M O N F E R R A T O A R T E

ASSOCIAZIONE CASALESE ARTE E STORIA PARCO NATURALE E AREA ATTREZZATA
DEL SACRO MONTE DI CREA
MUSEO CIVICO DI CASALE MONFERRATO
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Fubine
FUBINE MONFERRATO


Dial. Fibìn-i. Fiblinis / Fibinis, 1041 [BSSS 26, doc. 319, p. 218; MGH DD V, n. 70, p. 92]. Nel 2017 alla denominazione Fubine è stato aggiunto il determinante Monferrato [D.C.R. n. 187-5432, 14/2/2017].

Abitanti: 1694. Distanza da Casale Km 28 - Altezza: m 192 s. m. Provincia di Alessandria.

Parrocchia Assunzione di Maria Vergine. Appartenne alle diocesi di Asti fino al 1214, di Acqui dal 1214 al 1805 [Ravera 1997, p. 30], di Alessandria dal 1805 al 1806, infine alla diocesi di Casale [Canestri 1835, pp. 8-9]. Antica parrocchiale era la chiesa di S. Pietro, situata sul colle omonimo; probabilmente manteneva ancora tale funzione oltre la seconda metà del sec. XIV [Bo 1986, p. 435]; fu abbandonata nel 1519. Di essa esiste qualche rudere, da cui è stato tratto il fonte battesimale di pietra grezza trasferito nell’attuale parrocchiale [Ticineto 1997, p. 167].

Chiesa parrocchiale, Assunzione di Maria: nella parte alta del paese. Secondo una tradizione nello stesso sito preesisteva un tempio dedicato a Venere. L’innalzamento del corpo maggiore della chiesa (testimoniato da pilastri cilindrici e capitelli di pietra) risale forse al sec. XIII [AD 1991, p. 134; Fubine 2002]. Nel 1402 fu eretto sul lato sinistro sopra la balaustrata un campanile che poggiava su pilastri e archi, lasciando libera la navata. Dal 1490 al 1512 furono costruiti volte e coro e realizzati altari e pitture [AD 1991, p. 134]. Nel 1519 la chiesa fu consacrata dal vescovo di Acqui mons. Schelino [Ticineto 1997, p. 249] col titolo Assunzione di Maria e divenne parrocchiale sostituendo la chiesa di S. Pietro extra muros (improbabile che in precedenza fosse dedicata a S. Cristoforo, patrono di Fubine: nel 1355 una distinta chiesa di S. Cristoforo compariva con la chiesa di S. Pietro in un elenco di edifici sacri appartenenti alla giurisdizione di Alessandria [Moriondo 1789, doc. 307, col. 319]; nel sec. XV S. Cristoforo era sede di un priorato benedettino dipendente da S. Michele della Chiusa; nel 1677 vi fu sepolto il conte Vincenzo Natta [Guasco 1938, Natta tav. IV]; fu distrutta nel 1799 [Manno 1893, p. 369]. La chiesa di S. Pietro fu abbandonata e le sue macerie servirono nello stesso 1519 all’ampliamento della chiesa della Madonna delle Grazie. Nel novembre 1561 fu stipulato un contratto per la costruzione della volta; prevista la fine dei lavori nell'anno successivo [Prosperi 2019, pp. 245-46]. Nel 1623 la parrocchiale fu eretta in collegiata con capitolo formato dal prevosto e da sei canonici; la collegiata venne soppressa nel 1855 [Manno 1893, p. 370; AD 1991, p. 134; Ticineto 1999, p. 37]. Dal 1857 al 1862 l’edificio fu riplasmato in stile neogotico, con mantenimento della facciata quattrocentesca, ampliamento da una a tre navate e costruzione di 10 cappelle laterali. Nel 1858 venne abbattuto il vecchio campanile; fu quindi innalzato il nuovo campanile, alto m. 56, nelle agili forme neogotiche attuali dal capomastro Martino Castellano, su disegno dell’arch. Angelo Marchini [Niccolini 1877, p. 161; AD 1991, p. 134]. Nel 1865 erano in corso di esecuzione affreschi da parte di Costantino Sereno (figure) e di Francesco Gabetta (ornati) [Niccolini 1877, p. 163; Ferraris 2010, p. 134]. Nel 1869-70 si ebbero interventi di Edoardo Arborio Mella (bussola, cantoria, cassa d’organo, banchi, altari, mosaico pavimentale del presbiterio) [Morgantini 1988, p. 104]. Nel 1886 furono realizzati in marmo bianco l’altare di S. Cristoforo e due balaustrate, su disegno dell’ing. Crescentino Caselli [Rollino 1985, vol. 2°, p. 6]. Nel 1957 l’interno venne ridipinto da Raffaele Panizza e Giovanni Toye, spese sostenute dal comm. Pietro Robotti [Castelli 1986, p. 40; Vanara 2008, p. 45 n. 17]. L'orologio del campanile (Trebino) fu acquistato nel 1971 [Fubine 1971, p. 61]. Nel 2010 è stato completato il restauro della facciata e del rosone.

Facciata a salienti, scandita da sei lesene, coronata da archetti intrecciati, con due pinnacoli cilindrici; pregevole rosone in cotto a otto fasce concentriche di formelle, discretamente conservate. Il piccolo protiro a sinistra del portale dava accesso a un corridoio che corre lungo il fianco orientale [Fubine 2002]. Interno a tre navate di grande slancio verticale, in cinque campate; gli arconi della navata centrale sono a tutto sesto, mentre quelli delle navate laterali sono a sesto acuto. Le volte a crociera costolonate furono decorate nel 1865 con finte nervature e ricami in esuberante stile neogotico da Francesco Gabetta (che nel 1840 aveva ornato con un'opera simile la chiesa di S. Bartolomeo di Valenza [Marotta 1990, pp. 42-45]). Vetrate in vetro viennese; i lampadari sono ottocenteschi [Grignolio 1993, p. 40]. L’altare maggiore in marmi policromi è databile alla metà del sec. XVIII; nel 1860 fu aggiunta la parte superiore; sul tabernacolo sono poste due testine di angeli. L’altare rivolto al popolo fu realizzato nel 1990 (ditta Pareto) [Brusasco 1991; Di Majo 2010, pp. 473-75]. Coro di noce massiccio del 1711 [AD 1991, p. 134]; della stessa epoca sono i banchi di noce realizzati a Moncalvo. Sulle pareti del coro vi sono decorazioni del Sereno: due Angeli su fondo azzurro stellato, entro nicchie con terminazioni ogivali; nella volta del presbiterio l’Assunta, con angioletti musicanti (1865) [Mazza 1990, p. 13]. Nella nicchia centrale dell’abside è situata una grande statua marmorea dell’Immacolata (alta m 3.10), dono di Antonio Gotta, cui si deve anche l’erezione di un altare marmoreo Casalis, vol. VI, 1840, p. 904] (secondo documenti dell’Archivio Parrocchiale, la statua di scuola berniniana e proveniente dal Lazio per spoglio napoleonico, sarebbe stata comprata all’inizio del secondo decennio dell’Ottocento a Caresana dal parroco don Felice Ferraris per la somma di 8300 lire [1]). Il presbiterio è delimitato da una balaustrata di marmo bianco ad archi polilobati. Sulla balaustrata è appoggiata una statua lignea laccata e dorata della Madonna del Carmine (sec. XVIII), pervenuta dalla chiesa del Carmine. Sulla parete di controfacciata, a destra della bussola, è posta una pala di scuola moncalvesca con cornice lignea originale decorata con angioletti, rappresentante l’Assunzione e incoronazione della Vergine coi Ss. Caterina, Chiara, Carlo e Paolo (proveniente dalla chiesa della SS. Trinità).

Cappelle laterali di destra: a) pala effigiante la Madonna col Bambino e le Anime del Purgatorio coi Ss. Bonaventura e Carlo (sec. XVIII); b) pala della Madonna col Bambino venerati dai Ss. Francesco e Antonio (sec. XVIII), statua di S. Antonio; c) cappella di S. Cristoforo, altare progettato da Crescentino Caselli (1886), decorato con sei Angeli a olio su rame del Sereno; pala di Giovanni Stura (1897). In capo alla navata destra vi è la cappella dell’Addolorata, con un grande Crocifisso e statua dell’Addolorata; alla parete laterale è posta una tela con Gesù che benedice i fanciulli.
Cappelle di sinistra: a) battistero, pala col Battesimo di Cristo del Sereno (1871); rozzo fonte battesimale medievale in pietra proveniente dalla chiesa di S. Pietro [Ticineto 1997, p. 167]; b) S. Antonio, pala coi Ss. Antonio e Libera del Sereno (1875); c) Madonna Regina del Cielo, tela raffigurante la Madonna col Bambino, con lo stemma comunale di Fubine (siglata: «G. A. B., 1880»); statua del Sacro Cuore; d) S. Giuseppe, pala con S. Giuseppe col Bambino, del Sereno (1876). In capo alla navata sinistra vi è la cappella della Madonna del Rosario, con 15 tavole di legno raffiguranti i Misteri, di Ambrogio Oliva (1582; commissione del 1577 da parte della confraternita del Rosario [2]) e statua lignea dipinta e dorata di Anton Maria Maragliano e bottega (1717), realizzata in conformità con la Madonna del Rosario di Voltaggio dello stesso scultore [Romano 1970, pp. 71-72; Sanguineti 2012, p. 288]; sulla mensa d’altare sono collocati due putti di marmo bianco. A fianco della cappella del Rosario c’è un confessionale ligneo intagliato, di Pietro Barbiroglio, dono dalla contessa di Bricherasio [Grignolio 1993, p. 42]. Bella Via Crucis, opera di Paolo Gaidano (1894-96), inizialmente destinata alla chiesa di St. Patrick di New York, ma acquistata dal parroco Accornero su insistenza di Crescentino Caselli [Pavesio 2009]. Accanto alla porta d’ingresso vi sono due acquasantiere cinquecentesche di marmo bianco. Pulpito di Pietro Barbiroglio (sec. XIX) [Niccolini 1877, p. 165], su disegno di Edoardo Arborio Mella (?) del 1867 [Morgantini 1988, p. 103]. Sopra la bussola è situata la cantoria (in costruzione nel 1865) [Ferraris 2010, p. 134] con l’organo Mentasti del 1874, di duemila canne, rinnovato nel 1881 da Luigi Lingiardi e figli [AD 1991, p. 270; Cavallo 2000b]. La chiesa ha subito nel 1975 un furto di candelieri e nel 1984 un furto di lampadari e di due angeli lignei [AD 1991, p. 283].

Immacolata (dial. gežia di Batì o dal pont): presso lo Spalto. Costruita nel 1620 [Manno 1893, p. 370; Ticineto 2000a, p. 229] dalla confraternita dei Disciplinati. Dal 1642 al 1659 vi furono seppellite ben 186 persone [Ticineto 2000b, p. 206]. Era succursale della parrocchia e fu officiata fino al 1950 circa, quindi venne utilizzata come sala cinematografica. Da alcuni anni è stata acquistata dal Comune [Fubine 2008, p. 15].

Paramento in mattoni e arenaria; elegante facciata. Già in cattive condizioni, dopo il terremoto dell’agosto 2000 sono stati effettuati restauri conclusi nel 2015. L'edificio è stato trasformato in sala polifunzionale denominata «Teatro dei Batù».

N. S. del Carmine: in via Torrone. Fu edificata con l'attiguo convento a partire dal 1620, in seguito al voto di un fubinese benestante, che lasciò in eredità ai padri carmelitani della Congregazione di Mantova tutti i suoi beni comprendenti la casa, da trasformare in convento, e l'annesso terreno per la costruzione della chiesa. Il convento fu soppresso, ma non demolito, nel 1798 [Ticineto 1999, pp. 27-30]; la chiesa passò a privati in epoca napoleonica, successivamente fu riconsacrata. Nel 1979 venne restaurato l'altare maggiore. Nel 1983 fu rifatto il pavimento. Già in cattive condizioni di conservazione, è stata risanata nel 2005-2006 dopo i danni subiti nel terremoto dell'agosto 2000 [Fubine 2008, p. 21].

Facciata a salienti, scompartita da due lesene che sorreggono il timpano; i due spioventi più bassi corrispondono alle cappelle laterali. La porta d'ingresso rialzata è preceduta da una scalinata; al di sopra si apre una serliana. Interno ad aula rettangolare con tre cappelle per lato, coperta da una volta a botte ribassata, così come il presbiterio rettangolare, più stretto dell'aula. Sopra l'altar maggiore è sospeso un notevole Crocifisso ligneo (il corpo del Cristo è databile al XV secolo, la croce è più tarda). Vi sono alcune tele risalenti al sec. XVII [AD 1991, p. 135]: sulla parete di fondo, dietro l'altar maggiore l'Annunciazione; nella prima cappella di sinistra Crocifissione coi Ss. Cristoforo, Francesco, Bernardo da Chiaravalle e Bovo (pittore Amadeus, 1666); nella seconda cappella di sinistra la Madonna col Bambino venerati dai Ss. Pietro, Maria Maddalena de' Pazzi e Giovanni Battista (Amadeus, 1683; donatore Giovanni Pietro de Grandi); nella terza cappella di sinistra la Madonna del Carmelo venerata dai Ss. Simone Stock e Stefano. In una nicchia è collocata la statua lignea dorata della Madonna del Carmine col Bambino (sec. XVIII), che in passato veniva portata in processione; in un'altra nicchia si trova una statua lignea di S. Michele arcangelo che calpesta il diavolo (sec. XVII).

SS. Trinità: all’estremo nord-occidentale del paese, nel rione Mirabello. Ricostruita o ampliata negli anni 1680-86 [Manno 1893, p. 370; Ticineto 2000a, p. 229]. Sacrestia di costruzione più tarda; il campanile risale probabilmente al sec. XIX [Fubine 2008, p. 23]. Un progetto di ulteriore ampliamento dell’ing. Crescentino Caselli (1922) non fu realizzato [Rollino 1985, vol. 2°, p. 19]. Da tempo sconsacrata, la chiesa è stata acquistata da alcuni anni dal Comune [Fubine 2008, p. 23].

Ampio edificio, in stato di completo abbandono, col tetto crollato negli ultimi anni, interno occupato dai resti della copertura e da arbusti, apice del campanile sbrecciato da un fulmine. Alto prospetto diviso in due piani e culminante con un frontone che poggia su un'ampia cornice; al secondo piano si apre una finestra serliana, sormontata da due nicchie vuote; una terza nicchia è situata nel timpano. Sul fianco sinistro è presente un grande quadrante solare in pessimo stato di conservazione, con stilo polare [Mesturini 2008, p. 20]. Alcuni tondi dipinti sono ancora visibili nella parte alta delle pareti laterali. Una grande pala di scuola moncalvesca raffigurante l'Assunzione e incoronazione della Vergine coi Ss. Caterina, Chiara, Carlo e Paolo, dopo un restauro è stata trasferita nella parrocchiale.

Madonna delle Grazie di Conserra (S. Giuseppe): sul colle di S. Pietro (presso il sito dell’antica parrocchiale). Si dice essere sorta nel 1315 (ma la struttura dell’abside sembra deporre per un’origine anteriore). Lavori furono eseguiti nel 1519 utilizzando materiale di ricupero della chiesa di S. Pietro, e nel 1883 [Manno 1893, p. 370; AD 1991, p. 135], con aggiunta, dopo demolizione di un precedente portico, dell'attuale corpo anteriore aperto ad arco sul davanti e sul lato destro. Nel 1926 venne ricavata nell'interno un'ampia nicchia per la statua di S. Giuseppe. Nel 1929 fu collocata la balaustra a chiusura del presbiterio. Nel 1931 fu costruita la sacrestia sul fianco destro della chiesa. Il sagrato venne sistemato nel 1934-35, mentre nel 1939 venne rimesso in evidenza nell'abside un antico pilone su cui è dipinta l'immagine della Madonna delle Grazie (sec. XVIII), contornata da una cornice architettonica lignea. Fino a non molti anni fa l'edificio conservava diversi ex voto [Fubine 2008, p. 22; Ferraris 2010, p.198].

Due curiose celle campanarie a campaniletto con guglia culminano sulla facciata ottocentesca. Facciata e pareti laterali presentano alternanza di arenaria e mattoni a più corsi. La piccola abside romanica è ben più bassa del resto dell'edificio, di costruzione più tarda; ha paramento in mattoni e zoccolatura leggermente aggettante incementata; è divisa da due lesene in tre campiture su cui si aprono tre piccole monofore con arco monolitico a tutto sesto di arenaria. Coronamento ad archetti pensili monolitici poggianti su mensoline di pietra; soprastante cornice con motivo di mattoni a denti di sega. Sulla vecchia facciata, in riquadri di arenaria non coperti dall’intonaco posti a fianco della porta d’ingresso, si leggono due iscrizioni: «absis | hoc opus fecit | fieri Pet(ru)s Ferarius | DCCCLV» e «Ecclesia P(at)r(i)s | Sancta Maria bona Mater | omnia para bona et mihi | veniam et vitam | adprecare o Domina Maria | Fib(ini)s 1519 die 10 May». L'altare di marmo bianco e nero, realizzato col contributo dei fedeli, venne inaugurato nel 1939. Si celebra la messa feriale durante l’estate. In occasione della festa di S. Giuseppe vi è grande concorso di gente anche dai paesi vicini [AD 1991, p. 135].

Cappella mortuaria dei Cacherano di Bricherasio: sulla strada comunale al confine con Altavilla, nella zona detta “Cappuccini” (dial. Capissìn). In passato c’era un convento dei Cappuccini con chiesa intitolata a S. Francesco, fondato nel 1611, soppresso nel 1802 e demolito nel 1814. La cappella fu fatta costruire dal cav. Luigi di Bricherasio nel 1869, su disegno di Pietro Barbiroglio, autore anche del pulpito della parrocchiale. Nel 1877 la volta era dipinta a cielo stellato e vi erano due acquasantiere costituite da due grandi conchiglie fossili (Pecten bivalva) e un quadro di classico pennello [Niccolini 1877, p. 165], che dovrebbe corrispondere alla Vergine e S. Francesco, di Giorgio Alberini (1618), qui presente ancora nel 1895 [Negri 1895b, p. 183], ma successivamente portato all’Istituto “don Orione”, dove tuttora si trova. La cappella è di proprietà dei Figli di don Orione.

Edificio neogotico, con esterno in mattoni a vista. Sopra la porta d'ingresso è collocato lo stemma dei Cacherano di Bricherasio. Interno ad aula rettangolare divisa in quattro campate, con volta a crociera ogivale costolonata e abside semipoligonale coperta da un catino con spicchi a vela; la volta è dipinta a cielo stellato. Su ciascun lato si aprono quattro finestre ogivali policrome; un oculo è presente in facciata, due finestrelle ad arco acuto nell'abside. Pavimento alla veneziana; al centro è riportato in mosaico lo stemma dei Cacherano. L'altare ha mensa sorretta da due pilastrini; sul retro una scritta ricorda la Messa inaugurale officiata nel 1876 da S. Giovanni Bosco. Nella camera sepolcrale della cripta sono collocati due monumenti funebri di Leonardo Bistolfi, dedicati al conte Emanuele (morto nel 1904; opera realizzata l'anno successivo) e alla contessa Teresa Massel di Caresana sposa di Luigi di Bricherasio e madre di Emanuele (morta nel 1923; opera forse realizzata nello stesso anno); vi sono poi lapidi coi nomi di defunti della famiglia e del capitano Federico Caprilli (1868-1907), caposcuola del rinnovamento dell’arte dell’equitazione, ricordato da un bassorilievo del Bistolfi (ca. 1910) [Berresford 1984, pp. 233, 245, 268; Fubine 2002].

Madonna della Neve (Madonna di Borghi): in cima a una collina, in regione Borghi-Fugassa (dial. Burghi e Figàsa. Bulgarum, 1041 [BSSS 26, doc. 319, p. 218; MGH DD V, n. 70, p. 92]; Fugatio, 1369 [Ticineto 1997, p. 249]). Santuario officiato fino al 1950 circa. Era meta di processioni. Ora è abbandonato e diroccato. Si conserva il campanile in mattoni a vista. Aula rettangolare con volta a botte, in parte crollata col tetto, e absidiola semicircolare. Sono ancora visibili sulla parete di fondo lacerti di affreschi scenografici del sec. XVIII e altri, forse più antichi, nell’abside.

Piccola Opera della Divina Provvidenza “don Orione”: nel castello Bricherasio. Passato in proprietà dei Figli di don Orione (come quasi tutti i beni dei Bricherasio) alla morte della contessa Sofia (1950) [BO 1986, p. 441]. Sono custodite varie opere d’arte: una lunetta con l’Eterno di Aimo Volpi (fine sec. XV) [Romano 1970, p. 15]; Santo Vescovo, tavola di pittore ligure-piemontese del primo quarto del sec. XVI (lascito di Sofia Cacherano di Bricherasio) [Natale 2003, pp. 76-77]; due tele di Giorgio Alberini: la Vergine e S. Francesco (1618), già nella cappella mortuaria dei Bricherasio [Negri 1895b, p. 183] e l’Annunciazione (ca. 1622) [Romano 1971a, p. 53]. Dalla cappella privata della contessa Sofia di Bricherasio proviene una tela di pittore imitatore del Guala raffigurante S. Giuseppe da Leonessa (seconda metà del sec. XVIII) ora al museo di Casale [Soffiantino 2003, p. 96]; inoltre un trittico con S. Ambrogio in trono, S. Martino col povero e S. Sebastiano, di Nicolò Corso (inizio sec. XVI), in deposito alla Galleria Sabauda di Torino [Caldera 2003, pp. 78-79].

S. Rocco (dial. caplàtta 'd san Roc): cappelletta situata a un chilometro dal paese in direzione nord-ovest sulla strada per Franchini. Costruita forse a fine Ottocento o inizio Novecento nel luogo in cui in precedenza esisteva una chiesa più ampia con lo stesso titolo, distrutta nel 1740 [Manno 1893, p. 369] e sostituita temporaneamente da un pilone.

Piccolo edificio in mattoni a vista, con pianta rettangolare, minuscola abside e campaniletto addossato alla porzione di fondo della parete laterale sinistra. Facciata a capanna limitata da due paraste angolari e culminante con tre pinnacoli di cemento a sezione quadrata. Portale terminante con un arco acuto e chiuso da un portoncino metallico. All'interno c'è un piccolo altare ligneo sormontato dalla statua di S. Rocco [Vanara 2008, pp. 131-32; Ferraris 2010, p. 201].

S. Sebastiano (Ss. Apostoli): eretta nel sec. XV, già sede della confraternita dei Ss. Apostoli; fu abbattuta nell’immediato secondo dopoguerra perché malsicura. Aveva facciata gotica a capanna divisa da quattro lesene, con rosone centrale; alto campanile bianco [Castelli 1986, pp. 7, 9]. Nello stesso sito fu eretta una cappella privata in cui è ancora conservata la statua originale di S. Sebastiano [Ferraris 2010, p. 553].


1 Comunicazione di don Francesco Milanese (2005).
2 Notizia di Bruno Ferrero (2011) [Archivio di Stato di Alessandria, Archivio Notarile del Monferrato, cart. 2558, notaio Gio. Antonio Moro].