VIGNALE MONFERRATO
VIGNALE MONFERRATO
Dial.
Avgnà. Vignalis, 992 [MGH DD II/2, doc. 97, p. 508]; Vignalis,
880 [MGH Karoli III, p. 289; BSSS 117, doc. 441, p. 7: documento dubbio]. All'unità d'Italia, nel 1861, il comune era già denominato Vignale Monferrato.
Abitanti: 1093. Distanza da Casale Km 18 ‑ Altezza: m 308 s. m. Provincia di
Alessandria.
Parrocchia di S. Bartolomeo. Fin dal 1474 passò dalla diocesi di Vercelli alla diocesi di Casale [De Bono 1986, p. 34]. Il primo
prevosto di cui si hanno notizie è il presbiter Johannis Zoffredus, vivente
nel 1402 [Vitullo 1982, p. 111]. In
passato le parrocchie erano due: una dedicata ai Ss. Pietro e Maurizio (a est,
sul bricco Mondalino, primitiva sede del paese) e una ai Ss. Bartolomeo e
Felice; i titoli rimandano a quattro chiese più antiche, elencate nel 1299
nelle pievi di Mediliano e Rosignano: S. Pietro di Lignano, S. Maurizio di
Vignale, S. Bartolomeo di Vignale e S. Felice di Mongiudeo [ARMO, pp. 36-37].
Nel 1573 le due parrocchie furono unite per il cerimoniale in un’unica
parrocchia, amministrata però da due parroci con distinti benefici; nel 1820 i
due benefici parrocchiali furono congiunti e la parrocchia, sotto il titolo dei
Ss. Bartolomeo e Maurizio, fu amministrata da un solo parroco
[Casalis, vol. XXV, 1854, p. 302].
Chiesa parrocchiale, S. Bartolomeo: sotto il castello, nella parte alta del paese. Elencata
dal 1299 negli estimi vercellesi, pieve di Rosignano [ARMO, p. 36]. Al 1766 è
datato un progetto del Magnocavalli per una nuova chiesa,
verosimilmente disegnato da Ferdinando Venanzio Bianchi [Marocco 2005, p.
311], presentato al comune il 15/9/1771 dopo la demolizione della chiesa
precedente, che aveva pianta all'incirca quadrata, divisa in tre navate, con abside semicircolare e
facciata rivolta a occidente. Le fondamenta furono gettate nel 1773, ma la ricostruzione andò a
rilento per mancanza di fondi. Nel frattempo le funzioni parrocchiali venivano
svolte nella chiesa dell’Addolorata. Nel 1786 Agostino Vitoli presentò un
progetto meno dispendioso che rimaneggiava quello del Magnocavalli e che fu
accettato e portato a compimento in vari anni (capomastro Bernardo Lombardi)
[Vitullo 1982, pp.
127-30]. La chiesa venne benedetta nel 1825, ma fu terminata, consacrata e aperta al culto
solo nel 1841. Nel 1833 venne eretto l'atrio. Il campanile fu ultimato nel 1855
(disegno dell'arch. Pietro Delmastro); le campane vennero collocate due anni dopo
(fonditore Antonio Comerio). Nel 1864 venne rinnovato il presbiterio. Nel 1879 si chiusero con cancellate le quattro aperture
laterali del pronao. Nel 1883 furono chiuse con cancellate le tre cappelle dei
confessionali. Nel 1885 venne riparato l'organo. Nel 1888 fu ricostruito il
pavimento dell'aula [AD 1991, p. 224; Ferraris 2011,
pp. 79, 89-90, 117]. Le falde del tetto sono state rifatte nel 1974, 1981 e 2008.
Al 2003 risalgono interventi di consolidamento delle fondamenta e delle pareti,
in seguito a danni provocati dal terremoto dell'agosto 2000
[Ferraris 2011, p. 256].
L'edificio misura 56 x 26 metri, con altezza di 26 metri. La facciata rivolta a sud, culmina con un grande frontone triangolare ed è preceduta da un pronao neoclassico con colonne binate; sulla balconata centrale svettano tre statue in cemento
raffiguranti Cristo con la croce, S. Giuseppe e S. Bartolomeo
(scultore Giulio Milanoli, 1916). Nell’atrio, il cui arco d'accesso centrale è chiuso
da un cancello proveniente dal palazzo Callori e donato nel 1977 dalla Regione
Piemonte (stemmi bronzei dei Callori e dei Balbo-Bertone di Sambuy)
[Grignolio 1993, p.
118; Ferraris 2011, pp. 147, 256],
sono sistemate statue di gesso ritraenti S. Pietro, S. Paolo,
S. Giovanni Evangelista e S. Evasio che sorregge il modello del
duomo di Casale [Vitullo 1982, p.
210] (successivo ai restauri della facciata del 1872-73). Ai lati della porta d’ingresso si trovano due
ampie pitture murali in acrilico di Pietro Besso effigianti la Redenzione
delle miserie umane, inaugurato nel 1995 e l’Inno alla vita, inaugurato
nel 2000.
Attraverso un breve vestibolo si accede alla grandiosa aula a navata unica con volta a botte sorretta su ciascun
lato da tre grandi pilastri compositi. Volta e pareti furono affrescate
negli anni 1891-92 da Luigi Morgari, che prese a
modello personaggi vignalesi (restauri di Luca Pagella, 2004); sulla volta:
Tre angeli, l’Immacolata venerata dai Profeti, l’Assunta,
le Virtù cardinali; alle pareti Vite di santi, Vita di Gesù
e Sacre allegorie; nel coro, a sinistra il Battesimo di Polimnio d’Armenia,
a destra S. Bartolomeo che intercede presso la Madonna la protezione di
Vignale. Ancora di Luigi Morgari è la grande tela ovale al centro
dell’abside rappresentante il Martirio di S. Bartolomeo [Vitullo
1982, p. 211], sotto la quale è posta un’altra tela con S. Agostino
(sec. XIX). Il pavimento in mosaico
del presbiterio risale al 1864. Coevo è il grandioso altar maggiore in stucco marmorizzato, con alto ciborio sorretto da sei colonne; sopra il
tabernacolo è collocato un Crocifisso ligneo cinquecentesco, forse proveniente dalla
chiesa conventuale dell’Addolorata; angeli dorati sono sparsi attorno al
tabernacolo e sui fregi [Grignolio 1993, pp. 118-20). L’altare rivolto al popolo è
opera del prof. Nori (1993); come paliotto ha una scultura bronzea raffigurante
l'Ultima cena (di Giuliano Fracchia). Bel coro ligneo
intarsiato (presumibilmente proveniente dalla chiesa parrocchiale precedente),
realizzato nel 1749 da Carlo Gianolio, cui si devono anche i
confessionali [Vitullo 1982, p.
213].
Balaustrata in marmi policromi (1864).
Su ciascun lato dell’aula si aprono due cappelle maggiori, delimitate da balaustrate lignee associate a banchi e inginocchiatoi disposti su due scalini. Nella prima cappella di
destra è posta una pala effigiante S. Maurizio, di Luigi Pavese (1864) (il
puttino sarebbe il ritratto del prof. Guido Carrà all’età di due
anni); nella volta Decapitazione di S. Maurizio, dipinto murale di Luigi
Morgari [Vitullo 1982, pp. 195, 211]; alla parete destra è appeso un
quadro con S. Rita, di Barberis (1948). All’altare della
cappella successiva è esposta una tela rappresentante la Madonna del Carmine
col Bambino, Simone Stock e S. Pietro, di Giovanni Antonio Caboni (1843) [Vitullo
1982, p. 211]; lateralmente vi sono due tele raffiguranti S. Anna e Maria
(G. Maggiorotti), e la Madonna del Rosario di Pompei
[Ferraris 2011, p. 268].
Nella prima cappella di sinistra, dedicata alle anime dei defunti, è situato un
Crocifisso ligneo con immagine a rilievo della Maddalena, databile a fine XV
- inizio XVI secolo, proveniente dalla chiesa conventuale. Nella seconda cappella di sinistra, dedicata al Sacro Cuore, è
appesa una copia novecentesca (Pietro Besso) della leonardesca Vergine
delle Rocce. Ai quattro angoli dell’aula si aprono spazi
più piccoli; il primo a sinistra contiene il battistero, gli altri tre i
confessionali (Carlo Gianolio, 1749). Al fondo dell’aula, sul lato sinistro, si trova il pulpito di stucco dipinto a finto marmo (prima metà sec. XIX). La
Via Crucis è costituita da calchi in gesso di opere bronzee del torinese
Manzo [Grignolio
1993, p. 120]. Sopra il vestibolo d'ingresso è collocato un maestoso organo di 1600 canne realizzato nel 1846; è attribuito a Giambattista Lingiardi
[Vitullo 1982, p. 131; AD 1991, p. 224], ma, dato l'anno di costruzione, è verosimilmente opera dei figli.
Nella sacrestia, cui si accede da una porta sul lato sinistro del presbiterio,
ci sono mobili e tele in parte provenienti dalla chiesa
dell’Addolorata [Monferrato 2000,
p. 207] e due statue lignee raffiguranti l'Immacolata e la Madonna del Rosario
[Ferraris 2011, pp. 266-67], per le
quali è dubbia la corrispondenza con due statue (Addolorata e Immacolata) realizzate nel 1872
da Antonio Brilla per Vignale (è indicato il committente della seconda,
Andrea Giachelli, non la sede di
esposizione) [Guastavino 1934, p. 129].
B. V. Addolorata:
(chiesa del Convento dei serviti), nella parte bassa, meridionale del centro
abitato. È il maggiore monumento di Vignale. Già chiesa di S. Maria di Monterotondo (la
zona era denominata Marlerio, Monriondo, Monterotondo). Nel
1465 i signori Cornaglia, col
beneplacito di Guglielmo VIII, donarono ai serviti la chiesa di S. Maria, di cui avevano il
patronato, coi terreni circostanti, affinché fosse costruito un convento e una
nuova chiesa: il convento fu edificato dal 1470 al 1490, la chiesa dal 1496 al
1505 [Casalis, vol. XXV, 1854, p. 302;
Ferraris 2002, pp. 191-92]. Subì danneggiamenti nel 1556 ad
opera dei francesi di Brissac e nel 1691 (gli
alemanni uccisero 71 persone che vi si erano rifugiate). Nel 1684 vi fu fondata
la Compagnia dei sette Dolori, fatto che probabilmente determinò l'intitolazione
della chiesa all'Addolorata. Nel 1764 venne rimodellato il presbiterio [1]. Ebbe funzione di chiesa
parrocchiale dal 1771 al 1841, anno in cui cessò di essere officiata. Il convento fu
soppresso nel 1802; l’edificio conventuale fu in seguito acquisito dal comune e, nonostante l'autorevole
parere contrario di Crescentino Caselli, venne abbattuto nel 1886 per far
posto ad una nuova costruzione destinata alle scuole, progettata dal segretario comunale
geometra Franco Franchi, ora in parte adibita a poliambulatorio [Riccio
1885, p. 16; Caselli 1885;
Vitullo 1982, pp. 39, 68, 118, 171;
Ferraris 2011, pp. 117, 270].
Nel 1911 venne elencata tra gli edifici monumentali nazionali, con segnalazione
degli stalli lignei cinquecenteschi [Alessandria
1911, p. 48]. Nel 1913 fu rinforzata con catene, venne rifatto il tetto e furono
consolidate le volte (ing. Crescentino Caselli). Durante la prima guerra mondiale
ospitò prigionieri austro-ungarici
[Rollino 1985,
vol. 2°, p. 16; Ferraris 2011, pp.
146, 270]. Al 1988 risale il restauro della scala di accesso, che era
crollata, e il ricupero del portone [AD 1991, p. 224]. Nel 1997 furono sistemate
nuove finestre con telai in ferro zincato e vetri in plexiglas. Altri restauri nel
2004 a causa di danni statici provocati dal terremoto dell'agosto 2000
[Ferraris 2011, pp. 256-57].
L’edificio, rivolto a occidente, ha misure esterne di m 46 x 22 [Riccio
1885, p. 8]. Facciata a salienti in mattoni a vista, divisa da quattro
contrafforti e culminante con cinque pinnacoli, restaurati dopo il terremoto dell’agosto 2000
[Ferraris 2011, p. 270]; al grande
rosone centrale, già in cattive condizioni nel 1885 [Riccio
1885, p. 10], mancano gli anelli concentrici in cotto. Vi sono due oculi
laterali. Il coronamento ad archetti pensili intrecciati in cotto con cornice a
denti di sega è presente anche sul fianco sinistro, dove si apre un ingresso
secondario. Il bel portone di noce intagliato, datato 1735 e siglato «F0 ACA0» (Francesco Accatino?), restaurato nel 1986, è incorniciato da
lesene con capitelli che sorreggono un timpano triangolare. L’abside all’esterno
pare ottagonale, ma risulta in effetti da tre absidi affiancate. A lato del fianco
sinistro posteriormente si innalza un robusto campanile a sezione quadrata, con
fregi a dentelli scalari marcapiano; ai due piani superiori si aprono ampie monofore.
L'interno della chiesa è molto spazioso, a tre navate divise da sei robuste colonne con capitelli cubici; archi
a sesto acuto sul presbiterio; volte a vela. Elegante altar maggiore del 1848 con
candelabri e angioletti dorati [Grignolio
1994, pp. 109-10] e una nicchia a tempietto con una pregevole statua
lignea processionale della Madonna Addolorata, che secondo la tradizione
sarebbe stata scolpita da un frate servita in un tronco di pero. L'altare rivolto
al popolo è stato realizzato e offerto nel 2009 (Giovanni Demichelis)
[Ferraris 2011, p. 273].
Notevole coro di venti stalli a tarsie realizzato negli anni 1512‑28 [AD 1991,
p. 224], da collegare ad esempi coevi albesi, astigiani e vercellesi [Spantigati
1979, p. 20]. Dopo un lungo restauro iniziato nel 1971 (Franchino) fu
reinstallato nel 1992. È possibile che, come in altre chiese conventuali, gli
stalli si trovassero inizialmente nella navata centrale di fronte all'altar maggiore e solo in seguito
(1562?) fossero riadattati e portati in fondo all’abside per conformare la chiesa
alle disposizioni della Controriforma. Due pannelli centrali
recano le immagini ad intarsio di san Filippo Benizi (col giglio; culto
approvato nel 1516) e del beato Giacomo Filippo Bertoni (col
Crocifisso), entrambi dell’Ordine dei Serviti
[Kaftal 1985, coll. 363, 558;
Aletto 2006, p. 284]. Sul
grande leggio di coro sono riportate col pirografo notazioni
musicali col versetto O salutaris hostia (inizio di un testo di S. Tommaso, usato nel canto gregoriano
come inno eucaristico). La firma «Fra Baltasar Gallus de Raconixi»
con un galletto, il monogramma «SM» dei Servi di Maria e la data «1562»
dovrebbero riferirsi al rimaneggiamento del coro [Spantigati
1979, p. 20].
Una semplice balaustrata marmorea chiude il presbiterio. Le navate laterali, rialzate di un
gradino, terminano con due cappelle riccamente decorate a stucco, delimitate da balaustre lignee. Nella cappella
di sinistra dedicata a S. Sebastiano (già di patronato dei Callori) l’altare barocco ha colonne tortili, un Crocifisso al centro
e angioletti di gesso coi simboli della Passione; in passato era segnalato anche un piccolo
quadro (cm 100 x 75) rappresentante un Monaco in orazione, forse copia di
un dipinto perduto di Pier Francesco Guala [Vitullo
1982, p. 208]. La cappella di sinistra (già di patronato dei Cornaglia) è
dedicata alla SS. Trinità. Alle pareti laterali della chiesa sono appese dodici tele con gli
Apostoli (sec. XVIII; la tela col S. Simone è siglata «C.S.P.»: Carlo Saletta?) e la Via Crucis tardo seicentesca. Sulla parete
destra è stato rinvenuto nel 2006 sotto lo scialbo un notevole affresco (cm 190
x 170), databile tra il 1505 e il 1510, raffigurante la Madonna del latte in
trono con angeli musicanti; il dipinto reca
il nome dei committenti (Johanes et Jacobus de Tonsis) e la firma di Giovanni da Crescentino, pittore di scuola
spanzottiana fin'allora ignoto; per i caratteri originali dell'incorniciatura
architettonica dipinta a candelabre con spunti di grottesca costituisce un
«piccolo unicum della pittura cinquecentesca in Piemonte». Saggi estesi a tutte
le pareti non hanno rivelato altri affreschi, probabilmente a causa di una
stonacatura effettuata in passato, che avrebbe risparmiato solo la Madonna
del latte [Guerrini 2007].
Presso le prime due colonne sono collocate due acquasantiere di pietra a colonna
(seconda metà sec. XVI). Nel pavimento presso l’acquasantiera di destra è murata
una lastra lapidea quadrata con stemma (sec. XVI?), che fungeva da chiusino del sepolcro sotterraneo; altri chiusini, per i sepolcreti dei frati e di alcune famiglie, si trovano nelle navate (due sono datati 1743 e 1764).
Sopra l’ingresso sono installati la tribuna settecentesca, meritevole di
restauro, e l’organo di inizio Ottocento, in stato di abbandono [ICCD 0100127474].
Da questa chiesa provengono tre tavole raffiguranti l’Adorazione dei Magi
(1510), S. Lucia con un donatore e S. Agata (1509-1510), di Francesco
Casella, e due tavole con S. Andrea e S. Filippo Benizi (ca. 1510),
attribuite a Cristoforo Ferraris de Giuchis o a pittore di area novarese,
probabilmente facenti parte dello stesso polittico, già nella collezione di Federico
Arborio Mella, donate nel 1871 all'Istituto di Belle Arti di Vercelli e conservate
in deposito dal 1934 al Museo
Borgogna di Vercelli [Vesme, IV, p.
1233; Viale 1969, pp. 40-41, 71;
Tanzi 2002, pp. 44-47;
Villata 2009;
Cassinelli 2011, pp. 41-44].
Purificazione della B. V. Maria
(detta dei Batù): sita in
uno slargo di via Bergamaschino, a poca distanza dalla porta urbica, ancora
intatta, che fece parte della prima cerchia delle mura di Vignale. Nel 1584 è citato un oratorio di S. Maria dei Disciplinanti o Battuti bianchi, la cui confraternita è stata qui operante fino agli anni trenta del sec. XX. L'attuale edificio fu eretto
nel sec. XVII [ASDC, Vis. past. Montiglio, 456-459, f. 175v; Vitullo 1982, pp. 122-23]. Un
parziale restauro fu effettuato nel 1964. Non è più officiato perché sconsacrato
nel 1977 e dal 1980 è stato dato in comodato alla Fondazione Teatro Nuovo di Torino
[AD 2002, p. 216; Ferraris 2011, p. 225].
La chiesetta ha un piccolo raccolto sagrato; facciata senza fregi, porta barocca
sormontata dai pochi resti di un piccolo dipinto murale. L’interno è semplice, voltato a botte;
custodisce l’altarino barocco e un piccolo coro mal conservato, mentre sulla parete
destra non è più presente una tela del 1714 con
modesta cornice, raffigurante S. Rocco che guarisce gli appestati, di
autore ignoto [Vitullo 1982, p.
124; Ferraris 2011, p. 284].
Cappella funeraria dei Conti Callori: presso il
castello, in posizione dominante sul paese. Sobria costruzione di linee
classiche, voluta dal conte Federico Callori, disegnata attorno al 1860
dall’arch. Brocchi (segretario dei Callori di
Vignale e responsabile della costruzione dell’asilo di Vignale e di restauri al
castello d’Uviglie). Nel 1971 vi fu tumulato il cardinale Federico Callori.
Un’epigrafe riporta «Sancta et salubris est cogitatio pro defunctis exorare»
[Niccolini 1877, pp. 178, 181;
Grignolio 1980, p. 101;
Vitullo 1982, p. 214]. Il
campanile, situato sul lato sinistro della facciata, segna il punto più alto
dell’abitato. La cappella è pavimentata a mosaico, ha un altare di marmi policromi,
un coro in noce e otto banchi in legno d'ulivo [Ferraris 2011, p. 276].
Cappella gentilizia:
all’interno del castello. Fu eretta nel 1874 [Vitullo
1982, p. 218].
S. Anna:
cappella rurale nel borgo dietro Castello, sulla strada diretta a Camagna. La
costruzione attuale risale probabilmente a fine sec. XIX. Restaurata nel 1975
(rifacimento del tetto con lastre di Eternit), nel 1982-84 (nuovo pavimento in ceramica), nel 1989-91
(portone, telai delle finestre, nuovo altare rivolto al popolo) e nel 2018-19 (sostituzione della copertura in Eternit con coppi). Non è più officiata.
Semplice aula rettangolare con copertura a capanna, priva di campanile; prende luce unicamente da due finestre laterali. Un quadro raffigurante S. Anna
rubato nel 2003, fu sostituito l’anno successivo con una stampa dello spagnolo
Portillo. Altri dipinti rappresentano la Resurrezione e l’Addolorata
(Giovanni Necchi, 1984) [AD 1991, p. 225; Ferraris 2011, pp. 257-58, 283].
S. Sebastiano:
sita nel rione omonimo. Le prime notizie di una chiesa di S. Sebastiano risalgono
al 1503; venne ricostruita nello stesso sito nel 1805, nel 1860 e infine nel 1939.
Del 1992 è il pavimento in ceramica. È officiata saltuariamente.
Piccolo edificio a pianta circolare con cupola emisferica. All'interno c'è una
pittura murale raffigurante S. Sebastiano del pittore Panizza. L'altare rivolto
al popolo ha come paliotto una scultura riproducente il Cenacolo di Leonardo da Vinci,
di Pietro Besso (1988) [Vitullo
1982, p. 111; Ferraris 2002,
p. 152; Ferraris 2011, pp. 281-82].
S. Lorenzo:
nella frazione omonima (dial. San Lurèns). Elencata negli estimi della
diocesi di Vercelli, pieve di Mediliano, senza titolo nel 1299, col titolo
nel 1348, nel sito denominato Moncato, Moncuco, Monteacuto o
Monticello [ARMO, pp. 36, 46, 109, 235;
Cognasso 1929, p. 222]. Nel 1577 vi
si celebrava messa saltuariamente; nel 1584 era annoverata tra le chiese
campestri dipendenti dalla parrocchiale di S. Bartolomeo. Ancora nel 1710 in un
elenco dell’abate di Lavriano è citato il titolo di S. Lorenzo di Moncucco
[Bo 1980, p. 74]. La chiesa venne
riedificata nel 1803. Nuova pavimentazione nel 1957. L'interno fu decorato nel 1965; tetto e intonaco vennero
rifatti negli anni 1973-75, mentre al 1994-95 risale la costruzione del nuovo
campanile dotato di quattro campane e di orologio, sul fianco destro dell'edificio.
Nel 2008 fu rifatto l'intonaco della facciata e venne sostituita la porta d'ingresso
[Ferraris 2011, pp. 225, 257, 277].
È officiata la domenica [AD 1991, p. 225].
Vi si accede da una breve scalinata. La facciata, rivolta a ovest, è preceduta da
un piccolo atrio. Pianta rettangolare con aula coperta da una volta a botte. Sono
custoditi un Crocifisso processionale, una tela raffigurante S. Lorenzo, e alcune
statue di poco pregio.
Annunziata:
a Molignano (dial. Mulgnàn. Molenianum, 941 [BSSS 28, doc. 57, p. 106]).
Elencata nella pieve di Rosignano col titolo di S. Maria dal 1299 [ARMO, pp.
36, 109, 235; Cognasso 1929, p. 224]. L’edificio attuale risulta dalla
ricostruzione della chiesa preesistente, effettuata nel 1884 a cura di un
agricoltore del luogo, Valentino Negri; all’esterno
sul fianco sinistro una rozza epigrafe in arenaria, oggi mal leggibile, ricorda
il benefattore: «28 aprile 1884 – Casa di Negri – cominciata la chiesa»
[Vitullo 1959]. Nel 1911 la chiesa
fu indicata tra gli edifici monumentali nazionali, con segnalazione di resti di
tombe romane [Alessandria 1911, p. 48].
Nel 1967 fu realizzata una soletta di cemento attorno all'edificio; nel 1981 vennero
consolidate le fondamenta [Ferraris 2011,
pp. 225, 258, 279]. Nel 2009 è stato restaurato il campanile e ripristinato il funzionamento della
campana, datata 1781 [Rossi 2009].
Pianta rettangolare, muratura con corsi alternati di mattoni e pietra da cantoni ricca
di fossili e piuttosto deteriorata; piccolo campanile sul lato destro, con campana del 1781. Il sobrio interno prende luce da tre finestre; aula con volta a botte, catino circolare sul presbiterio, che è sollevato di un gradino. Le
decorazioni della volta e dell’arco del presbiterio sono state realizzate da
Panizza (anni cinquanta del sec. XX).
Sulla parete di fondo, in una nicchia, è posta una statua lignea della Madonna
(sec. XVII), recentemente restaurata; al di sopra vi è una tela ovale con l’Annunciazione,
di Luigi Pavese (1886) [Vitullo
1959]. L’altare, sistemato nel 1965 [Ferraris 2011,
p. 225], è formato da frammenti di due capitelli romanici in
arenaria (sec. XII), che nella ricostruzione del 1884 erano stati murati nelle
pareti della chiesa: in uno vi sono tracce di un agnello mistico e di
decorazioni floreali scolpiti a rilievo; nell’altro c’è una coppia di animali
(volpi?). Le stazioni della Via Crucis sono dipinti su rame di Maria Pia Rossi (1990).
Nel 1989 è stato restaurato e portato all’interno un frammento di stele
funeraria di epoca romana, già murato all’esterno della parete di fondo [Musso
1974, p. 104]; si tratta di una lastra di marmo bianco (cm 48 x 77),
incompleta, con due busti femminili scolpiti a rilievo e una probabile terza
figura di cui resta solo una mano tra le pieghe del manto; i volti sono abrasi,
ma si riconoscono le acconciature, con scriminatura centrale e ciocche raccolte,
che lasciano scoperte le orecchie e ricadono sulle spalle. Delle due donne
quella a sinistra sembra più giovane; ha un viso più piccolo, i capelli un poco
ritorti sulle tempie e divisi in un doppio ciuffo sulla sommità del capo; le
orecchie sono ornate di pendenti a globetto. Nonostante il cattivo stato di
conservazione è evidente la finezza di questo rilievo, attribuibile all’età
augustea. Particolare eleganza hanno le stoffe delle vesti e del manto leggero.
Probabilmente questo frammento si inserisce quale documento sporadico in una
tipologia insediativa di età romana di un certo peso; si può far riferimento a
notevoli monumenti funerari rurali di proprietari terrieri che disposero di
essere seppelliti nel fundus anche se, forse, alternavano il soggiorno
rurale con quello urbano [Mercando 1998,
pp. 64-65].
Madonna di Fossano: (Foxanum, 1299 [ARMO, p. 36]).
Nella campagna presso le cascine Corona‑Cordera. Elencata nella pieve di
Mediliano, senza titolo nel 1299 e nel 1440, col titolo si S. Maria nel 1348 e nel 1359
[ARMO, pp. 36, 109, 235; Cognasso 1929, p. 222].
Venne ampiamente restaurata nel 1832 [Ferraris
2011, p. 282]. Una lapide all'interno della chiesetta ricorda che la facciata fu rifatta nel
1934 [Vescovi 2007, p. 325]. Nel 1957
venne realizzato un nuovo altarino di marmo. Successivamente l'edificio, in non
buone condizioni di conservazione, venne ricuperato a spese della parrocchia con lavori che
compresero il rifacimento di tetto e grondaie, la stuccatura delle pareti, la
posa di un pavimento in cotto, il distacco dell’altare dal muro (1988-89); furono
riportati alla luce due monofore nell'abside, un portale tamponato sul lato
destro e un tratto di fregio ad archetti nel sottotetto [AD 1991, p. 224;
Ferraris 2011, p. 258]. Viene officiata solo saltuariamente.
Aula rettangolare absidata, priva di campanile, con facciata rivolta a ovest. La muratura esterna evidenzia ampi
rifacimenti, segno di ripetuti cedimenti del terreno: il fianco settentrionale
pende tuttora vistosamente verso ovest. Le strutture più antiche, costituite da
grossi conci di arenaria ben squadrati e disposti in filari omogenei con giunti
sottili, sono identificabili nella porzione inferiore dell'abside e in alcuni parti
delle pareti laterali. La facciata neogotica è a capanna,
in mattoni a vista; ha una porta arcuata, con due finestre lanceolate laterali e
un oculo superiore; è limitata da due paraste angolari che culminano al di sopra
del profilo superiore. L'abside semicircolare è divisa in tre parti da lesene
poggianti su un alto basamento decorato con una cornice di mattoni disposti a
denti di sega; la struttura è in conci di arenaria con inserimenti di mattoni.
Nell'abside e nella parete meridionale si aprono tre piccole monofore di diversa
fattura; nella stessa parete meridionale si notano inoltre un piccolo portale
tamponato in conci lapidei con archivolto monolitico, archetti romanici monolitici
di riutilizzo, tratti di muratura in mattoni disposti a spina di pesce, un rinforzo
scarpato in laterizio, un contrafforte in corrispondenza dell'arco trionfale
interno e vari graffiti su pietra [Aletto 2004, pp. 27, 29, 45]. Al culmine della parete settentrionale
si individuano i segni di peducci scalpellati su cui dovevano poggiarsi archetti
pensili, non più esistenti. Pur nella carenza di elementi comparativi, è stata proposta
una datazione della costruzione primitiva alla prima metà del sec. XII
[Vescovi 2007,
p. 324; Vescovi 2012, pp. 195-98].
L'interno misura m 6.5 x 4.2; ha volta a botte e pavimento in quadrelle
di cotto. Le pareti sono intonacate tranne in corrispondenza del portale tamponato
sul lato destro, che è originale [Vescovi 2007,
p. 324]. Il presbiterio è sollevato di un gradino. Dietro l'altare è conservato
un quadro raffigurante la Madonna di anonimo del sec.
XVIII, restaurato dai Nicola [AD 1991, p. 224].
1 comunicazione di Carla Solarino (2013).
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