GRAZZANO BADOGLIO
GRAZZANO BADOGLIO
Dial.
Grasàn. Grazanum, 961 [BSSS 42, I, doc. 1, p. 1]. Nel 1868 fu denominato
Grazzano Monferrato; il determinante Badoglio sostituì Monferrato nel
1939 [R.D. n. 4703, 29/10/1868; R.D. n. 537, 27/2/1939].
Nel 1935 passò dalla provincia di Alessandria alla nuova provincia di Asti [R.D.L. n. 297, 1/4/1935].
Abitanti: 642. Distanza da Casale Km 22,5 ‑ Altezza: m 299 s. m. Provincia di Asti.
Parrocchia dei Ss. Vittore e Corona. Dalla diocesi di Vercelli passò alla nuova
diocesi di Casale fin dal 1474 [De Bono
1986, p. 34].
Chiesa parrocchiale, Ss. Vittore e Corona:
nel punto più alto del paese. Corrisponde alla chiesa
del monastero benedettino fondato da Aleramo nel 961,
assoggettato dal fondatore al vescovo di Torino anziché al vescovo di Vercelli,
diocesi di appartenenza geografica. Fu dedicato inizialmente a Dio Salvatore, S.
Maria, S. Pietro e S. Cristina. Nel 1027 risultava intitolato a Dio Salvatore e
ai Ss. Vittore e Corona; successivamente solo ai Ss. Vittore e Corona [BSSS
42, I, doc. 1, p. 1; doc. 3, p. 5;
Merlone 1995, pp. 37-38]. Secondo una tradizione ricevette i corpi (o
comunque reliquie) dei Ss. Vittore e Corona, presumibilmente tra il 961 e il
1027 [Porrato 1904, pp. 6-7]. Nel
1408 adottò la riforma di S. Giustina dell’Ordine benedettino, restando soggetto
alla sola giurisdizione della Santa Sede. All'inizio del sec. XVI, allontanati i
benedettini, il monastero fu eretto in abbazia, con un abate commendatario che
assumeva il titolo di conte di Grazzano, essendo investito anche della giurisdizione
temporale del luogo (la nomina spettava al sovrano) [Ricaldone
1998, p. 696]. L'abate spesso risiedeva altrove, gestendo il potere locale per mezzo di un vicario e di vari agenti. Nel 1566 la chiesa fungeva da parrocchiale. L'edificio fu
ricostruito più ampio verso la fine degli anni '70 del sec. XVI: in base al contratto stipulato nel 1577, il capomastro Battista de Bono si impegnava ad abbattere e ricostruire anche tutta la parte superiore del campanile [Prosperi 2019, p. 366]; per buona sorte la torre campanaria venne invece preservata. La nuova chiesa fu consacrata nel 1580 da mons. Alessandro
Andreasi. Il tiburio
venne edificato nel sec. XVIII. Drammatica invasione dell’abbazia nel 1725 da
parte del vescovo di Casale, Radicati di Cocconato.
Nel 1802 fu soppresso il titolo abbaziale, l’abate divenne parroco e la chiesa
venne a far parte della diocesi di Casale [AD 1991, p. 140]. Dopo una serie di
vicari temporanei, nel 1843 fu nominato il primo vicario perpetuo, titolo tuttora
attribuito al parroco. Nel 1810 il tetto minacciava di crollare
[Allemano 2009, p. 56]. Nuova facciata risalente a metà '800. Nel 1854 fu
acquistato l'altar maggiore marmoreo dalla chiesa del Gesù di Asti
[Grazzano 1905, p. 7 n. 1]. Il campanile subì un crollo
del paramento esterno del lato orientale nel 1907; nel 1910 fu rinforzato e rialzato
di 5 metri collocando il piano dell'orologio sopra la cella campanaria e liberando
sul lato meridionale un piccolo loggiato cieco bipartito, costituito da due quadrifore, in
precedenza nascosto dal quadrante dell'orologio (progetto di Crescentino Caselli del 1909)
[Mosso 2005, p. 38;
Allemano 2009, p. 416]. Nel 1911 la chiesa venne elencata tra gli
edifici monumentali
nazionali [Alessandria 1911, p.
28]. Nel 1930-39 si
fecero importanti restauri finanziati da Pietro Badoglio (che è ricordato
da una lapide in facciata datata 1939), sotto la direzione
dell’ing. Vittorio Tornielli [Tealdy
1935, p. 447]. Furono cancellati affreschi dei Ss. Vittore e Corona
presenti in facciata, opera di Carlo Antonio Martini. Tra il 1930 e il ’32 fu
rifatto e abbassato di circa un metro il pavimento dell’aula e del sagrato
[Grazzano, La chiesa parrocchiale].
Nel 1998 un fulmine danneggiò il pinnacolo del tiburio
(alto oltre m 5), risalente al 1860; la ricostruzione fu effettuata l’anno
successivo. Nel corso di lavori sul piazzale antistante nel 2010 furono rinvenute
sepolture risalenti alla seconda metà del sec. XVI [Crosetto 2012, pp. 185-87].
Unica sopravvivenza architettonica della chiesa medievale è la torre campanaria,
che ha base quadrata di sette metri di lato e si alza sopra un alto basamento in
tre livelli completati dalla cella campanaria e dal locale dell'orologio. I tre
piani sono delimitati da fregi con archetti pensili e una cornice con mattoni a
denti di sega, mentre semicolonne con capitelli dividono le superfici di ogni
livello in due specchiature. Nei primi due piani, accanto alla semicolonna si
apre su ogni faccia una feritoia. Al terzo livello, solo sul fianco meridionale
permane la loggetta cieca. La muratura esterna è costituita da porzioni in conci
di pietra da cantoni ben squadrati e più ampie porzioni in laterizio, probabilmente
esiti quest'ultime di successive ritessiture murarie. Anche per l'omogeneità dell'apparato
plastico coi resti del campanile di S. Pietro a Murisengo, la torre campanaria è
stata datata intorno alla metà del sec. XII [Vescovi
2012, p. 214].
La facciata della chiesa, rivolta a ovest, è divisa in tre specchiature da alte lesene, poggianti
su uno zoccolo e sorreggenti il frontone triangolare. Il portone in legno di rovere è datato 1742; la parte superiore venne aggiunta nel 1932, quando fu abbassato
il pavimento della chiesa [Grazzano,
La chiesa parrocchiale]; fu restaurato nel 1972 e dell’originale restano solo alcuni
pannelli. In un oculo soprastante c’è un busto di Cristo di
terracotta, realizzato come ex voto dal dott. Agostino Redoglia (cui si
deve anche un quadro con S. Agostino, alla maniera del Guala, conservato in sacrestia).
Interno a navata unica con
tre cappelle per lato, presbiterio sopraelevato di cinque scalini, abside semipoligonale con
sei finestre luminose. Sull’altar maggiore sono esposti i busti d’argento di
quattro dottori della Chiesa e un Crocifisso bianco (1870)
[Grignolio 1993, pp. 49-51]. Sotto
l’altare è custodita un’urna con le reliquie dei Ss. Vittore e Corona. Bel coro
di noce, con intarsi prospettici, realizzato nel 1591 per la chiesa di S. Croce
di Casale, comprato a metà sec. XVIII [Mazza
2003, p. 70]; un laborioso restauro (Franchino) terminò nel 1990. Il
grande leggio fu donato nel 1741 dall’abate G. Giacomo Millo. Alle pareti
del presbiterio ci sono due grandi dipinti murali di Isotta e Fausto Manzoni (1939): Mosè
fa scaturire l’acqua dalla roccia (parete destra), Gesù parla alle
folle (parete sinistra). Sulla volta a botte Aleramo a cavallo, S.
Vittore davanti ai giudici, S. Corona condotta al martirio
[Grignolio 1993, p. 50].
Cappelle laterali a destra: a) S. Teresa del Bambin Gesù: statua di recente
fattura. b) Madonna del Rosario: apparato di stucchi in parte dorati di
fine sec. XVII [Romano 1999a, p.
148]; pala seicentesca raffigurante l’Incoronazione della Vergine con santi;
paliotto in scagliola tripartito con strumenti del falegname (forse in passato
era all’altare di S. Giuseppe), attribuibile a bottega lombardo-intelvese (ca. 1720-30)
[Repertorio 2012, p. 161]. Ai lati dell'altare, entro finte nicchie, sono dipinti S. Biagio e S. Cristina (sec. XVII, bottega moncalvesca), mentre alle pareti laterali vi sono affreschi col ritratto di Aleramo e, di fronte, un profeta.
Presunta tomba di Aleramo, due lapidi
datate rispettivamente 1581 (traslazione della tomba dal peristilio della
vecchia chiesa all’interno della nuova) e 1932 (ricomposizione dei resti di
Aleramo) [Merlone 1995, pp. 47-59].
Frammento di mosaico pavimentale bicromo che presenta affrontati un’arpia (o una sirena) e un
felino (o un cane), stilisticamente simile ai mosaici provenienti dalla cattedrale
di Acqui, riferibile quindi al primo terzo del sec. XII [Barral
2010, p. 312; Pagella 2011;
Vescovi 2012, p. 213].
Affreschi col ritratto di Aleramo e, di fronte, un profeta
(sec. XVII). c) S. Francesco Saverio (o dei Gesuiti; nel 1665
l’altare era ancora dedicato a S. Benedetto): apparato di stucchi con dorature opera dei luganesi
Antonio Quadrio e Domenico Sala (1677); ai
lati due statue di santi gesuiti (probabilmente Luigi Gonzaga e
Stanislao Kostka); splendida pala raffigurante la Morte di S.
Francesco Saverio, di Andrea Pozzo (ca. 1675-76);
paliotto in scagliola tripartito, al cui centro è graffita la
Madonna del Rosario, firmato da Pietro Solari (ca. 1720-30) e probabilmente
proveniente dall'altare della Madonna del Rosario
[Romano 1989, pp. 309-10;
Romano 1999a, p. 148; Dardanello 2009;
Di Majo 2012a, pp. 32-33]. Segue sul lato destro l’altare
dei Ss. Vittore e Corona (ca. 1765)
[Romano 1999a, p. 148];
pala rappresentante la Vergine venerata dai Ss. Vittore e Corona, con
stemma dell’abate G. Giacomo Millo, donata dallo stesso nel 1740, forse eseguita
a Roma nel 1646 [Grignolio 1993, p.
50; Niccolini 1877, p. 275].
Cappelle laterali a sinistra: a) S. Giuseppe: fonte battesimale. b) Addolorata: pala
raffigurante la Madonna col Bambino e i Ss. Vittore e Corona, attribuita
dubitativamente al Moncalvo [Romano
1968, p. 81]; statua dell’Addolorata in una nicchia. c)
Immacolata (cappella Della Chiesa Morra): pala del Moncalvo raffigurante l’Immacolata (1610-15), restaurata nel 2017 (Luigi Parma)
[Romano 1968, p. 81; Marchesin 2017, p. 105]. Il paliotto ligneo scolpito e dorato, come da iscrizione alla base venne donato dal vice-curato Carlo Pompeo Morra (fine XVII - inizio XVIII sec.).
Organo di Luigi Lingiardi (1860), gemello di quello della parrocchiale di Calliano
[Cavallo 2002a, p. 22; Cavallo 2011, p. 192], restaurato
negli anni 1935, 1969 e 1993 (ditta Krengli) [Mascarino 1993];
la tribuna è opera di Giovanni Foglia, cui si deve forse anche il pulpito (sec. XIX)
[Niccolini 1877, p. 275;
Grazzano 1905, p. 7]. In
sacrestia è custodito un braccio reliquiario di S. Vittore, con mano di marmo
rosa, commissionato nel 1550 da mons. Scipione d’Este [Grignolio 1993, p. 51].
Accanto al ripostiglio al piano terra della casa parrocchiale è murata a filo della
parete una stele funeraria romana, di Titus Vettius Hermes, seplasiarius (=
profumiere, da Seplasia, piazza di Capua dove si vendevano profumi). Già alla
fine del sec. XV la lapide si trovava nell’abbazia di Grazzano [Sangiorgio
1780, p. 19]. In passato era posta sulla facciata della chiesa; negli anni '60
del Novecento, per salvaguardia, fu spostata nel luogo attuale. È una
stele di marmo bianco (cm 190 x 60), databile entro il sec. I d.C., collegabile
al tipo della pseudo-edicola, con un alto specchio rettangolare iscritto,
fiancheggiato da due paraste tanto sottili da sembrare una cornice, e sovrastato
da un fregio con festoni, un architrave su cui sono incise le lettere V F, e un
timpano triangolare ornato da un kantharos colmo di frutta ai cui lati
sono posti due uccelli nell’atto di beccare i frutti; i triangoli acroteriali
sono occupati da delfini col capo rivolto verso il basso e da una rosetta; la
lunga iscrizione è in lettere della capitale quadrata di buona fattura e di
maggiori dimensioni all’inizio [Mommsen
1877, n. 7454; Mercando 1998, pp.
248-49].
Spirito Santo:
in piazza Cotti. Una casa dello Spirito Santo, dove soleva riunirsi il consiglio comunale, è citata nel 1551 [Prosperi 2019, p. 367]. L'oratorio della Compagnia omonima (o dei Disciplinanti) è attestato nel 1577 [ASDC, Vis. apost. Ragazzoni, 456-458, f. 73r]. La chiesa attuale fu costruita a fine XVII –
inizio sec. XVIII [Bravo 2002, p.
192]. Lavori di
restauro nel 1932 [Allemano 2009, pp.
211-12]. Nuovo completo restauro nel 2004.
Edificio ad aula unica,
inserito tra il palazzo del municipio e il muraglione di contenimento. Si raggiunge dalla piazza con una scalinata. Facciata lavorata a stucco, terminata
nel 1718: ha due imponenti lesene che reggono il timpano, un portico a tre
fornici, originariamente aperto, sopra cui al centro c’è una targa con lo
Spirito Santo, sovrastata da una finestra serliana e da due nicchie laterali con
le statue di S. Vittore e S. Corona; nel timpano c'è una nicchia
col busto di Dio benedicente. All’interno, sopra il
portico, vi è la cantoria. Dietro l’altare, datato 1788, sono posti un credenzone intarsiato con cassettiera (1766), e
una grande tela del Moncalvo rappresentante
la Pentecoste, con ricco apparato ligneo intagliato, dorato e laccato,
progettato forse dallo stesso artista; la pala, costata 60 scudi, era già presente nel 1619
[ASDC, Vis. past. Pascale, 458-464, f. 178v; Caramellino 1999, p. 240]. Sul lato destro si apre la cappella della
Madonna di Lourdes; alla parete sinistra è posta una tela ottocentesca di autore ignoto
raffigurante S. Domenico che riceve il Rosario.
S. Sebastiano:
all'estremo orientale del paese, sulla strada per il cimitero. Segnalata agli inizi del Settecento
[Saletta 1711, vol. I, parte III, f. 45v].
Dopo il crollo del tetto fu restaurata completamente nel 1965 dai coniugi
Lingero [AD 1991, p. 141] e riaperta
al culto il 5/5/1968 (lapide esterna).
Aula rettangolare con campaniletto a vela collocato sulla parete di fondo. Facciata in mattoni a vista con coronamento superiore arcuato; le restanti pareti esterne sono intonacate. Sul soffitto dell'aula vi è una tela a olio
raffigurante il Martirio di S. Sebastiano, opera di Giovanni Toye (1967). In una teca è esposto uno spesso quaderno che nel 1917 salvò la vita a Edoardo Lingero, colpito sul campo di battaglia presso Gorizia da una pallottola esplosiva.
S. Anna:
cappella presso la Casa di Riposo Sofia Badoglio. Una chiesa di S. Anna esisteva a
Grazzano nel 1577 [ASDC, Vis. apost. Ragazzoni, 456-458, f. 74r]. Nel 1938 venne demolita per far posto alla Casa del Fascio, attuale ufficio postale sulla piazza principale. La cappella
della Casa di Riposo fu costruita su progetto dell'architetto don Angelo Verri
presumibilmente a partire dal gennaio 1939. Decorazioni del pittore Manzoni
[Grazzano, Sant'Anna].
S. Martino:
nascosta entro un boschetto, su un rilievo presso le cascine Piccinini. Da non confondere con la chiesa omonima che
era a poca distanza (ca. m 1400 in direzione nord-ovest, dove ora si trova la
cascina S. Martino) nella parrocchia di Moncalvo. Secondo documenti non più
disponibili, la tomba di Aleramo si sarebbe
trovata primitivamente (ante 1581) in questa chiesa [Lavagno
1904, p. 378]. Nella zona circostante venne trovata un’area cimiteriale.
È stata restaurata nel 1993 a spese di Ettore Andenna.
Semplice chiesetta ad aula rettangolare con abside semicircolare, priva di campanile. La facciata, rivolta a sud, è coronata da un frontone con profilo superiore arcuato mistilineo. Nella vetrata della finestra sull’ingresso è
raffigurato S. Martino. L’interno, sistemato da Franco Muscetti e
decorato da Narciso Codognotto (1993), reca
lesene con capitelli dorici, un altarino in muratura stuccata, un tondo dipinto
nell’abside con un santo diacono martire e decorazioni floreali
[Grignolio 1994,
p. 57].
S. Salvatore:
cappella campestre, isolata su un’altura situata 1500 metri a sud di Grazzano, nei
pressi delle Cascine di Napoli (dial. Casìn-i ‘d Nàpuli) (piccola
borgata, a inizio sec. XVIII detta «Cassine de Capetti» (o Capretto)
[Saletta 1711, vol. I, parte III, f. 45v]). Era elencata solo nel
1299 nella pieve di Rosignano, in dipendenza dall’omonimo monastero di Grazzano [ARMO, p.
37; Bo 1980, pp. 84-85]. Nei primi anni del '700 era quasi completamente distrutta; venne riedificata da Gio. Domenico Capretto e benedetta nel 1713; l'abate di Grazzano affermava che la chiesa apparteneva all'abbazia [ASDC, Vis. Past. Radicati, 470-485, fasc. 23, f. 764r]. Nel 1838
conservava un’icona con la Vergine e i Ss. Vittore e Corona [Rollino
1987]. Fu ancora ricostruita all’inizio del XX secolo.
Minuta aula rettangolare con facciata a capanna rivolta a ovest.
Santuario della Madonna dei Monti:
(dial. Madòna di Munt), dedicato alla Vergine del Carmelo. Chiesa
posta sul colle omonimo (m 377) nel comune di Ottiglio (provincia di Alessandria).
Elencata negli estimi vercellesi solo nel
1299 («ecclesia Sancte Marie de Montibus», pieve di S. Cassiano)
[ARMO, p. 37]. Il suo patronato fu a lungo conteso tra l’abate di Grazzano e la
comunità di Ottiglio. Probabilmente fu ampliata alla fine del sec. XV. Almeno dal
1635 in un rustico adiacente alla chiesa risiedeva un eremita nominato dall'abate
di Grazzano
[Gallo 2007]. Nel 1797
vi si stabilirono frati Trappisti fuggiti dalla soppressa abbazia di Notre-Dame de Tamié in
Savoia, accolti dall'abate commendatario di Grazzano, Nicolas Saint-Marcel, originario di
Annecy; nel 1802, al momento della soppressione napoleonica, vi risiedevano dieci
frati [De Conti 1900, p. 23;
Notario 1980, p. 300]. Nel 1832 le volte di legno
e cannicciato furono ricostruite in muratura [Roggero
1993, pp. 98, 102]. Vari interventi di inizio sec. XX hanno dato alla chiesa un
aspetto vagamente neogotico [Tornielli 1967,
p. 51]. Una guida del 1935 segnalava la presenza del quadro con la Pentecoste
del Moncalvo [Tealdy 1935, p. 448].
Nel 1854 e presumibilmente fino alla metà del Novecento erano presenti due altari
laterali (dedicati ai Ss. Antonio abate e Maria Maddalena) e si conservavano le
statue dei Ss. Vittore e Corona. Il 13 settembre 1944, dopo la cattura dei
partigiani della banda Lenti, i nazifascisti incendiarono il rustico, provocando
danni al campanile e la distruzione del tetto della chiesa
[Grazzano, Il Santuario della Madonna dei Monti;
Allemano 2009, p. 416]. Restauro
appariscente nel 1965 col contributo del comm. Pininfarina [AD 1969, p.
54]. Il campanile fu abbattuto e ricostruito negli stessi anni sessanta dalla ditta Buzzi
Cementi, che è intervenuta anche nel restauro del 1998. Altri interventi conservativi sono stati effettuati nel 2007. Nella ricorrenza
della Vergine del Carmelo (la domenica prossima al 15 luglio) il santuario è
meta di una processione con Messa solenne.
Chiesa orientata; dell’originale romanico conserva solo parte dell’abside in conci di
pietra da cantoni gialla lavorati con gran cura, divisa in tre campi da
semicolonnine che reggono capitelli scolpiti a foglie dalla punta arricciata e
mascheroni, con tre eleganti monofore a doppia strombatura, tamponate
all’interno, mensole scolpite sorreggenti archetti monolitici e cornice a dente
di sega all’imposta del tetto. La completa assenza del mattone (come nella più
piccola chiesa di S. Michele di Moleto) differenzia questa costruzione dalle
maggiori chiese romaniche del Monferrato, avvicinandola piuttosto alla prassi
edilizia dell'immediato Oltregiogo o dell'area acquese
[Cervini
2005, p. 92]. La partitura dell'abside richiama comunque soluzioni riscontrabili
nel campanile della chiesa dei Ss. Vittore e Corona di Grazzano: rispetto a
quest'ultimo, il cantiere della Madonna dei Monti può essere contemporaneo o di
poco successivo (fine del secondo quarto del sec. XII)
[Vescovi 2007, p. 377].
Interno a tre navate divise da colonne in cotto; l’abside è
intonacata e non vi è traccia delle monofore [Rollino
1987]. Il semplice altare è in pietra da cantoni. È conservata una statua
lignea della Madonna del Carmelo scolpita nel 1699 dall'eremita Francesco Riccio.
Via Crucis di fattura moderna
[Grazzano, Il Santuario della
Madonna dei Monti].
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