bambino, di
Orsola Caccia (1652) [Romano
1964, p. 430; Palmieri 2011, p. 21],
e Le cinque vergini (Prisca o Barbara, Brigida, Scolastica,
Pudenziana, Petronilla) con le anime purganti, tela attribuita ad Angelica
Bottero, realizzata entro il 1682, e integrata nel 1725
con la parte inferiore raffigurante le Anime del purgatorio
[Palmieri 2011, pp. 56-58].
L’organo di 2600 canne, collocato sulla cantoria sopra la bussola centrale, è opera di Giovanni Mentasti (1882); necessita di restauro [Isola 2003, pp. 42-43].
La sacrestia conserva un altare marmoreo e armadi del 1760, una statua di
marmo dell’Assunta con iscrizione che ricorda l’erezione della collegiata
[Meda 1979, p. 32]. La famosa tela I Canonici di Lu di
Pier Francesco Guala (1748), già presente in sacrestia e depositata per tutela nel 1966 nel Museo Civico di Casale, dal 2016 è esposta nel Museo d'Arte Sacra San Giacomo di Lu.
La cripta di S. Valerio corrisponderebbe all’antica chiesa di S. Pietro,
eretta all’interno del castrum signorile, probabilmente agli inizi dell’XI
sec. [Banfo 1995, p. 427;
Banfo 2004, p. 167]. Citata col
titolo per la prima volta nel 1055 come cappella «in loco, et fundo Lugo»,
quando venne confermata al monastero di S. Pietro di Savigliano, cui era stata
donata nel 1028, mutuandone la dedica a S. Pietro [
Moriondo 1789,
doc. 21, coll. 33-34; Moriondo 1790,
doc. 1, col. 517]. Tra i sec. XII e XIII subì una trasformazione radicale da
cappella a chiesa vera e propria e divenne parrocchiale. Nel 1299 dipendeva
dalla pieve di Mediliano, stimata ben
20 lire astesi; decadde nel 1348, e non fu più censita nel 1440, ma divenne
nuovamente la chiesa di Lu con la rendita maggiore nel 1479 all’atto di
fondazione della nuova parrocchiale di S. Maria Nuova
[Ferrero 2001, pp. 9-10]. Il 21/1/1721 ricevette i resti delle
reliquie di S. Valerio, dopo il furto del busto d’argento dalla chiesa di S.
Valerio [Tizzani 1967, pp. 212-13;
Provera 1988]. Nel 1724 fu ristrutturata
approntando una scala di collegamento con la chiesa superiore; l'anno successivo
venne riconsacrata e dedicata a S. Valerio
[Colli 1914b, p. 17]. Per il dislivello del
terreno riceve illuminazione ed accesso diretto anche dall’esterno. Bella cancellata di ferro e
ottone; decorazioni dell’indoratore Giovanni Gallese (1868). Nel 1868
furono edificate due cappelle laterali e fu rinnovata la gradinata [Meda
1979, p. 35]. Attorno al 1985 furono effettuati lavori per salvaguardare
la cripta dall’umidità. Una graziosa acquasantiera settecentesca di marmo bianco con testina di putto è collocata all'inizio della scenografica doppia scalinata a due rampe. Il quadro ritraente S. Valerio è di Lorenzo Bona
(1868; a modello fu preso il sig. Luigi Costa). L’altare marmoreo (1721)
racchiude una cassa rinforzata datata 1729, contenente le reliquie di S. Valerio. Il busto
d’argento, realizzato a Casale nel 1720
[Colli 1914b, pp. 16-18; Tizzani 1967,
p. 215] e reliquiari delle braccia del martire vengono
periodicamente portati in processione [Grignolio
1993, p. 54].
S. Nazario martire:
appena all’esterno dell’antico anello del castrum. È la chiesa più
elegante di Lu (era di patronato dei Bobba, la famiglia più abbiente del paese).
Sorse tra il 1156 e il 1255 (probabilmente entro il sec. XII)
[Ferrero 2001, p. 8]; compare negli
estimi vercellesi, pieve di Mediliano, nel 1299 [ARMO, p. 36]. Da tempo antico
si venera una reliquia della Croce [Tizzani
2006, p. 27]. Eretta in
parrocchia nel 1565, restò tale fino al 1986 [Decreto vescovile 30/6/1986]. La
facciata fu rifatta nel 1697 da Carlo Maria Mariano; venne restaurata nel 1951
[Ferrero 2002a, p. 41;
Tizzani 2006, p. 42 n. 59]. Nel 1724
Carlo Cesare Pellagatta e Bernardo Buzzi realizzarono in marmo
l’altar maggiore e la balaustrata. Restauri nel 1748
[Ferrero 2002a, pp. 52, 67]. Negli
anni '70 dell'Ottocento l'organo fu spostato dalla zona absidale all'ingresso della
chiesa; nell'occasione venne murato il finestrone della facciata (riaperto poi nel 1926)
[Tizzani 2006, p. 39]. Nel 1911 la chiesa venne elencata tra gli edifici
monumentali nazionali, con segnalazione del coprifonte battesimale ligneo
[Alessandria 1911, p. 29]. Nel 1912
fu costruita una nuova sacrestia sul lato sud. Tra il 1912 e il 1914 la cappella
dei Bobba, intitolata alla Concezione di Maria, fu restaurata e ridedicata alla
Madonna di Lourdes: il vecchio altare di mattoni fu rifatto in marmo; Rodolfo Gambini
progettò la grotta, Ulisse Grillo disegnò la balaustra e gli archi soprastanti,
Pietro Colli decorò le pareti; la statua della Madonna fu realizzata a Milano.
Tra il 1914 e il 1915, su progetto di Rodolfo Gambini, si eseguirono importanti
trasformazioni in stile neogotico con suggestive decorazioni pittoriche; l'abside, che era a pianta quadrata, fu ampliata in pianta semicircolare
e fu ridecorata [Isola 2003, p. 78;
Tizzani 2006, pp. 21-22, 36-37].
Sopraelevazione del campanile nel 1928 (progetto di Rodolfo Gambini, variato da
Ulisse Grillo) [Isola 2003, p. 94].
Le vetrate istoriate vennero realizzate su disegni di Angelo Verri (1930 e 1957)
[Tizzani 2006, pp. 41-42]. Negli ultimi decenni del '900 subì un progressivo degrado, accelerato dal terremoto dell'agosto 2000. Dichiarata inagibile dal comune nel 2001, un ambizioso programma di
ripristino è iniziato con la ricostruzione del tetto (2001) e proseguito coi restauri della cappella Bobba (2016), del ciclo pittorico di Rodolfo Gambini, del campanile e della sacrestia nuova (2021). Nel sottotetto è
comparso un frammento di pittura murale raffigurante la Crocifissione
(fine sec. XIV?) [2]; più recentemente sulla parete laterale sinistra (dove nel sec. XVI era presente la cappella di S. Giovanni Battista, dipinta con l'immagine della Madonna e il Battesimo di Cristo), sono riemersi un piccolo frammento di affresco con una testa maschile nimbata, e, su uno strato di intonaco precedente, la data 1509 [Ferrero 2016].
Nel 1985 venne rubato il prezioso ciborio battesimale di fine sec. XVI
in legno scolpito e dorato, a foggia di tempietto ottagonale a due piani,
sormontato da cupoletta, con piccoli pannelli dipinti (già erroneamente
attribuiti a Gaudenzio Ferrari); l'opera ricordava un tabernacolo realizzato da
Stefano Vil nel 1582 per il duomo di Alessandria [Meda
1968, p. 33; Acuto 1970, p.
55; AD 1974, p. 96; Dalerba 2008, p. 219].
Facciata rivolta a ovest, in mattoni a vista, divisa in tre campi da quattro lesene che reggono un ampio timpano, con nicchia in cui è presente un rilievo marmoreo raffigurante la Madonna col Bambino; il portale arcuato, con portone ligneo intagliato settecentesco (restaurato nel 2010), è sormontato da un finestrone a sua volta arcuato, mentre ai lati si aprono due finestre cuoriformi. Il campanile, in mattoni a vista, si eleva posteriormente sul fianco destro. Interno a tre navate, divise in tre campate, con volte a crociera segnate da costoloni a profilo circolare; il presbiterio è voltato a botte. Il catino e le pareti dell'abside e del presbiterio hanno decorazioni
a finto mosaico di Rodolfo Gambini (1914-15) con immagini di santi ed episodi della
vita di Gesù. Nelle cappelle in capo alle navate laterali vi sono altari marmorei di inizio Novecento e statue del Sacro Cuore di Gesù, di gesso (a sinistra), e della Madonna del Carmelo col Bambino, lignea (a destra). Nella navata destra, oltre una elaborata cornice neogotica a tre archi, si apre la
cappella gentilizia dei Bobba, dedicata alla Madonna di Lourdes; vi sono collocate sulla destra una tela con robusta cornice di legno intarsiato,
raffigurante le Ss. Agata, Lucia e Apollonia, di Giovanni Domenico Marziano
(1639), restaurata nel 2005 (Anna Bianchini); alla parete sinistra un’altra tela di pittore piemontese rappresentante
l’Immacolata col Bambino, datata 1615 [
Palmieri 2011, pp. 59-62]. Di fronte, sul lato sinistro, è presente la cappella di S. Giuseppe. Presso l'ingresso, si trova il battistero, ormai privo
del coprifonte ligneo [Acuto 1970, pp.
55-60]. Una statua di S. Antonio col Bambino fu benedetta nel 1916. Organo del 1926
(ditta Scolari di Bolzano Novarese)
[Isola 2003, pp. 82, 92].
Alcuni quadri della chiesa, tra cui la Madonna col Bambino e i Ss. Rocco e Defendente, di Orsola Caccia, sono stati trasferiti nel Museo San Giacomo.
S. Giacomo Apostolo:
nella centrale piazza omonima. Fu sede di parrocchia fino al 1986 [Decreto
vescovile 30/6/1986]. Fondata forse nei primi decenni del sec. XIII
[Ferrero 2001, p. 8], è elencata
nella pieve di Mediliano nel 1299 [ARMO, p. 36]. Rischiò di essere abolita
come parrocchiale negli anni 1448, 1479 e 1821
[Ferrero 2001, p. 13;
Tizzani 1967, p. 229]. Restauri nel
1516; nel 1559 la chiesa era diruta; nel 1568 era in corso di ricostruzione,
mancando ancora la copertura delle navate; i lavori furono completati tra il
1602 e il 1608, ma nel 1626 la chiesa minacciava di nuovo rovina. Nel 1679 i
mastri Carlo e Francesco Corio consigliarono
lavori di consolidamento delle fondamenta, che vennero effettuati dopo il 1682
[Ferrero 2001, pp. 17-55]. L’organo
fu rinnovato nel 1859 (ditta Franzetti) [Tizzani
1967, p. 229]; ora è smontato. La chiesa fu dichiarata pericolante e
inagibile nel novembre 1997; lavori di completo restauro promossi dall’Associazione Culturale
S. Giacomo iniziarono nel 1999; la riapertura ufficiale avvenne il 31/8/2002.
Durante lavori di rifacimento della pavimentazione si sono evidenziati alla base
della parete meridionale corsi di blocchi lapidei squadrati risalenti
probabilmente all'epoca di fondazione della chiesa (prima metà del sec. XIII) [Crosetto 2004a, p. 163]. Nel 2008 nei locali ricuperati della
ex Reggenza attigui alla chiesa è stato aperto il Museo di Arte Sacra San Giacomo. Nel 2018 è stata restaurata la balaustra di legno scolpito e dorato della cantoria, opera settecentesca di Giovanni Bozzo (Restauro Opere d'Arte di Marello Angelo e Bianco Rita) [Tizzani 2019, pp. 54-55].
Elegante facciata intonacata con superficie mossa da morbide curve; anche il
profilo superiore è curvilineo. Piccolo protiro con due colonnine. Il campanile
di m 15, concluso da una cupoletta, ha tre campane (in do, mi,
sol). Sulla parete meridionale vi sono resti di un quadrante solare
con stilo polare a filo. Interno ad aula rettangolare (m 22.5 x 12, altezza m 8), con
presbiterio ed abside semicircolare. Tre navate (la centrale di larghezza
doppia) divise da due file di tre pilastri. Nel catino dell’abside vi sono due
affreschi di Luigi Onetti (1909),
Mater dolorosa e Ecce Homo
[Acuto 1970, pp. 62-63; Bisoglio
2000, pp. 22-25; Mesturini 2008, p. 21];
altre decorazioni delle volte sono del sec. XVIII (forse di
Giovanni Antonio Torricelli), mentre la volta della
navata centrale, già a cielo stellato, è stata ridipinta da Giuseppe Aceto nella
prima metà del sec. XX. L’altar maggiore e le
balaustre di marmo sono di tarda fattura; sull’altare sono posti due piccoli
angeli portacandelabro lignei del sec. XVI. Dietro l’altar maggiore è
situata una grande pala con cornice di stucco, rappresentante la Decollazione
di S. Giacomo, di Giuseppe Antonio Torricelli (1779),
recentemente restaurata [Guerrini 2003,
p. 43]. In capo alle navate laterali si trovano due altari identici di stucco
trattato a finto marmo: a destra l’altare della Madonna del Suffragio, con
tabernacolo ligneo scolpito (1610) e gruppo scultoreo effigiante la
Madonna con le anime del purgatorio; a sinistra l’altare di S. Rita (già dei
Ss. Bovo, Sebastiano e Zeno) con statua recente della santa in una nicchia
ricavata tardivamente. Presso l’altare della Madonna del Suffragio è sistemato
un altro gruppo scultoreo con l’Angelo custode. Sopra una porta della
parete della navata sinistra è posto un quadro con l’Immacolata. Il
coprifonte ligneo del battistero, ottagonale, è del sec. XVIII; al di sopra c’è
una piccola tavola del 1677 di autore ignoto, rappresentante il Battesimo di
Gesù [Ferrero 2001, pp. 40-41].
Dal coro si accede alla sacrestia e alle tre sale della ex Reggenza, che dal 2008
costituiscono il Museo d'Arte Sacra San Giacomo, in cui sono raccolti oggetti e
paramenti sacri appartenuti alle chiese e alle confraternite luesi o derivati da lasciti, tra cui il
busto-reliquiario dei Ss. Fedele, Marcellino e Leone (1712) e due braccia, pure
di legno dorato, di Giuliano e Valentino (1712),
provenienti dall’oratorio della SS. Trinità; la Croce processionale della
confraternita della SS. Trinità, raffigurante appunto la SS. Trinità, di epoca
anteriore al 1712 [Ferrero 2002a,
pp. 43-45]. Varie statue lignee: S. Biagio (scultore piemontese, metà sec. XVI),
proveniente dalla chiesa di S. Biagio, dove era già presente nel 1568 (è conservato
a parte anche un calice sorretto dalla primitiva mano sinistra spezzata della statua);
S. Antonio col Bambino (bottega piemontese stilisticamente vicina agli
Enaten, metà del sec. XVII); Madonna Assunta (scultore piemontese, metà del
sec. XVIII), in passato utilizzata come statua processionale, che mostra particolari
affinità con l'Assunta della parrocchiale di Robella e con la Madonna
del Rosario della parrocchiale di Camagna; Madonna col Bambino, in legno
e tela ingessata, di Stefano Maria Clemente (ultimo ventennio del sec. XVIII), già
nella cappella del Rosario di S. Maria Nuova [Palmieri
2011, pp. 63-71]. Sono inoltre raccolte pregevoli tele, tra cui S. Agata tra
le Ss. Caterina d'Alessandria e Apollonia, di Orsola Caccia (post 1625), in
deposito, proveniente dalla cattedrale di S. Evasio di Casale [Palmieri
2011, pp. 17-19]; la Madonna col
Bambino e i Ss. Rocco e Defendente, di Orsola Caccia (1630-35), quadro dalla
massiccia cornice di cedro, fino al ‘900 all’altare di S. Rocco della chiesa di
S. Nazario [Chiodo 2003, p. 67];
Cristo che porta la croce, della bottega di Guglielmo Caccia, proveniente
dalla canonica di S. Maria Nuova [Palmieri
2011, pp. 29-30]; i
Ss. Bovo, Sebastiano e Zeno sorreggente un neonato in fasce, di autore
ignoto (terzo quarto del sec. XVII), già all’altare laterale sinistro della chiesa di
S. Giacomo [Ferrero 2001, pp.
24-25, 47]; S. Gaetano da Thiene (ultimo quarto del sec. XVII), proveniente
da S. Nazario [Palmieri 2011, pp. 12-16]. Dal 2016 è esposta inoltre la tela I Canonici di Lu di Pier Francesco Guala (1748), originariamente nella collegiata di S. Maria Nuova, nel 1966 depositata per motivi di tutela nel Museo Civico di Casale.
S. Giuseppe:
in regione Sabbione (dial. u Sabiò). Probabilmente eretta all’inizio del
sec. XVI; documentata dal 1524. Inizialmente era considerata chiesa campestre,
poi cappella; fu più volte restaurata e modificata. Venne utilizzata dai primi
anni del XVII alla fine del XVIII secolo dai domenicani di Casale. Nel 1748
aveva un portichetto antistante e facciata rivolta a nord. Fu ampliata nel 1877 a spese del canonico
Pietro Capra, su progetto del capomastro Giuseppe Amede: venne abbattuto il
portichetto e con lo spazio libero ottenuto si ampliò in lunghezza la chiesa, si spostarono facciata e ingresso sul fianco occidentale dell'edificio e fu costruito il campanile
addossato alla parete posteriore. La chiesa fu benedetta il 3/8/1877. Un
restauro fu realizzato nel 1976 ad opera della popolazione rionale [Ferrero 2002b]. Prima del
2000 fu rubato un quadro raffigurante la Sacra Famiglia. Rifacimento del tetto,
intonacatura e ridipintura delle pareti interne e restauro dell'altare furono
effettuati nel 2003-04 [Ranzato 2009, p. 47].
L'edificio ha una pianta irregolare, con asse maggiore in direzione nord-sud; il lato libero occidentale su via Roma non è rettilineo; l'estremità settentrionale è aderente a un'abitaziome sul cui prospetto sporge parte del frontone laterizio della chiesa; l'estremo meridionale è concluso dal semicerchio dell'abside, interrotto dalla base del campanile. Le pareti esterne presentano una tessitura bicroma non regolare in filari laterizi e conci di pietra arenaria. L'interno è spoglio; l'altare è in muratura stuccata.
SS. Trinità:
nella parte alta del paese. Nel 1512 sorse la confraternita degli Angeli, che
assunse il titolo di S. Michele almeno dal 1584 e quello della SS. Trinità nel
1624, dopo l’aggregazione con l’Arciconfraternita romana omonima
[Ferrero 2002a, p. 5]. La prima
chiesa della SS. Trinità fu eretta negli anni 1643-45 e benedetta il 23/4/1645;
la costruzione era contigua al fianco sinistro all’edificio attuale. La facciata
fu innalzata nel 1689 dal capomastro Carlo Maria Mariano. Il campanile
fu costruito alla fine del sec. XVII [Ferrero
2002a, pp. 40-41]. Riedificata verso il 1738, fu benedetta nell’ottobre
di quell’anno, anche se ancora mancava la volta; della vecchia costruzione fu
mantenuta l’abside che andò a costituire la nuova sacrestia. Nel corso del sec.
XVIII si accumularono vari reliquiari e divenne importante il culto delle
reliquie. Nuovo altare di marmo di Stefano Bottinelli (1791). Nel
1795 la confraternita venne espropriata. Nel 1831 fu decorato l’interno con una
scenografia a chiaro-scuro, in parte ancora visibile. Nuovi lavori di muratura
nel 1857 (capomastro Giovanni Mottino); fu eretta la
balaustrata di marmo bianco a due metri dall’altare, per delimitare un piccolo
presbiterio, sulle cui pareti vennero eseguite pitture murali tuttora presenti:
a destra la Trasfigurazione di Cristo, a sinistra la Meditazione di S.
Agostino sul mistero della Trinità. Nel 1905 venne completata la costruzione
di un esile campanile sul lato sinistro della facciata (ing. Giovanni Casoletti), in
sostituzione del precedente che era situato sulla destra
[Ferrero 2002a, pp. 52-65]. Nel 1911
venne elencata con la chiesa di S. Nazario tra gli
edifici monumentali nazionali [Alessandria
1911, p. 29]. La confraternita si spense nel 1951; l’oratorio fu chiuso al culto
nel 1954; l’altare marmoreo venne smontato nel 1958 e venduto nei primi anni
sessanta; l’acquasantiera presso la porta d’ingresso fu venduta nel 1965.
Nel settembre 1976 avvenne un primo cedimento del tetto, cui seguì il crollo totale
[Ferrero 2002a, pp. 66-69].
È quindi in cattive condizioni; donata nel 2000 al comune, attende lavori di
ricupero. Sulla parete meridionale si intravede un grande
quadrante solare in pessimo stato di conservazione, con stilo perpendicolare
[Mesturini 2008, pp. 21-22].
S. Biagio:
la presenza di una confraternita di Disciplinanti nell’oratorio di S. Biagio,
probabile filiazione dal movimento dell’Osservanza francescana, è attestata dal
1491 [Ferrero 2002a, pp. 12-13].
Nel 1502 era un oratorio dove si radunavano i laici [Ribaldone
1997]; possedeva un altare di marmo molto bello e uno dei più antichi
organi. A fianco della chiesa sorgeva l’antico ospedale. Nel 1877 era in
restauro il campanile [Niccolini 1877,
p. 145]. Ceduta a privati, è stata trasformata in autorimessa [Ribaldone
1997]. Vi è ancora traccia di stucchi e dipinti; nel soffitto della
sacrestia c’era un dipinto rappresentante la Madonna e Santi, opera di
Luigi Onetti. Una statua lignea di S. Biagio risalente alla metà del sec. XVI è conservata nel museo San Giacomo [Palmieri 2001, pp. 67-69].
S. Giovanni di Mediliano:
(dial. Majàn. Medilianum, metà sec. X
[Ferraris 1984a, p. 55])
nella valle Grana, circa Km 4 a nord del paese. Pieve della diocesi di Vercelli,
fondata tra i sec. VII e IX. Nel periodo compreso tra la fine del XII e la prima
metà del XIII secolo divenne sede di una canonica
[Banfo 1995, pp. 415, 435-36;
Banfo 2004, p. 164]. Nel 1479 tutti
i diritti dell’antica pieve furono trasferiti alla chiesa di S. Maria Nuova.
La chiesa originale viene datata tra la fine dell’VIII
e l’inizio del IX secolo: di questa epoca rimangono straordinariamente in alzato
le due absidi, inoltre residui delle fondamenta dei muri perimetrali, parte del
pavimento in cocciopesto, resti del fonte battesimale, tracce di un altare con
base a colonna e una sepoltura del sec. IX. Un campanile, probabilmente del sec.
X, era inserito sul lato nord della facciata, non sopravanzato rispetto alla
stessa. In età romanica ci fu un ampliamento con divisione temporanea in due
navate [Demeglio 1994, p. 23;
Demeglio 2004, p. 15]. Nel 1568 vi erano due altari, uno solo nel secolo successivo.
Nella seconda metà del sec. XVII la facciata fu rialzata e vennero aperte due
finestre rettangolari “di devozione” accanto alla porta centrale; nella prima
metà del sec. XVIII si costruì il timpano. Decorazione interna di De Negri (1849)
[Beltramo
2004, pp. 212-13]. Nel sec. XIX c’era una pala di Pietro Paolo Boffa raffigurante
la Vergine col Bambino e i Ss. Giovanni Battista e Carlo; recentemente è
stato ritrovato e custodito presso il Museo d'Arte Sacra San Giacomo un frammento
della tela con l'immagine di S. Carlo Borromeo (ante 1626) [Palmieri 2011, pp. 23-25]. Andò in completo abbandono dopo la
seconda guerra mondiale. Acquistata dal
comune di Lu nel 1988, fu interessata da lavori di consolidamento e di scavo a
partire dal 1992. Nei terreni circostanti vi sono affioramenti di età romana e
tardo romana (con tracce di una villa di pregio abitata almeno fino al sec. VII).
Sul sito della chiesa è risultata un’area funeraria (sec. IV-VII), con
un’iscrizione frammentaria su marmo, che riporta un formulario cristiano col nome
della defunta, Livarna (databile a non prima del V secolo), e che costituisce
la più antica epigrafe cristiana di una vasta area del Piemonte meridionale tra Chieri
e Tortona; inoltre reperti di epoca longobarda
[Mennella 1996,
p. 247; Demeglio 2000,
pp. 19-21].
Semplice facciata con frontone
triangolare, modesta porta d’ingresso centrale, due piccole finestre
rettangolari ai lati della porta, altre due sotto il timpano; altre finestre
sono tamponate. Aula unica chiusa da due absidi leggermente a ferro di cavallo
(quella meridionale è un poco più grande), fabbricate in mattoni in parte di
epoca romana e percorse da ampie specchiature arcuate di tipo carolingio [Magni
1969, pp. 83-84] poggianti su uno zoccolo (quattro nell’abside
meridionale, tre nell’altra), con finestre tamponate ad arco a tutto tondo e
spalle rette. Nell’angolo sud-orientale è inserito un campanile a sezione
quadrata, alto m 13, risalente a fine XVII - inizio XVIII secolo.
S. Francesco:
ex chiesa, ora inglobata in un’abitazione privata, presso il palazzo dei Bobba.
Oratorio di una comunità francescana dell’Osservanza, eretto verosimilmente
nella seconda metà del sec. XV; prima citazione nel 1481
[Ferrero 2002, pp. 17-19].
S. Croce:
in frazione Trisoglio (dial. Trižö’; gežia ‘d Sonta Crus),
sulla strada che collega Lu a San Salvatore. La frazione sorse verso il 1615.
L’attuale chiesa venne edificata dagli abitanti tra gli anni 1910 e 1914 su progetto
di Ulisse Grillo, in un terreno appartenente al beneficio parrocchiale di S. Nazario
[Isola 2003, p. 79;
Tizzani 2006, pp. 29-30], nel punto in
cui c’era una croce votiva (voto espresso dopo una grandinata). Fu restaurata
nel 1997-98 ancora dagli abitanti di Trisoglio.
In un tondo in facciata è stata recentemente collocata una terracotta invetriata che raffigura Cristo in croce.
Ss. Sebastiano e Martino:
cappella in frazione Martini (dial. i Martìn),
ca. Km 2 a nord-est di Lu. Fu fondata dal can. Giuseppe Maria Demartini e costruita nel 1785-86 coi
materiali ricavati dalla demolizione della non lontana chiesa campestre di S.
Sebastiano (a sua volta risalente al 1485) [Ribaldone
1995a; Ribaldone 1997].
Presto venne dotata di reliquie dei santi titolari. Subì gravi danni nel sec.
XIX per terremoti (1802, 1832) e eventi atmosferici. Per rischio di crollo della
volta fu chiusa nel 1855, e riaperta nel 1861 grazie alla partecipazione delle
famiglie del posto [Ribaldone 1995b;
Ferrero 2005]. Inutilizzata per
decenni; nel 2004-05 si è effettuato un restauro integrale.
Facciata originale, con finestra cuoriforme; bel portone ligneo verosimilmente
appartenente alla precedente chiesa di S. Sebastiano. Interno ad aula
rettangolare con piccolo presbiterio sopraelevato di tre gradini e abside
semicircolare. Altare marmoreo; pala centinata settecentesca coi Ss.
Sebastiano e Martino. Negli ultimi restauri è stata abolita la
balaustra. I banchi provengono dalla chiesa di S. Biagio. La Via Crucis, eretta nel 1891,
è costituita da stampe della Stamperia Frick di Parigi (seconda metà sec. XIX).
S. Valerio:
cappella castrense, già situata sotto la torre; prima segnalazione nel 1476, quando custodiva il corpo di S. Valerio [Ferrero 2020, 1.1]. Nel 1584 apparteneva al comune.
Nella notte del 31/5/1720 subì il furto del reliquiario di S. Valerio
dall’altare; due ladri sacrileghi furono impiccati a Casale l'anno seguente; la
testa mozzata di uno dei due fu esposta in una gabbia di ferro sulla torre del
castello [Tizzani 1967, pp. 217-18;
Canosa 1988, p. 81]. La cappella
esisteva ancora nel 1772 [Tizzani
1967, pp. 212-15, 236]; venne demolita nel 1817
[Acuto 1970, p. 25].
1 Comunicazione in conferenza di Bruno Ferrero (Lu, 23/8/2013).
2 Comunicazione di Leo Rota (2005).
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